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giovedì 4 ottobre 2012

The King of Swing at The Carnegie Hall (16 jan.1938)

Fra poco più di due mesi saranno trascorsi 75 anni da quella storica serata del 16 gennaio 1938 in cui, per la prima volta, il jazz entrò alla Carnegie Hall, fino ad allora considerata il tempio della musica classica. Questo evento di rottura avvenne grazie a Benny Goodman, che, nel corso dell'anno appena trascorso, aveva raggiunto dei vertici di popolarità impensabili per l'epoca, al punto da essere proclamato Re dello Swing, e paragonabili, fatte le debite proporzioni, a quelli di una rockstar di oggi.


L'avvenimento fece grande scalpore e rappresentò un punto di svolta nei programmi della sala da concerto newyorkese, che costituirà l'avvio di manifestazioni analoghe negli anni successivi. Duke Ellington, Charlie Parker, Billie Holiday, Miles Davis e molti altri, negli anni, si sarebbero esibiti su quel palcoscenico. 
Il successo fu strepitoso, nonostante il pubblico non fosse costituito dai giovanissimi fans del clarinettista, ma, prevalentemente, da signori della classe benestante in abito da sera e smoking, come si può constatare dal seguente video realizzato con filmati d'epoca.


Il critico del New York Times il giorno dopo scrisse che Benny Goodman, che indossava un elegantissimo frack, venne accolto dalla sala con un caloroso applauso, come se fosse stato Toscanini.
Il concerto venne registrato con un solo microfono posto in alto sopra il palco, e quelle registrazioni rimasero in un cassetto per oltre vent'anni. Finalmente con l'avvento del Long Playing la CBS ebbe l'idea di pubblicare l'intero concerto contenuto in due dischi da 33 giri, consentendo agli appassionati di godere di questo storico evento.




Il concerto si aprì con le note di Don't Be That Way eseguita dall'orchestra con gli assolo nell'ordine di Benny Goodman, Babe Russin al sax tenore, Harry James alla tromba e Gene Krupa alla batteria, entrambi accolti da scroscianti applausi, e infine Vernon Brown al trombone.


L'orchestra continuò con Sometimes I'm Happy, non incluso nel disco perché la registrazione era difettosa.
Il brano successivo era One O'Clock Jump, un omaggio a Count Basie, - presente quella sera e che più avanti prenderà parte alla jam session - con un lungo solo iniziale del pianista Jess Stacy, gli altri solisti sono nell'ordine Russin, Brown, Goodman e James.



La fase successiva del concerto prevedeva una specie di rassegna storica intitolata "Venti anni di Jazz" e per l'occasione all'orchestra si unirono alcuni famosi solisti: Bobby Hackett alla cornetta, e gli ellingtoniani Johnny Hodges al sax soprano, Harry Carney al sax baritono e Cootie Williams alla tromba. 
Vennero eseguiti brani storici per ricordare l'evoluzione del jazz dalle origini, aprendo con un omaggio alla Original Dixieland Jazz Band. Il brano scelto era Sensation Rag eseguita quasi alla lettera da Goodman con Gordon Griffin al sax ten., Vernon Brown al trombone, Gene Krupa alla batteria e Jess Stacy al piano.


Il brano successivo era I'm Coming Virginia, un omaggio a Bix Beiderbecke, con Bobby Hackett alla cornetta e Allan Reuss alla chitarra che esegue la parte che era di Eddie Lang.


Il jazz di Chicago degli anni '20 e l'orchestra di Ted Lewis sono l'oggetto con When My Baby Smiles at Me del successivo omaggio


Non poteva mancare un breve omaggio a Louis Armstrong con Shine eseguito da Harry James.


L'omaggio successivo è all'altro grande maestro: Duke Ellington, in questo Blue Reverie in cui emergono gli ellingtoniani Hodges, Carney e Williams con al piano Jess Stacy.


Segue un'autocelebrazione dell'orchestra, con questa poderosa esecuzione di Life Goes to Party. Il brano scritto da Harry James e Benny Goodman, era dedicato al magazine illustrato Life, che aveva pubblicato un ampio servizio fotografico di una tournée dell'orchestra.



La fase della rievocazione storica si conclude con un'affollata e lunga jam session sulle note di Honeysuckle Rose, il noto brano di Fats Waller. Sul palco salgono Count Basie, con alcuni suoi orchestrali: Lester Young, Buck Clayton, Freddie Green, Walter Page, gli ellingtoniani Johnny Hodges e Harry Carney e infine Benny Goodman con i suoi Harry James, Vernon Brown e Gene Krupa. Quasi un quarto d'ora di puro jazz nel quale i protagonisti si alternano in brillanti performances solistiche. 


La fase successiva è dedicata ai piccoli complessi di Goodman: il trio con Teddy Wilson e Gene Krupa ed il quartetto con l'aggiunta del vibrafono di Lionel Hampton. Il trio esegue una particolare versione di Body and Soul


Il quartetto segue con tre brani del proprio classico repertorio: Avalon


seguito da The Man I Love


per concludere con I Got Rhythm



Dopo il quartetto rientrò l'orchestra per un'ulteriore sequenza di brani, cominciando con un famoso standard Blue Skies, nell'elegante arrangiamento di Fletcher Henderson, aperto dalla sezione delle trombe, con l'intervento di Vernon Brown e successivamente quello di Adrian Rollini al sax tenore, di Harry James alla tromba e di Goodman.


Il brano seguente era un motivo tradizionale scozzese Loch Lomond, arrangiato da Claude Thornill e affidato alla voce di Martha Tilton, voce solista dell'orchestra. La tromba è sempre quella di Harry James.


Un altro noto standard di Rogers & Hart, arrangiato ancora da Flether Henderson, Blue Room con in evidenza la tromba di Gordon Griffin.


Segue un tipico brano goodmaniano Swingtime in the Rockies, tromba solista Ziggy Elman


conclude questa seconda parte dell'orchestra un brano particolare tratta da un musical Bei Mit Bist Du Schon, reso celebre dalle Andrews Sisters, qui ripreso da Martha Tilton e da Ziggy Elman.


Nel brano successivo si torna al trio con un altro suo popolarissimo tema China Boy con un vivace confronto tra la batteria di Krupa e i vibrafono di Hampton 


il quartetto invece si cimenta qui in un brano di solito eseguito dall'orchestra il famoso Stomping at the Savoy


e conclude con un vivacissimo Dizzy Spells, composizione collettiva del gruppo, che consente di valutare a pieno le qualità virtuosistiche dei componenti 


Per il gran finale torna l'orchestra con quel Sing, Sing, Sing brano entrato nella leggenda grazie, soprattutto, alla vulcanica esibizione di Gene Krupa.


Il successo fu travolgente, gli applausi si conclusero con una standing ovation e i bis furono più di uno. Nel album venne tuttavia riportato solo Big John's Special, un vecchio successo di Fletcher Henderson ripreso da Goodman e divenuto presto uno dei brani più noti dell'orchestra.


In conclusione uno storico avvenimento che ancora oggi è pienamente godibile nonostante siano passati 75 anni, la mia intera vita!!!

P.S.: un particolare ringraziamento va al canale Irh1966 di Youtube che ha avuto la pazienza di postare l'intero album con tracce di qualità molto buona.

mercoledì 25 luglio 2012

I miei standards preferiti: I Cried for You (1923)

I Cried For You venne scritta dai musicisti Gus Arnheim e Abe Lyman e dal paroliere Arhur Freed nel 1923 ed è uno degli standards più vecchi e longevi della storia del jazz. La canzone ebbe subito un notevole successo di vendite sia di dischi, sia di spartiti.


Di seguito possiamo ascoltare la versione strumentale originale registrata da un'orchestra dell'epoca.


Nel 1936 la canzone ebbe una sua seconda giovinezza grazie a Teddy Wilson, che la riprese e ne realizzò la prima vera versione jazzistica, con un gruppo di musicisti che sarebbero diventati tutti famosi: Jonah Jones alla tromba, Johnny Hodges al sax alto, Harry Carney al sax bar., Teddy Wilson al piano, Lawrence Lucie alla chitarra, John Kirby al basso e Cozy Cole alla batteria. La parte vocale venne affidata a Billie Holiday, una giovane cantante ventunenne, che si stava facendo conoscere sia per la sua voce particolare, sia per le qualità interpretative.



Il brano riscosse un successo inaspettato ed il disco vendette un numero di copie enorme per l'epoca, contribuendo alla affermazione della cantante.


Questo motivo rimase sempre nel repertorio della Holiday, che, lungo la sua carriera, ne registrò diverse versioni.
Il successo del disco indusse molti altri artisti a riprendere il brano, che divenne un vero e proprio standard. Fra le molte versioni di quegli anni, quasi tutte vocali, proponiamo il filmato di quella, strumentale, dell'orchestra di Jimmy Dorsey del 1940.


Anche nel dopoguerra il brano continuò ad essere interpretato da nuovi artisti. Una cantante che lo tenne a lungo nel suo repertorio fu Sarah Vaughan, che qui possiamo ascoltare in una vera e propria rarità discografica, nella quale alla cantante  si unisce il sassofono di Lester Young. La cosa avvenne casualmente nel 1947, i due si alternavano con i loro complessi in un concerto alla Town Hall di New York ed in occasione della canzone di chiusura del set di Sarah, Lester Young e il suo trombettista Shorty McConnell si unirono alla sessione ritmica che la accompagnava. Un connubio insolito che per quanto ne so non si è mai più ripetuto.



Sempre nel 1947 Louis Armstrong ne realizzò una strepitosa versione durante il famoso concerto degli All Stars alla Shymphony Hall di Boston, cantata da Velma Middleton, in cui la tromba e la voce si alternano in uno straordinario connubio.


Nel 1950, a causa della crisi delle big band, Count Basie fu costretto a sciogliere la sua e mise insieme un piccolo gruppo composto da una sessione ritmica e da tre fiati scelti fra giovani musicisti provenienti dal be bop come Wardell Gray al sax tenore, Clark Terry alla tromba e Buddy De Franco al clarinetto. Nel filmato seguente al gruppo si unisce Helen Humes, in una vivace e allegra interpretazione del nostro motivo.



Fra le interpretazioni maschili più interessanti ricordiamo quella di Frank Sinatra dal film Il Jolly è impazzito (The Joker is Wild 1957)


ma soprattutto quella strepitosa di Jimmy Rushing tratta dall'LP Rushing Lullabies del 1959 .


All'epoca il cantante aveva 58 anni ed aveva perso una parte della brillantezza vocale che negli anni '30 lo aveva reso celebre nei ranghi dell'orchestra di Count Basie come miglior blues singer in circolazione, ma aveva acquisito un fraseggio più maturo ed esuberante come dimostra la scatenata versione proposta.
In tempi recenti una cantautrice inglese Katie Melua ha scritto un brano con lo stesso titolo, ma che non ha niente a che vedere con lo standard di cui ci siamo occupati.
Visto il gradimento riscosso da alcuni pezzi precedenti sempre sugli standards elenco qui tutti i link








lunedì 5 dicembre 2011

Coleman Hawkins: Daddy of Tenor Sax

Pubblicato venerdì 30 novembre 2007

A Coleman Hawkins va innanzi tutto riconosciuto il merito di aver per primo utlizzato con successo nel jazz il sassofono, strumento fino ad allora usato prevalentemente nel vaudville, per trarne suoni con effetto comico, ma non è solo questo il motivo per considerarlo il padre del sassofono jazz. La definzione è soprattutto dovuta al gran numero di tenorsassofonisti che per generazioni hanno derivato il proprio stile dal suo.
Secondo J. H. Berendt, il noto critico e storico del jazz, in tutta la storia del jazz esistono solo altri due musicisti che possono annoverare un analogo numero di strumentisti che si siano ispirati, sia pure con ampio margine di libertà, al loro stile: Louis Armstrong e Charlie Parker.
Questa pagina vuol essere solo un sintetico ricordo, arricchito da qualche video e qualche traccia musicale, senza pretendere di rievocarne la straordinaria carriera e la sterminata discografia.
Coleman Hawkins (1904-1969) esordì a 18 anni con il gruppo Jazz Hounds che accompagnava la allora celebre cantante di blues "Mammie" Smith. (nella foto a sn. della cantante, nella tipica posa plastica di quegli anni).
L'anno dopo entrò a far parte dell'orchestra più popolare dell'epoca, quella di Fletcher Henderson, nella quale, per diversi anni, fu uno dei solisti più apprezzati.
Nel 1934, incuriosito dall'Europa e dalla sua cultura, avendo avuto indicazioni favorevoli da colleghi che lo avevano preceduto, decise di lasciare gli Stati Uniti per tentare la fortuna nel vecchio continente.
L'esperienza fu sicuramente felice e produttiva, la permanenza si protrasse per cinque anni e contribuì a dare anche un significativo impulso all'emergente jazz europeo.
A quel periodo (1935) risale il primo video proposto, una vera rarità, la prima testimonianza filmata di Hawkins, una specie di videoclip, che veniva proiettata al cinema, come pubblicità del relativo 78 giri. Il brano è I Wish I Were Twins


Nel 1939, anche per i venti di guerra che ormai aleggiavano, tornò negli Stati Uniti. Nonostante i cinque anni di assenza e di isolamento - i suoi dischi europei non giungevano oltreoceano - in quello stesso anno la sua popolarità esplose improvvisamente con un'incisione che entrerà nella storia del jazz. Quel Body and Soul, che diventerà il suo maggior successo discografico di sempre, e che viene indicato come «una specie di canone definitivo per interpretare una ballata nel jazz, uno stile esecutivo senza tempo, che non è mai invecchiato» (J. H. Berendt).
Anziché mettere qui la versione classica del 1939, abbastanza nota, ho preferito inserire un'esecuzione video degli ultimi anni di vita dell'artista (1967), con accompagnatori di prim'ordine: Teddy Wilson al piano, Louie Bellson alla batteria e (forse) Jimmy Woode al basso.


Quasi trent'anni dalla prima incisione e il fascino resta lo stesso, anche se l'esecuzione risente dell'età e delle non felici condizioni di salute di Hawkins.
Nei primi anni quaranta, dopo essere tornato prepotentemente sulle scene newyorkesi, si avvicinò al bebop ed ai suoi giovani interpreti. Nel 1947 incise quattro tracce alla testa di un gruppo di giovani boppers comprendente Miles Davis alla tromba reduce dalle prime incisioni con Charlie Parker, Kay Winding, altro giovane emergente, al trombone, Hank Jones al piano, e (forse) Curley Russell al basso e Max Roach alla batteria.
Fra queste ho scelto Bean A Re-Bop, brano tipicamente bebop, nel quale dopo l'assolo robusto del leader è possibile sentire la tromba ancora acerba di Miles Davis.


Di quel periodo è anche questo breve filmato tipicamente bebop Rifftune tratto da un modesto thriller "Crimson Canary" ambientato nel mondo del jazz. Il gruppo diretto da Hawkins comprende alcuni dei migliori musicisti bebop del momento: Howard McGhee alla tromba, Sir Charles Thompson al piano, Oscar Pettiford al basso e Denzil Best alla batteria.


Nel filmato seguente del 1950 lo vediamo invece suonare per la prima volta con Charlie Parker, che qui gli fà da spalla in questo tipico esempio di ballata improvvisata dai due. Il titolo del brano infatti è Ballade e la sezione ritmica che li accompagna è altrettanto elitaria: Hank Jones al piano, Ray Brown al basso e Buddy Rich alla batteria. È  interessante osservare all'inizio l'ammicante gesto di ammirazione di Parker nei confronti del più anziano collega.


Nel quadro della ricerca e sperimentazione di quegli anni egli uscì dagli schemi sia del balladeur, sia del bebop con un esperimento decisamente diverso dagli altri e che produsse una delle opere più significative del jazz moderno: Picasso, un'improvvisazione per sax tenore solo.



Dietro quest'opera, secondo il critico Marcello Piras: «... si spalanca un abisso di angoscia ineffabile, un senso di solitudune cosmica e di incomunicabilità, che trascende il banale dato tecnico del "solo sax" e anzi lo giustifica sul piano poetico», ma l'esperimento non venne accolto favorevolmente dal pubblico.
Hawkins tornò a suonare come piaceva al pubblico, sia pure con disagio.
In questo video si cimenta con Nat King Cole e il trio di Oscar Peterson in una bella versione di Sweet Lorraine.


In quegli anni comunque non trascurò i rapporti con quei musicisti come Thelonius Monk, John Coltrane, Max Roach, Shelly Manne Sonny Rollins e altri, che si dedicavano  a sperimentare nuove forme espressive, realizzando con alcuni di loro album memorabili dei quali dovremo riparlare in un'altra occasione.

lunedì 28 novembre 2011

Teddy Wilson: il re dello Swing-piano

Pubblicato venerdì 27 luglio 2007


Dopo poco più di un mese il blog torna operativo, proseguendo con la carrellata di video dei grandi maestri del Piano Jazz. Fra questi non poteva mancare quello che il noto critico statunitense Stanley Crouch ha definito: the most important pianist of the swing periodossia Teddy Wilson (all'anagrafe Theodore Shaw 1912 - 1986).
Wilson è stato, grazie alla sua militanza con Benny Goodman, il primo pianista di jazz che ho ammirato ed ascoltato più spesso nei primi anni della mia passione jazzistica.
Fu proprio grazie alla sua collaborazione con Goodman, iniziata ufficialmente nel 1936, che egli cominciò ad esprimere il suo messaggio artistico che, secondo il critico e storico del jazz Giorgio Lombardi, era «basato sulla semplicità e sulla chiarezza al servizio di una tecnica del tutto personale, codificata attraverso la naturale assimilazione di una gamma di svariate e multiformi influenze».
Influenze che andavano da un'impronta stride alla Fats Waller, ad un uso delle ottave con la mano destra che si rifaceva al trumpet-piano-style di Earl Hines il tutto con spunti virtuosistici alla Art Tatum.
Il suo grosso merito, sempre secondo Lombardi, è stato di «aver saputo elaborare, attraverso una mirabile sintesi di quelle tracce, [...] un suo preciso modulo stilistico, caratterizzato da un'elegante essenzialità».
Dal sodalizio con Goodman egli ottenne visibilità e fama che gli consentirono di registrare con altri grandi artisti anche con gruppi a suo nome. Meritano di essere ricordate le storiche incisioni con Billie Holiday e Lester Young.
Del periodo con Goodman ho trovato un breve video del 1937 tratto dal film Hollywood Hotel. Si tratta di un'esecuzione del quartetto con Gene Krupa alla batteria, Lionel Hampton al vibrafono. (La collaborazione con Goodman era limitata al trio ed al quartetto, mentre il pianista dell'orchestra era, di solito, Jess Stacy).


Il brano suonato: I've Got a Heartful of Love, è una rarità in quanto questa è una delle poche esecuzioni, se non la sola, del gruppo. Il video ha 70 anni (come me) e tecnicamente li dimostra tutti.
Lasciato Benny Goodman egli mise in piedi, per un paio d'anni una propria orchestra, successivamente si dedicò per molti anni all'attività solistica o a dirigere piccoli gruppi.
Nel 1965 lo troviamo a quel Piano Jazz Workshop, che già tanto materiale ha fornito a questo blog, prima in una performance individuale di straordinario virtuosismo poi in duo con il maestro Earl Hines, mattatore di quella serata.
Di seguito i due filmati entrambi molto godibili.



Negli anni più di una volta tornò a suonare con Goodman, in concerti rievocativi ed in tournée internazionali. Quel repertorio venne spesso eseguito da Wilson anche in altri contesti come possiamo vedere nell'ultimo filmato ripreso nel 1976 a Vienna con la Dutch Swing College Band, un affermato gruppo swing olandese ancora oggi in attività, in cui viene eseguito il classico del periodo goodmaniano Avalon.


Dai precedenti filmati sono trascorsi più di 10 anni ed è curioso vedere come nel 1965 a poco più di 50 anni Wilson ostentasse senza problema i capelli grigi mentre verso i 65 anni si presentava con i capelli tinti, un vezzo dovuto all'età.