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sabato 17 dicembre 2011

Il canto jazz coniugato al femminile (part I)

Repost from Splinder (21 oct. 2009)


Già in altre occasioni ho accennato al mio interesse particolare per la voce nel jazz. Questo interesse mi ha portato col tempo ad accumulare un'enorme quantità di dischi di vocalists di ogni tipo, spaziando dagli albori del jazz ai giorni nostri e, a conti fatti, la parte maggiore è costituita da album di donne.


Quest'estate ho trascorso molte delle mie serate in terrazza ad ascoltare o riascoltare, più o meno casualmente, diversi di questi dischi e in tale occasione ho pensato di ottimizzare quegli ascolti, realizzando delle specie di playlist, cosa oggi molto in voga, da condividere con gli amici.

YOUNG GIRLS & OLD LADIES
    singing and playing
    JAZZ
    selected by Jazzfan37

    01. Roberta Flack – Angel Eyes (da “Roberta” 1994)
    02. Samina – Dream of You (da “How I Feel” 2005)
    03. Rosemary Clooney – Apris in Paris (da “Rosie Solves the Swinging Riddle” 1961)
    04. Rita Reys – Moonglow (da “Jazz Sir, That's Our Baby” con Dutch Swing College Band 1963)
    05. Roberta Gambarini – That Old Black Magic (da “So in Love” 2009)
    06. Sandra Brooker – Indian Summer (da “Very Early” 1994)
    07. Sara Lazarus – September Song (da “ Give Me the Simple Life” con Bireli Lagrene 2004)
    08. Mina – One for My Baby (da “L'Allieva” con Danilo Rea quart. 2005)
    09. Billie Holiday – Speak Low ( da “All or Nothing at All” 1952)
    10. Salena Jones – Solitude (da “Alone & Together” 2002)
    11. Nina Simone – Mood Indigo ( da “Jazz as Played in an Exclusive Side Street Club” 1958)
    12. Rigmor Gustafsson – Never Fall in Love Again (da “Close to You” con Jacky Terrasson trio 2004)
    13. Rossana Casale – How Long Has This Been Going On (da “Jazz in Me” con Riccardo Zegna trio 1994)
    14. Ruth Young – The Thrill is Gone (da “This Always” 2005)
    15. Anita O'Day – Old Devil Moon (da “Sings the Most” con Oscar Peterson quartet 1957)
    16. Betty Roché – A Foggy Day (da “Singin' & Swingin'” con Jimmy Forrest Combo 1960)
    17. Sarah Vaughan – 'Round Midnight (da “Embraceable You” 1973)
    18. Qeen Latifah – Trav'lin' Light (da “Trav'lin' Light” 2007)
    19. Sheila Jordan – Willow Weep for Me (da “Portrait of Sheila” 1962)
    20. Meredith D'Ambrosio – Giant Steps (da “It's Your Dance” 1985)



    La playlist può essere ascoltata di seguito




    LINK (aggiornato)

    Questa prima selezione, alla quale mi riprometto di farne seguire altre, spazia, casualmente, dai primi anni '50 ai giorni nostri e vede la presenza di “mostri sacri” (Billie Holiday, Sarah Vaughan, Nina Simone ecc..) e di giovani cantanti emergenti o pressoché sconosciute, almeno in Italia. La scelta delle canzoni ha privilegiato gli standards, fruibili da una più ampia platea, evitando però, per le cantanti più famose, i brani più frequenti nel loro repertorio.

    Per Lady Day ho scelto un brano inconsueto, di cui esiste solo questa registrazione, Nina Simone invece la ascoltiamo in un brano tratto dal suo album di esordio del 1957. Anche il 'Round Midnight della Vaughan è un unicum registrato nel 1973 a Tokio. Notevoli anche le esecuzioni di Rosemary Clooney, Sheila Jordan, Anita O'Day, Betty Roché e Meredith D'Ambrosio.
    Ho inserito anche alcune pop singers, che casualmente si cimentano, in maniera eccellente, con standards jazzistici, come Roberta Flack o Queen Latifah, che addirittura nasce come rapper, ed anche alcune italiane: Mina che affronta un classico di Arlen e Mercer, accompagnata dal quartetto di Danilo Rea, Rossana Casale in un brano tratto dal un suo vecchio album Jazz in Me, acompagnata dal trio di Riccardo Zegna e la giovane Roberta Gambarini, musicalmente cresciuta negli USA, in un brano tratto dal suo ultimo album che vede la presenza di jazzisti del livello di James Moody e Roy Hargove. Vi è poi l'olandese Rita Reys (1924) negli anni '60 definita Europe's First Lady of Jazz, in un Moonglow, accompagnata dal famoso gruppo, suo conterraneo, i Dutch Swing College Band, che ricorda molto Benny Goodman.
    Di particolare interesse una “matura” esordiente, quella Ruth Young, che nella seconda metà degli anni '70 si accompagnava a Chet Baker, con cui aveva inciso anche un paio di brani in duo1e che nel 2005 ha pubblicato un album di standards da cui è tratto il brano con atmosfere bakeriane qui presentato. I fans di Baker la ricorderanno nel famoso film Let Get Lost in cui compare accanto a Chet.
    Infine diverse giovani che si stanno affermando come la statunitense Sara Lazarus che si esibisce prevalentemente in Francia e collabora con Biréli Lagrène ed il suo Gipsy Project, con cui ha già realizzato due dischi, o la svedese Rigmon Gustafsson che collabora con il pianista parigino Jacky Terrasson, l'affascinante e sensuale Samina, giovane canadese di origini arabe, e le interessanti Sandra Brooker e Salena Jones.



    Si tratta solo di un excursus sul vasto panorama di vocalists che affollano il mercato discografico di questi ultimi anni che spero di ampliare in successivi post.

    Buon ascolto!




    1L'11 marzo 1977 di passaggio a Milano, Chet incise alcuni brani con un gruppo comprendente fra gli altri Gianni Basso e si portò dietro la giovane compagna con la quale cantò due brani Autumn Leaves e Whatever Possessed Me. La seduta venne pubblicata nell'LP The Incredible Chet Baker plays and sings (Carosello CLN 25075).

    lunedì 12 dicembre 2011

    Ricordo di Roy “Little Jazz” Eldridge a vent'anni dalla scomparsa.

    Repost from Splinder (24 feb. 2009)


    Fra un paio di giorni (il 26 febbraio) saranno trascorsi vent'anni dalla morte di Roy Eldridge (1911-1989), «un gigante della tromba», come lo definì il critico statunitense Leonard Feather nel suo necrologio, e che oggi è stato pressoché dimenticato. Per ricordarlo ho scelto di presentare una serie di video che spaziano in quasi 50 anni della sua carriera.
    Eldridge è stato un artista di straordinario talento, eccellente strumentista, divertente showman e ottimo cantante, che ha esercitato una profonda influenza su tutti i solisti delle generazioni successive, ma anche un artista di “transizione” che ha vissuto a cavallo fra il jazz classico e il Bebop, senza immedesimarsi in nessuna delle due categorie, e che, nonostante il successo, restò comunque succube dell'incombente presenza prima di Louis Armstrong, di dieci anni più anziano, e poi di Dizzy Gillespie e di Miles Davis.
    Le sue eccellenti doti si evidenziarono fin da giovanissimo e all'età di 19 anni si trasferì a New York dalla natia Pittisburgh, dove trovò un ingaggio nell'orchestra di Cecil Scott e dove incontrò Chu Berry, una delle stelle del gruppo, che diventò per lui una specie di guida. Dovettero però passare ancora un paio d'anni prima che la sua dirompente personalità emergesse, grazie anche ad un certo influsso che ebbe su di lui l'incontro con la musica Armstrong. Nel 1932 entrò a far parte dell'orchestra di Elmer Snowden, che comprendeva anche Otto Hardwick, Dick Wells ed altri ex ellingtoniani.
    Il primo video che propongo è del 1933 e si riferisce proprio a quell'esperienza. Si tratta di una curiosità storica che ci permette di vedere il giovane Roy, che qui è riconoscibilissimo, (è il più basso del gruppo), alle prime armi in un vivace set di show-music, e fu proprio durante la militanza in questo gruppo che il sassofonista Hardwick (il primo sulla destra) coniò per lui in soprannome di “Little Jazz” che gli rimarrà per tutta la vita.


    ...

    Questo filmato è anche interessante come documento di costume. Girato nello storico anno che aprì la strada al New Deal dopo la tragica crisi del 1929, sembra quasi un invito a lasciarsi dietro i disastri passati e a guardare al futuro con allegria, rivolto in particolare alla gente di colore, alla quale il filmato era, quasi certamente, indirizzato.
    Negli anno successivi Eldridge continuò a crescere come strumentista e a farsi le ossa in orchestre e complessi sempre più importanti, come i McKinney's Cotton Pickers, l'orchestra di Teddy Hill e quella di Fletcher Henderson. Nel 1937, ormai affermato, mise insieme un proprio gruppo che per un paio d'anni si esibì prevalentemente al “Three Duces” di Chicago.
    Ma la grande popolarità gli arrivò grazie all'ingaggio da parte di Gene Krupa che ne fece una vera e propria vedette dell'orchestra. I suoi assolo di tromba, i suoi siparietti canori ed i suoi duetti con Anita O'Day riscossero un successo grandissimo. Di seguito due video dell'epoca che documentano alcuni di quei momenti..



    ...

    In realtà per Roy quelli furono anni difficili; far parte come unico artista di colore di un'orchestra di bianchi era molto complicato. Fraternizzare con i colleghi in pubblico era impensabile, alla fine di ogni concerto doveva uscire dalla porta di servizio e non poteva alloggiare nello stesso albergo degli altri. Un vero e proprio calvario che lo amareggiò moltissimo e lo indusse alla prima tournée in Europa a fermarsi a Parigi, dove venne accolto trionfalmente e dove sentì che non esistevano pregiudizi razziali.
    Il prossimo video del 1951 lo vede suonare con un gruppo di musicisti francesi. Il pianista potrebbe essere Claude Bolling, ma non ne sono sicuro.

    ...


    Dopo circa un anno rientrò negli USA chiamato da Norman Granz che ne fece una stella del suo Jazz at the Philarmonic, ma negli anni tornerà spesso in Europa, dove venne sempre accolto con grande entusiasmo.
    La sua militanza nella “scuderia” di Norman Granz, patron anche della casa discografica Verve e poi della Pablo, fece sì che nei successivi anni Roy incontrasse in concerti o su disco quasi tutti i grandi dell'epoca, da Billie Holiday, a Ella Fitzgerald, da Oscar Peterson a Coleman Hawkins, ma quasi sempre come spalla.
    Fra i numerosi video disponibili su Youtube ho scelto questa gustosa versione di Sunday del 1961 eseguita con un gruppo di famosi colleghi: Coleman Hawkins al tenore, Johnny Guarnieri al piano, Cozy Cole alla batteria ecc.. Un classico esempio della vitalità e della vivacità di Roy, meritevole di attenzione anche se di scarsa qualità video.


    ...


    Per concludere ho scelto un video di quasi 20 anni dopo che ce lo mostra, già gravemente malato, in  una delle sue ultime esibizioni, prima di ritirarsi definitivamente. Il brano è Booty Blues ed è esguito con un gruppo capeggiato da Count Basie  con Zoot Sims ed altri musicisti meno noti. 



    Nella speranza che questo fugace ricordo sia servito a stimolare la curiosità verso i suoi dischi chiudo con un'affermazione che anni fa lessi da qualche parte: Little Jazz era Grande Jazz.

    martedì 6 dicembre 2011

    Cinema e Jazz: connubio difficile, ma non impossibile.

    Pubblicato mercoledì 5 marzo 2008


    Il cinema ha spesso utilizzato il jazz e i suoi protagonisti ai propri fini. Basti pensare al film d'esordio del cinema sonoro The Jazz Singer (1927), che tuttavia col jazz aveva poco a che fare. Per almeno 30 anni, salvo qualche breve filmato come Black and Tan Fantasy (1929) di Dudley Murphy, Symphony in Black (1935) di Fred Waller e Jammin' the Blues (1944) di Gjon Mili sui quali mi sono già soffermato in queste pagine, si sono viste biografie romanzate di jazzisti come: Five Pennies (su Red Nichols), The Benny Goodman StoryThe Glenn Miller Story, ecc., oppure films con al partecipazione a diverso titolo di musicisti singoli, di gruppi o di orchestre come: Cabin in the SkyNew Orleans (in italiano La città del Jazz), Stormy WeatherA Song is Born (in italiano Venere e il professore), ecc., o ancora films con colonne sonore scritte da jazzisti come: Anathomy of a Murder (Anatomia di un Omicidio), scritta da Duke Ellington, The Man with the Golden Arm (L'Uomo dal Braccio d'Oro), scritta da Elmer Bernstein, o Ascenseur pour l'Éschafaud (Ascensore per il Patibolo) scritta da Miles Davis, ecc, solo per ricordare i più noti. Tutti films che usavano il jazz e i suoi protagonisti, ma non erano “sul jazz”.
    5o anni fa, finalmente, nell'estate del 1958, il regista statunitense Bern Stein realizzò un film-documentario: Jazz in a Summer's Day sul Festival del Jazz di Newport di quell'anno, l'evento jazzistico per antonomasia in quegli anni. In esso sono magistralmente descritte le atmosfere che circondavano quell'evento, con un approccio diverso dal documentario puramente cronistico, aggirandosi fra le prove pre-concerto, vagando in città per documentare esibizioni on the road con sullo sfondo le prove dell'America's Cup di vela, in corso in quei giorni. Poi la cinepresa si aggira fra la folla che assiepava le tribune all'aperto e l'area sottostante il palco, per farci vivere l'entusiasmo degli spettatori e per presentarci alcuni dei momenti più significativi della rassegna che vedeva fra i protagonisti il meglio del jazz, del blues e del gospel di quel periodo (Louis Armstrong, Gerry Mulligan, Thelonouis Monk, Chico Hamilton, Jimmy Giuffre, Anita O'Day, Dinah Washington, Mahalia Jackson, e molti altri). Se non è stato “the definitive jazz-film” come scrisse qualche critico all'epoca è certamente un film che tutti coloro che amano il jazz dovrebbero vedere.
    Una prima idea della particolarità di questo film si può avere da un estratto della parte pomeridiana che ha per protagonista una splendida, elegantissima Anita O'Day. Lo spettacolo vero, comunque, è in platea, col pubblico che partecipa con entusiasmo a questa straordinaria performance.


    Un altro estratto pomeridiano significativo dal punto di vista filmico è quello del trio di Thelonious Monk, con Henry Grimes al basso e Roy Haynes alla batteria, in cui le immagini dell'America's Cup si sovrappongono alle note di Blue Monk.


    Fra gli spettatori di questo concerto si vede di sfuggita Gerry Mulligan che sarà uno dei protagonisti della parte serale con il suo nuovo quartetto con Art Farmer alla tromba in un vibrante As Catch Can. 



    La prevalente presenza giovanile in platea, con non poche belle fanciulle, mi fa ricordare come allora Gerry Mulligan fosse un divo apprezzatissimo dai giovani. I suoi brani si vendevano, anche in Italia, come le canzoni di moda. Fra i miei vecchi dischi conservo diversi di quei 45 giri.

    Un'altra esibizione gustosa di quella sera fu quella di Dinah Washington, in un vivacissimo All of Me, accompagnata, fra gli altri, da Terry Gibbs al vibrafono, da Bob Brookmeyer al trombone e da un giovane Max Roach alla batteria. Notare come la cinepresa si sofferma sulla spilla gioiello della cantante posta con disinvoltura in posizione “strategica”.


    La serata si concluse con l'esibizione degli All Stars di Louis Armstrong comprendente uno dei loro brani storici: Rockin' Chair in cui il leader duetta con la sua spalla Jack Teagarden.


    Quando io vidi per la prima volta questo film avevo una ventina d'anni, ero un giovane studente, ai primi approcci con il jazz e ne rimasi particolarmente affascinato. L'idea di potersi avvicinare al jazz non solo con le esibizioni dal vivo (allora rare e costose) e con i dischi, ma anche con filmati, mi intrigò fin dall'inizio, anche se all'epoca esisteva solo il cinema ed i film del genere erano rarissimi. Per decenni quell'idea rimase solo un auspicio poi, con l'avvento della videoregistrazione, tutto divenne gradualmente più facile, e quella mia idea divenne un obiettivo da perseguire, nei limiti delle mie possibilità, portandomi a realizzare una discreta raccolta di filmati d'epoca, di registrazioni di concerti, di video, di film che ormai da tempo costituiscono una delle fonti per questo blog.