venerdì 7 giugno 2013

I miei standards preferiti: A Ghost of a Chance (1932)


Questa celebre canzone, il cui titolo completo era I Don't Stand a Ghost of a Chance with You, venne scritta nel 1932 appositamente per Bing Crosby, che collaborò anche alla stesura del testo, dal paroliere Ned Washington (autore di celebri brani come: Stella by Starlight, The Nearness of You, I'm Getting Sentimental Over You, ecc.), su musica dell'altrettanto famoso compositore Victor Young (autore fra l'altro di My Foolish Heart, Johnny Guitar, ecc., e soprattutto di decine di celebri colonne sonore). All'epoca Crosby era la star più popolare di tutto il mondo dello spettacolo ed intorno a lui ruotava il meglio dello show business. La foto lo ritrae con l'attrice Carol Lombard.



Il disco ebbe un successo straordinario, raggiungendo i vertici delle classifiche, e ne venne realizzato anche un breve filmato, una sorta di odierno video clip.




L'arrangiamento e le atmosfere sono quelli in voga in quegli anni, ed hanno ben poco a vedere con il jazz, ma le splendida melodia venne ripresa, qualche anno dopo, da diversi jazzisti rendendola presto un celebre standard. 


Il primo fu il trombettista Bobby Hackett il quale, con la sua orchestra, nel 1938 ne realizzò una versione decisamente più moderna, che valorizzava al massimo le qualità musicali del brano.



Questa versione aprì la strada ad una serie di nuove interpretazioni da parte di altri musicisti, fra le quali, in particolare, spiccano quelle dei tre maggiori tenor-sassofonisti di quegli anni: Chu Berry, Coleman Hawkins e Lester Young.


Chu Berry (1908-1941)

Il primo, in quegli anni militava nell'orchestra di Cab Calloway e nel 1940, poco più di un anno prima della sua morte, ne incise una strepitosa versione ancora oggi insuperata. Una curiosità: in quell'occasione fra i membri dell'orchestra c'era anche Dizzy Gillespie.


Le altre versioni sopra ricordate furono realizzate entrambe nel 1944.


Coleman Hawkins (1904-1969)

Coleman Hawkins era accompagnato dall'orchestra di Cozy Cole e, contrariamente a Chu Berry che era l'unico solista, in questo caso l'assolo del sassofonista era integrato dagli interventi di altri membri dell'orchestra: Charlie Shavers alla tromba che introduce il brano, poi Tiny Grimes alla chitarra, Hank D'Amico al clarinetto e Slam Stewart che chiude con il suo caratteristico vibrato voce e contrabbasso.


L'assolo di Hawkins, pur eccellente, è più breve e molto meno fantasioso e originale di quello Berry. 

Lester Young (1909-1959)

Infine ascoltiamo la versione di Lester Young, accompagnato da Count Basie al piano con la ritmica della sua orchestra. Una versione più lenta e introspettiva delle precedenti, una lettura mesta, malinconica che sembra quasi presagire le tribolazioni e le umiliazioni che egli dovrà sopportare alcuni mesi dopo, a causa del richiamo nell'esercito, che segneranno il resto della sua vita.



Fra le versioni vocali, che vennero realizzate in quei primi anni, merita di essere ricordata quella del 1939 di Mildred Bailey, accompagnata da un gruppo di musicisti capeggiato dalla pianista Mary Lou Williams. 


Un mix interrazziale di swing e di melodia che modernizza il brano riportandolo all'attenzione di un pubblico più vasto.


Dopo queste memorabili esecuzioni il brano entrò nel repertorio di numerosi musicisti e cantanti e ancora oggi viene ripreso da diversi giovani artisti. Fra queste numerose interpretazioni alcune meritano di essere ricordate per la loro originalità.



Iniziamo con Thelonious Monk che nel suo album Thelonious Himself del 1957,  ne propone una versione di solo piano, una lettura in cui è possibile apprezzare tutte le sfumature della melodia.



Fra le esecuzioni imperdibili non poteva mancare quella di Billy Holiday, supportata dalla tromba di Harry "Sweet" Edison, dalla chitarra di Barney Kessel, e dal sax di Ben Webster; un'interpretazione, realizzata per la Verve nel 1955, piena di pathos che evidenzia anche le qualità poetiche del testo.



Molto particolare e delicata l'esecuzione del trio del pianista Elmo Hope, sempre del 1955 e contenuta nell'album Meditations. Questo artista dotato di grande talento, amico e coetaneo di Bud Powell,  purtroppo è caduto nell'oblio.


Vigorosa e piena di fantasia e di feeling è la versione che Clifford Brown registrò con lo storico quintetto che guidava assieme a Max Roach



Per venire a tempi più recenti, ho apprezzato molto, avendola ascoltata anche da vivo, l'interpretazione di Diana Krall, che nella seconda metà degli anni '90, la eseguiva spesso nei suoi concerti, accompagnata solo dalla chitarra di Russell Malone. Il video è stato realizzato durante un concerto tenutosi a Berna nel 1997.


Per chiudere questa, necessariamente incompleta, rassegna di interpretazioni di questo bellissimo standard, ho scelto la commovente versione di Chet Baker tratta dalla colonna sonora del film "Let's Get Lost", in cui è accompagnato fra gli altri da Frank Strazzeri al piano a da Nicola Stilo alla chitarra e al flauto.