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martedì 3 aprile 2018

I miei standards preferiti: What's New (1939) [repost rinnovato]

Nell'ottobre 1938 Bob Haggart, bassista e compositore, all'epoca membro dell'orchestra di Bob Crosby, scrisse I'm Free, pensando alla tromba dell'amico Billy Butterfield, collega nella stessa orchestra. Un brano eccellente molto apprezzato da Crosby e che venne subito registrato con una pregevole esecuzione proprio di Butterfield. Il solista al sassofono è Eddie Miller.




Vista la notevole qualità della musica, l'anno successivo il paroliere Johnny Burke la corredò con un romantico testo sull'incontro fra due ex amanti che intitolò What's New. 


La canzone venne subito registrata dal cantante più in auge del momento: Bing Crosby, fratello di Bob, che ne fece un grande successo di vendite.



Il brano divenne presto famoso e venne ripreso da molte orchestre raggiungendo un'enorme popolarità.

Negli anni del dopoguerra si annoverano decine di versioni sia strumentali, sulle quali tornerò più avanti, sia vocali. Fra quest'ultime, veramente numerose, tre in particolare meritano, a mio avviso, di essere ricordate, dal punto di vista jazzistico. La prima è quella realizzata nel dicembre del 1954 dalla giovane Helen Merrill, nell'omonimo disco di esordio, accompagnata da un gruppo di musicisti di grande livello fra i quali spicca la tromba di Clifford Brown.


La seconda. dell'anno successivo, è quella di Billie Holiday, che, solo verso la fine della carriera, affrontò questo brano, incluso nell'album Velvet Mood, un Lp di standards 


realizzato con la collaborazione di un notevole gruppo di jazzisti come Harry "Sweet" Edison alla tromba, Benny Carter al sax alto, Jimmy Rowles al piano, Barney Kessel alla chitarra, ecc.. La copertina  un pò ruffiana, venne scelta per attirare anche acquirenti non del tutto interessati al jazz.


La terza versione è quella realizzata dal grande Satchmo nel 1957 contenuta nell'album Louis Armstrong meets Oscar Petersonsicuramente la miglior versione vocale maschile mai realizzata.


Di notevole spessore jazzistico sono anche molte versioni strumentali, che vedono impegnati alcuni dei maggiori jazzisti di quegli anni. 
Iniziamo però con una curiosità: siamo nel 1952, anno fra i più difficili nella carriera di Miles Davis, come lui stesso affermò nella sua biografia: «Ero sprofondato in una sorta di nebbia, ero sempre fatto e sfruttavo le donne per la roba [...] avevo una scuderia di puttane che battevano per me» e qui lo troviamo a fare da spalla a Jimmy Forrest, un modesto sassofonista che quell'anno aveva raggiunto una certa popolarità grazie al brano Night Train, che aveva scalato tutte le classifiche. La registrazione venne effettuata dal vivo al Barrell, un night club di Delmar in Missouri nel marzo 1952.



Non si tratta certo di una esecuzione memorabile, gli assolo sono elementari, ma resta comunque un documento interessante.
L'esecuzione  che propongo di seguito, realizzata nel 1956, dal vivo, dal quintetto di Clifford Brown e Max Roach, sembra venire da un altro pianeta. L'assolo di Brownie è strepitoso per originalità e fantasia.



Un altra esecuzione interessante e particolare è quella del trombettista canadese Maynard Ferguson realizzata all'inizio degli anni '50 con l'orchestra di Stan Kenton


Oltre ai numerosi trombettisti che, sulle orme di Billy Butterfield, nel tempo si sono cimentati con questo standard, anche molti sassofonisti, affascinati dalla straordinaria dolcezza della melodia, che ne faceva una ballad perfetta, ne diedero una propria lettura.
Cominciamo con Serge Chaloff, sassofonista baritono, uno dei Four Brothers di Woody Herman, che nel 1955, un anno prima della sua prematura scomparsa, ne incise una suadente versione con un proprio sestetto 



L'anno seguente fu la volta dell'altosassofonista Art Pepper che ne realizzò una versione in quartetto, anche questa altrettanto originale  e intrigante


In questa selezione non poteva mancare colui che è considerato lo specialista assoluto delle ballads, il tenorsassofonista Ben Webster che nel 1965 la incluse nel suo splendido album There Is No Greater Love, una specie di compendio del meglio delle ballads. Il pianista è Kenny Drew, al basso N-H. Ø. Pedersen e alla batteria Alex Riel. La perfezione assoluta!



Molto diversa, ma altrettanto toccante, è la lettura che John Coltrane ne dà con il suo classico quartetto, contenuta nell'album Ballads del 1961.


Questo standard è stato spesso eseguito anche da molti jazzisti italiani fra i quali ricordo Enrico Rava (in Age Mur con Lee Konitz), Massimo Urbani che ne ha realizzato diverse versioni, Franco Ambrosetti, Francesco Cafiso e molti altri. Tuttavia la versione più interessante, dal punto di vista storico, è quella realizzata nel 1988 da Lino Patruno con un quintetto che comprendeva al basso proprio Bob Haggart, il compositore del brano. Una vera perla per concludere questa carrellata su uno degli standards più famosi e popolari.






P.S. Questo post venne pubblicato la prima volta circa sei anni fa e necessitava di essere rivisto per sostituire video non più disponibili e per aggiornarlo con video più recenti o trascurati allora.
Rovistando fra vecchissimi LP ho scovato una versione di questo brano incisa nel 1958 da un misterioso gruppo denominato Modern Flaminia Quintet composto da musicisti sconosciuti tranne per il batterista Lionello Bionda. Una versione molto anni '50, da night club, con un discreto sassofonista Cecchino Tommasini di cui si sono perse le tracce, lo stesso dicasi per il vibrafonista Giovanni Spalletti, il pianista Raffaele Giusti e il bassista Sandro Santoni. 



Nel 2013 la cantante norvegese Elvira Nikolaisen e il trombettista Matthias Eick hanno realizzato una versione molto "nordica", con sfumature boreali che, per certi versi, la rende affascinante.




Infine concludiamo questa rassegna con colui che oggi è considerato il miglior trombettista in circolazione Ambrose Akinmusire, che, evitando di ricalcare le letture di illustri predecessori, ne ha dato nel 2011 una versione abbastanza originale.


venerdì 5 giugno 2015

Frank Sinatra e Billie Holiday: il centenario


Questo blog si accinge a concludere il suo 9° anno di vita, prima su Splinder e poi dal dicembre 2011 su questa piattaforma, riscuotendo un discreto apprezzamento con quasi 100 mila contatti negli ultimi tre anni e mezzo. Risultato apprezzabile se si pensa che per gravi problemi di salute in famiglia, da circa un anno l'attività è stata pressoché sospesa.
Per celebrare il mio prossimo 78° compleanno e l'ingresso nel 10° anno del blog proviamo a riavviare l'attività, con la speranza di poter continuare ed arrivare a raggiungere il traguardo dei 10 anni.


Ripartiamo tornando indietro di un secolo.

Il 1915, anno particolarmente infausto per le vicende belliche che insanguinarono l'Europa, fu al contrario un anno straordinariamente felice per il mondo della canzone statunitense. Quell'anno infatti nacquero due dei più grandi cantanti del XX secolo: Billie Holiday e Frank Sinatra. 
I due erano buoni amici e non nascondevano la reciproca ammirazione.


Sinatra esternava spesso la sua stima nei confronti di Lady Day, una volta dichiarò:
Billie Holiday, che ascoltai la prima volta verso la fine degli anni '30 nei clubs della 52nd Street, era e rimane la mia principale fonte d'influenza musicale.
Ed ancora, dopo la sua morte, ebbe a dire:
Lady Day rimane, indiscutibilmente, quella che ha lasciato il maggior influsso sulla musica popolare americana negli ultimi 20 anni. Con poche eccezioni, i principali cantanti della sua generazione sono stati influenzati dal suo genio.


Anche Billie ammirava Sinatra, ma i due non cantarono mai insieme. Tuttavia lei volle incidere I'm a Fool to Want You , celebre brano composto da Sinatra e dedicato ad Ava Gardner.


Di Lady Day l'anniversario si è già celebrato il 7 aprile scorso ed ha prodotto, oltre alle solite riedizioni dei principali album della cantante, una serie di "omaggi" da diversi cantanti, non sempre felici, se non velleitari.
Degno di attenzione invece è, a mio avviso, il doppio CD Hunger and Love - Billie Holiday 1915 2015 della casa discografica leccese Dodici Lune.


In esso 24 jazz vocalists italiane affrontano e interpretano con la propria personalità il repertorio di Billie, capeggiate da Tiziana Ghiglioni, che si cimenta con l'inedito Eclipse, un brano scritto da Charles Mingus per Billie Holiday, ma che non è mai stato registrato. Una serie di piacevoli esecuzioni, tutte più o meno gradevoli, fra le quali spicca uno struggente Lover Man eseguito da Paola Arnesano, accompagnata alla fisarmonica da Vince Abbracciante. Un album molto interessante, utile anche per conoscere il vasto panorama delle numerose bravissime jazz vocalists italiane.

Per Frank Sinatra, invece, l'anniversario cade il 12 dicembre prossimo.


Tuttavia il mercato discografico si è già scatenato con una serie di pubblicazioni rievocative.
Fra queste ha attirato la mia attenzione Ultimate Sinatra (Capitol 2015) una raccolta di 4 CD che spazia con 100 titoli su tutta la carriera del cantante dal 1939 al 1994, unendo, contrariamente alle raccolte già esistenti, materiali delle diverse case discografiche che nel tempo hanno avuto sotto contratto Sinatra.


I quattro CD costituiscono una specie di super-compilation che raccoglie tutti i maggiori successi di 55 anni di carriera. 101 titoli (compreso un inedito) scelti fra i più famosi, realizzati con celebri orchestre come Harry James, Tommy Dorsey, Billy May, Nelson Riddle, Quicy Jones ecc..
Come giustamente dice il titolo una raccolta "Definitiva" in grado di soddisfare sia i vecchi appassionati, che possono avere a disposizione il meglio, senza dover andare a pescare fra i vecchi LP o CD i brani preferiti, il tutto con una trentina di euro, sia quei giovani più curiosi, che non conoscono questo genio della musica e possono documentarsi facilmente.

venerdì 7 giugno 2013

I miei standards preferiti: A Ghost of a Chance (1932)


Questa celebre canzone, il cui titolo completo era I Don't Stand a Ghost of a Chance with You, venne scritta nel 1932 appositamente per Bing Crosby, che collaborò anche alla stesura del testo, dal paroliere Ned Washington (autore di celebri brani come: Stella by Starlight, The Nearness of You, I'm Getting Sentimental Over You, ecc.), su musica dell'altrettanto famoso compositore Victor Young (autore fra l'altro di My Foolish Heart, Johnny Guitar, ecc., e soprattutto di decine di celebri colonne sonore). All'epoca Crosby era la star più popolare di tutto il mondo dello spettacolo ed intorno a lui ruotava il meglio dello show business. La foto lo ritrae con l'attrice Carol Lombard.



Il disco ebbe un successo straordinario, raggiungendo i vertici delle classifiche, e ne venne realizzato anche un breve filmato, una sorta di odierno video clip.




L'arrangiamento e le atmosfere sono quelli in voga in quegli anni, ed hanno ben poco a vedere con il jazz, ma le splendida melodia venne ripresa, qualche anno dopo, da diversi jazzisti rendendola presto un celebre standard. 


Il primo fu il trombettista Bobby Hackett il quale, con la sua orchestra, nel 1938 ne realizzò una versione decisamente più moderna, che valorizzava al massimo le qualità musicali del brano.



Questa versione aprì la strada ad una serie di nuove interpretazioni da parte di altri musicisti, fra le quali, in particolare, spiccano quelle dei tre maggiori tenor-sassofonisti di quegli anni: Chu Berry, Coleman Hawkins e Lester Young.


Chu Berry (1908-1941)

Il primo, in quegli anni militava nell'orchestra di Cab Calloway e nel 1940, poco più di un anno prima della sua morte, ne incise una strepitosa versione ancora oggi insuperata. Una curiosità: in quell'occasione fra i membri dell'orchestra c'era anche Dizzy Gillespie.


Le altre versioni sopra ricordate furono realizzate entrambe nel 1944.


Coleman Hawkins (1904-1969)

Coleman Hawkins era accompagnato dall'orchestra di Cozy Cole e, contrariamente a Chu Berry che era l'unico solista, in questo caso l'assolo del sassofonista era integrato dagli interventi di altri membri dell'orchestra: Charlie Shavers alla tromba che introduce il brano, poi Tiny Grimes alla chitarra, Hank D'Amico al clarinetto e Slam Stewart che chiude con il suo caratteristico vibrato voce e contrabbasso.


L'assolo di Hawkins, pur eccellente, è più breve e molto meno fantasioso e originale di quello Berry. 

Lester Young (1909-1959)

Infine ascoltiamo la versione di Lester Young, accompagnato da Count Basie al piano con la ritmica della sua orchestra. Una versione più lenta e introspettiva delle precedenti, una lettura mesta, malinconica che sembra quasi presagire le tribolazioni e le umiliazioni che egli dovrà sopportare alcuni mesi dopo, a causa del richiamo nell'esercito, che segneranno il resto della sua vita.



Fra le versioni vocali, che vennero realizzate in quei primi anni, merita di essere ricordata quella del 1939 di Mildred Bailey, accompagnata da un gruppo di musicisti capeggiato dalla pianista Mary Lou Williams. 


Un mix interrazziale di swing e di melodia che modernizza il brano riportandolo all'attenzione di un pubblico più vasto.


Dopo queste memorabili esecuzioni il brano entrò nel repertorio di numerosi musicisti e cantanti e ancora oggi viene ripreso da diversi giovani artisti. Fra queste numerose interpretazioni alcune meritano di essere ricordate per la loro originalità.



Iniziamo con Thelonious Monk che nel suo album Thelonious Himself del 1957,  ne propone una versione di solo piano, una lettura in cui è possibile apprezzare tutte le sfumature della melodia.



Fra le esecuzioni imperdibili non poteva mancare quella di Billy Holiday, supportata dalla tromba di Harry "Sweet" Edison, dalla chitarra di Barney Kessel, e dal sax di Ben Webster; un'interpretazione, realizzata per la Verve nel 1955, piena di pathos che evidenzia anche le qualità poetiche del testo.



Molto particolare e delicata l'esecuzione del trio del pianista Elmo Hope, sempre del 1955 e contenuta nell'album Meditations. Questo artista dotato di grande talento, amico e coetaneo di Bud Powell,  purtroppo è caduto nell'oblio.


Vigorosa e piena di fantasia e di feeling è la versione che Clifford Brown registrò con lo storico quintetto che guidava assieme a Max Roach



Per venire a tempi più recenti, ho apprezzato molto, avendola ascoltata anche da vivo, l'interpretazione di Diana Krall, che nella seconda metà degli anni '90, la eseguiva spesso nei suoi concerti, accompagnata solo dalla chitarra di Russell Malone. Il video è stato realizzato durante un concerto tenutosi a Berna nel 1997.


Per chiudere questa, necessariamente incompleta, rassegna di interpretazioni di questo bellissimo standard, ho scelto la commovente versione di Chet Baker tratta dalla colonna sonora del film "Let's Get Lost", in cui è accompagnato fra gli altri da Frank Strazzeri al piano a da Nicola Stilo alla chitarra e al flauto.

venerdì 22 febbraio 2013

I miei standards preferiti: Speak Low (1943)


Questo standard, considerato una delle più belle canzoni d'amore di tutti i tempi, venne musicato dal compositore tedesco Kurt Weill, su testo del poeta statunitense Ogdan Nash, noto soprattutto per i suoi versi anticonvenzionali e spiritosi.
Un testo decisamente originale e suggestivo

Speak low when you speak love 
Our summer day withers away too soon, too soon 
Speak low when you speak love 
Our moment is swift, like ships adrift, we're swept apart, too soon 
Speak low, darling, speak low 
Love is a spark, lost in the dark too soon, too soon. 

I feel wherever I go 
That tomorrow is near, 
Tomorrow is here and always too soon, 
Time is so old and love so brief 
Love is pure gold and time a thief. 

We're late, darling, we're late, 
The curtain descends, everything ends too soon, too soon. 

I wait, darling, I wait, 
Will you speak low to me, speak love to me and soon... 

I wait, darling, I wait, 
Will you speak low to me, 
Slow to me, oh please, 
Just don't say no to me 
Let it flow to me, slow to me 
Soon...Soon...Soon... 
Ooo...Soon...Darling, speak low to me 
Darling, speak slow to me... 
Oh, oh, oh!


Kurt Weill. celebre per le sue collaborazioni con Bertold Brecht negli anni '20 (Opera da tre soldi, Ascesa e caduta della città di Mahagonny, ...) con l'avvento del nazismo, essendo ebreo fu costretto a lasciare la Germania. Nel 1937 arrivò a New York dove cominciò a comporre musica per gli spettacoli di Broadway.


Speak Low venne scritta per un musical di grande successo One Touch of Venus dal quale venne tratto anche un film dallo stesso titolo (in italiano Il bacio di Venere) interpretato da Ava Gardner in cui canta il brano doppiata dalla cantante Eileen Wilson. 
La prima versione discografica di successo venne realizzata da Frank Sinatra nel 1945


Il successo fu immediato e duraturo grazie anche al film che consacrò Ava Gardner come star di prima grandezza. 


Da allora il brano venne ripreso sia in versione vocale, sia in versione strumentale da moltissimi artisti fino ai giorni nostri.
Tra le numerose versioni vocali, in prevalenza femminili, una delle più interessanti è quella latineggiante realizzata da Billie Holiday nel 1956 per la Verve, accompagnata dalla chitarra di Barney Kessel, dal sax di Ben Webster e dal piano di Jimmy Rowles.


Molto diversa per ritmo e atmosfera, ma altrettanto interessante, è la versione realizzata Live a Chicago nel 1958 da Sarah Vaughan accompagnata dalla sola sezione ritmica, comprendente Roy Haynes alla batteria, Richard Davis al basso e il poco noto, ma bravissimo, Ronell Bright al piano.



Dopo Billie e Sarah, per par condicio, non possiamo tralasciare la versione della terza regina: Ella Fitzgerald realizzata nel 1983 con il chitarrista Joe Pass



Molte altre cantanti famose da Anita O'Day a Carmen McRae, da Dianne Schurr a Barbra Streisand, da Dee Dee Bridgwater a Dianne Reeves, solo per citarne alcune, si sono cimentate nel tempo con questo motivo. Fra le versioni più recenti, a mio avviso, merita di essere ricordata quella elegante del grande vecchio Tony Bennett in compagnia della giovane talentuosa Norah Jones.


Una citazione particolare merita il video seguente nel quale il contrabbassista Charlie Haden si esibisce in assolo su un nastro in cui Kurt Weill esegue al piano e canta la sua canzone. Un'esecuzione veramente suggestiva.




Numerose sono state negli anni anche le versioni strumentali ed alcune fra le più interessanti vengono qui riproposte. La prima è quella del quartetto di Gerry Mulligan con Chet Baker del 1953 nella quale tromba e sax baritono si fondono con grande maestria.


Diversa ma altrettanto pregevole è la versione realizzata nel 1958 dal quintetto del sassofonista Hank Mobley con Lee Morgan alla tromba, Wynton Kelly al piano, Paul Chambers al basso e Carl Pership alla batteria. Interresante confrontare il lirismo di Baker con il calore di Morgan. Molto intenso anche l'assolo di Mobley.



Più o meno nello stesso periodo John Coltrane ne incise un'altra originale versione con il sestetto del pianista Sonny Clark comprendente anche Donald Byrd alla tromba, Curtis Fuller al trombone, Paul Chambers al basso e Art Taylor alla batteria.



Un'altra eccellente interpretazione è quella tratta dall'album Crosscurrents del 1977 del trio di Bill Evans assieme a Lee Konitz al sax alto e Warne Marsh al sax tenore. Il bassista è  Eddie Gomez ed alla batteria c'è Elliot Zigmund.



Anche diversi musicisti italiani, nel tempo, si sono cimentati con questo brano. In particolare ricordiamo la strepitosa versione di Massimo Urbani nel suo doppio LP Dedication to A. A. & J. C. - Max Mood del 1980 in cui, alla sua maniera, si ispira a quella di Coltrane. Lo accompagnano Luigi Bonafede al piano, Furio Di Castri al basso e Paolo Pelegatti alla batteria.


In tempi più recenti il quintetto del batterista Roberto Gatto, nel suo secondo CD dedicato a Shelly Manne, ne propone una bellissima versione con in evidenza il sax di Max Ionata e la tromba di Marco Tamburini.


Concludiamo infine questo breve excursus con la voce della compianta Mia Martini, che incluse questo brano nella sua unica esperienza jazzistica Live, in cui era accompagnata da Maurizio Giammarco. Da quell'esperienza venne realizzato nel 1991 l'album Mia Martini in Concerto.

martedì 4 settembre 2012

I miei standards preferiti: What's New (1939)

Nell'ottobre 1938 Bob Haggart, bassista e compositore, all'epoca membro dell'orchestra di Bob Crosby, scrisse I'm Free, pensando alla tromba dell'amico Billy Butterfield, collega nella stessa orchestra. Un brano eccellente molto apprezzato da Crosby e che venne subito registrato con una pregevole esecuzione proprio di Butterfield. Il solista al sassofono è Eddie Miller.


Vista la notevole qualità della musica, l'anno successivo il paroliere Johnny Burke la corredò con un romantico testo sull'incontro fra due ex amanti che intitolò What's New. 



La canzone venne subito registrata dal cantante più in auge del momento: Bing Crosby, fratello di Bob, che ne fece un grande successo di vendite.




Il brano divenne presto famoso e venne ripreso da molte orchestre raggiungendo un'enorme popolarità.
Negli anni del dopoguerra si annoverano decine di versioni sia strumentali, sulle quali tornerò in seguito, sia vocali. Fra quest'ultime, veramente numerose, tre in particolare meritano, a mio avviso, di essere ricordate, dal punto di vista jazzistico. La prima è quella realizzata nel dicembre del 1954 dalla giovane Helen Merrill, nell'omonimo disco di esordio, accompagnata da un gruppo di musicisti di grande livello fra i quali spicca la tromba di Clifford Brown.


La seconda. dell'anno successivo, è quella di Billie Holiday, che solo verso la fine della carriera, affrontò questo brano, incluso nell'album Velvet Mood, un Lp di standards 


realizzato con la collaborazione di un notevole gruppo di jazzisti come Harry "Sweet" Edison alla tromba, Benny Carter al sax alto, Jimmy Rowles al piano, Barney Kessel alla chitarra, ecc.. La copertina  un pò ruffiana, venne scelta per attirare anche acquirenti non del tutto interessati al jazz.


La terza versione è quella realizzata dal grande Satchmo nel 1957 contenuta nell'album Louis Armstrong meets Oscar Peterson,


sicuramente la miglior versione vocale maschile mai realizzata.




Di notevole spessore jazzistico sono anche molte versioni strumentali, che vedono impegnati alcuni dei maggiori jazzisti di quegli anni. 
Iniziamo però con una curiosità: siamo nel 1952, anno fra i più difficili nella carriera di Miles Davis, come lui stesso affermò nella sua biografia: «Ero sprofondato in una sorta di nebbia, ero sempre fatto e sfruttavo le donne per la roba [...] avevo una scuderia di puttane che battevano per me» e qui lo troviamo a fare da spalla a Jimmy Forrest, un modesto sassofonista che quell'anno aveva raggiunto una certa popolarità grazie al brano Night Train, che aveva scalato tutte le classifiche. La registrazione venne effettuata dal vivo al Barrell, un night club di Delmar in Missouri nel marzo 1952.


Non si tratta certo di una esecuzione memorabile, gli assolo sono elementari, ma resta comunque un documento interessante.
L'esecuzione  che propongo di seguito, realizzata nel 1956, dal vivo, dal quintetto di Clifford Brown e Max Roach, sembra venire da un altro pianeta. L'assolo di Brownie è strepitoso per originalità e fantasia.



Un altra esecuzione interessante e particolare è quella del trombettista canadese Maynard Ferguson realizzata all'inizio degli anni '50 con l'orchestra di Stan Kenton


Oltre ai numerosi trombettisti che, sulle orme di Billy Butterfield, nel tempo si sono cimentati con questo standard, anche molti sassofonisti, affascinati dalla straordinaria dolcezza della melodia, che ne faceva una ballad perfetta, ne diedero una propria lettura.
Cominciamo con Serge Chaloff, sassofonista baritono, uno dei Four Brothers di Woody Herman, che nel 1955, un anno prima della sua prematura scomparsa, ne incise una suadente versione con un proprio sestetto 


L'anno seguente fu la volta dell'altosassofonista Art Pepper che ne realizzò una versione in quartetto, anche questa altrettanto originale  e intrigante


In questa selezione non poteva mancare colui che è considerato lo specialista assoluto delle ballads, il tenorsassofonista Ben Webster che nel 1965 la incluse nel suo splendido album There Is No Greater Love, una specie di compendio del meglio delle ballads. Il pianista è Kenny Drew, al basso N-H. Ø. Pedersen e alla batteria Alex Riel. La perfezione assoluta!


Molto diversa, ma altrettanto toccante, è la lettura che John Coltrane ne dà con il suo classico quartetto, contenuta nell'album Ballads del 1961.


Questo standard è stato spesso eseguito anche da molti jazzisti italiani fra i quali ricordo Enrico Rava (in Age Mur con Lee Konitz), Massimo Urbani che ne ha realizzato diverse versioni, Franco Ambrosetti, Francesco Cafiso e molti altri. Tuttavia la versione più interessante, dal punto di vista storico, è quella realizzata nel 1988 da Lino Patruno con un quintetto che comprendeva al basso proprio Bob Haggart, il compositore del brano. Una vera perla per concludere questa carrellata su uno degli standards più famosi e popolari.