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lunedì 2 aprile 2012

L'ultimo disco del trio Romano-Sclavis-Texier: 3+3 (Label Blue 2012)



Aldo Romano-Louis Sclavis-Henri Texier
3+3 (Label Blue 2012)

track list
01. Vents Qui Parlent
02. Ravages
03. Idoma
04. Nous Trois
05. Seeds
06. Rituel à Trois
07. Bayou
08. Mohican
09. Moins qu'un ombre
10. Griot Joe
11. Valse à l'ame

personnel
Aldo Romano: drums, percussion
Louis Sclavis: saxophone, clarinet, bass clarinet
Henri Texier: bass
Enrico Rava: trumpet (1,2,7,10)
Nguyen Lê: guitar (1,3,7,10)
Bojan Z: piano (1,5,10)

Da un paio di settimane è uscito l'ultimo lavoro del trio Aldo Romano-Louis Sclavis-Henri Texier, gruppo che dal 1995 unisce periodicamente, in tour e in sala d'incisione, questi tre grandi solisti per affascinanti progetti creativi basati su commistioni liriche e etniche con spunti afro-maghrebini, nei quali i virtuosismi del polistrumentista Sclavis si intrecciano con il tessuto ritmico creato dal contrabbasso di Texier e dalla batteria di Romano.
Ricordo qui un paio di loro album di grande successo, ben noti agli appassionati, come Suite Africaine del 1999, dal quale è tratto il seguente: Hauts Plateaux




o come African Flashback del 2005 dal quale è tratto il brano successivo: Berbere


Questo nuovo interessante lavoro si intitola 3+3: in quanto ai tre titolari si uniscono, in 6 brani, singolarmente, in duo o in trio, altri tre grandi solisti. Il primo è Enrico Rava, grande sodale di Aldo Romano (sulle loro frequenti collaborazioni ho già scritto qui). Gli altri due sono il chitarrista francese di origine vietnamita Nguyen Lê e il pianista serbo, da anni attivo in Francia, Bojan Z, ben noti in Italia per le loro collaborazioni con Paolo Fresu.
Anche in questo disco, come nei precedenti, l'impronta musicale è sempre raffinata, creativa, mai banale, resa più intensa dal suono caldo e personale della tromba di Rava, dal lirismo balcanico del piano di Bojan Z e dalla chitarra onirica di Lê.
Il disco è certamente una delle cose migliori uscite nel 2012 e merita di essere tenuto presente.
Di seguito un assaggio con il brano Mohican eseguito dal solo trio:

venerdì 30 dicembre 2011

Inner Smile: il nuovo disco del quartetto di Aldo Romano con Enrico Rava.

Repost from Splinder (23 sept. 2011)


La collaborazione fra Aldo Romano ed Enrico Rava va avanti, sia pur saltuariamente, dalla seconda metà degli anni '70, all'epoca del famoso quartetto di Rava con Roswell Rudd e J. F. Jenny-Clark, qui in ripresi all'epoca.
RAVA QUARTET
Ancora oggi se Aldo chiama Enrico risponde e viceversa.
In questi giorni ho ascoltato il loro ultimo album, a nome di Aldo: Inner Smile (Dreyfuss Jazz 2011), registrato in studio a Udine nel marzo scorso, con il quartetto franco-italiano comprendente anche il brillante pianista Baptiste Trotignon ed il preciso bassista Thomas Bramerie. Il gruppo molto affiatato si esibisce in festivals e concerti dall'anno scorso e con questo album viene messo un punto fermo a questa felice collaborazione.

cover
03

Gli undici brani, tutti di notevole qualità, comprendono 5 composizioni di Romano, alcune delle quali, come quella che dà il titolo al disco, già sentite in passato, una del pianista, 4 famosi standards e un brano collettivo Kind of Autumn.

Per avere un'idea del genere di musica di seguito un video del luglio 2010, ripreso durante un'esibizione in un night parigino

lunedì 12 dicembre 2011

Rava L'opera va (1993)

Repost from Splinder (26 jan. 2009)


Nei giorni scorsi ho parlato dell'ultima fatica di Enrico Rava, in nuovo album New York Days.
Oggi faccio un salto indietro di 15 anni per proporvi un video relativo ad un altro suo famoso album: Rava l'Opera Va (Label Blue-MCA-BP631 1993)
1 E Lucevan le Stelle (Puccini, Tosca) 3:49
2 Tosca: Extraits du 1er Acte (Puccini) 5:14
3 Tosca: Extraits du 3eme Acte (Puccini) 5:40
4 Tosca: Improvisation Sur le 3eme Acte (Puccini) 4:48
5 La Fanciulla del West: Extraits (Puccini) 1:50
6 Stabat Mater (Pergolesi) 10:37
7 Chant d'Amour (Bizet) 9:33
8 Manon Lescaut: Intermezzo (Puccini) 5:29


Enrico Rava (trumpet)
Battista Lena (guitar)
Palle Danielsson (bass)
Jon Christensen (drums)
Richard Galliano (accordeon)
Bruno Tommaso avec
L'Insieme Strumentale di Roma

Il video è stato girato nello splendido Teatro Olimpico di Vicenza nel giugno 1994 durante la tournée per promuovere il disco. La formazione è leggermente diversa, ma la sostanza non cambia. Al basso c'è Enzo Pietropaoli, alla batteria Daniel Humair e Bruno Tommaso dirige in quest'occasione l'orchestra stabile del teatro.


Enrico Rava - Lucean le Stelle da "Rava l'Opera... di giangijazz

Con questo disco Rava ebbe per primo l'idea d'ispirarsi al grande patrimonio musicale italiano rappresentato dall'opera lirica. Idea ripresa negli anni successivi anche da altri artisti.
Un disco particolarmente interessante anche per chi non è appassionato solo di jazz.

Enrico Rava: New York Days (ECM 2064)

Repost from Splinder (22 jan. 2009)


Per il jazz italiano il 2009 comincia in maniera decisamente felice.
Ho appena finito di ascoltare New York Days (ECM 2064) che  sarà in vendita da domani.

Realizzato mesi orsono a New York da Enrico Rava con un quintetto "transatlantico", come recitano le note di copertina, comprendente oltre all'inseparabile Stefano Bollani, il  batterista statunitense Paul Motian (già presente con i due in Tati) e due giovani musicisti californiani già noti agli appassionati italiani: Mark Turner al sax tenore, e Larry Granadier al double bass.
Il connubio fra Rava e Turner, che in passato avevano già suonato insieme in tournée nel 2005,  è decisamente felice, la formula del quintetto "davisiano", abbastanza insolita per Rava, è molto interessante e suggestiva.
Per circa un'ora e un quarto i cinque ci offrono della splendida musica, rivisitando molti storici brani del repertorio del trombettista come Lulu, Certi Angoli Segreti, Interiors ecc., con una rilettura sempre coinvolgente.
Il mio primo giudizio, a caldo, è decisamente entusiastico, e data la mia viscerale passione per la musica di Rava, nota a i frequentatori di questo blog, non vorrei sbilanciarmi troppo, ma penso che questo ultimo album sia tra le cose migliori mai realizzate dal nostro.
Ovviamente lo consiglio vivamente a chi ama questo genere di musica.

domenica 11 dicembre 2011

Enrico Rava - Pupa o Crisalide (1975)

Pubblicato il 3 maggio 2010


Più di una volta ho espresso la mia particolare passione per la musica di Enrico Rava, che seguo con grande interesse da più di 30 anni ed al quale ho dedicato in passato più di un post. (qui)
Pupa e Crisalide è stato uno dei suoi primi brani che ho ascoltato e l'album omonimo che conteneva quel brano, divenuto presto introvabile, è stato per anni uno dei miei obiettivi come cacciatore di rarità. Ripubblicato nel 1994 oggi è nuovamente introvabile pertanto ho pensato di metterlo in condivisione per dare modo di apprezzarlo a chi non lo conosce ancora.

Il disco pur non essendo fra i più importanti e significativi nella ricca discografia del trombettista, che lo scorso anno ha festeggiato il 70° compleanno, è interessante in quanto ci permette di ascoltare alcune incisioni di transizione realizzate in diversi contesti con gruppi diversi.  Un percorso artistico che lo porterà di lì a poco a realizzare uno storico album The Pilgrim and the Stars (ECM 1975) che ne sancirà la consacrazione artistica.


Artist: Enrico Rava 
Title Of Album: Pupa o Crisalide 
Year Of Release: 1975
 Label: Vista

Tracklist
A1 Pupa O Crisalide 4:06 
A2 C.T.'s Dance 6:45
 A3 Tsakwe 8:12 
B1 El Samba Graciela 4:11 
B2 Revisione Del Processo N. 6 10:28
 B3 Lingua Franca 4:37 
B4 Giromondo(Per Piccoli Feddayn, Terzi Bimbi Ed Altri Mutanti) 3:37 
All tracks composed by E. Rava

Credits 
Bandoneon - Rodolfo Mederos (tracks: B1 to B3) Bass - Giovanni Tommaso (tracks: A1, B4) Bass, Bass Guitar - Herb Bushler (tracks: A2, A3) Double Bass - El Negro Gonzales (tracks: B1 to B3) Drums - Bruno Biriaco (tracks: A1, B4) , Jack DeJohnette (tracks: A2, A3) , Nestor Astarita (tracks: B1 to B3) Electric Guitar - John Abercrombie (tracks: A2, A3) , Ricardo Lew (tracks: B1 to B3) Guitar - Michele Ascolese (tracks: A1, B4) Percussion - Mandrake (6) (tracks: A1, B4) , El Chino Rossi (tracks: B1 to B3) , Ray Armando (tracks: A2, A3) , Warren Smith (tracks: A2, A3) Piano - Franco D'Andrea (tracks: A1, B4) , Matias Pizzarro (tracks: B1 to B3) Piano, Electric Piano, Synthesizer - David Horowitz (tracks: A2, A3) Saxophone [Tenor], Arranged By - Tommaso Vittorini (tracks: A1, B4) Saxophone [Tenor], Flute - Finito Ginbert (tracks: B1 to B3)

Recorded on 15-16 July 1974 in Rome (A1, B4), in December 1973 in New York (A2, A3), in April 1974 in Buenos Ayres (B1,B2,B3). ---------

giovedì 8 dicembre 2011

Massimo Urbani: genio e fragilità (1957-1993)

Pubblicato lunedì 11 dicembre 2007


In questi giorni mi è capitato di rivedere un vecchio video-intervista su Massimo Urbani intitolato: Nella fabbrica abbandonata, (disponibile anche su Youtube) nel quale l'artista viene colto nell'intimità e racconta il suo rapporto con la musica, confessa le sue debolezze e fragilità ed esprime la sua concezione di jazz con degli interessanti spazi musicali. Il filmato dura più di un'ora e consente di cogliere aspetti importanti della personalità di questo artista.
Massimo è stato uno dei musicisti più geniali e brillanti della sua epoca, purtroppo scomparso troppo presto proprio a causa delle sue fragilità.
Egli è stato già ricordato, con ben due post, nel blog Bertop curato da un amico, che pur essendo prevalentemente dedicato alla poesia contemporanea, ogni tanto apre le sue pagine anche al jazz.
Nel primo post troviamo, oltre ad alcune foto dell'artista, una toccante poesia dedicatagli dall'amico curatore del blog (qui), nel secondo si può leggere la riproposizione del testo della monografia del critico Marcello Piras apparsa sul numero di ottobre 1995 della rivista "Musica Jazz", che ripercorre la vita e illustra le opere di Urbani (qui).
Questo mio intervento si limiterà pertanto a ricordarne la figura e la musica con qualche traccia musicale e qualche filmato, com'è ormai consuetudine di queste pagine.
Non potendo inserire l'intero documentario ne ho estratto un paio di frammenti, nel primo dei quali, presentato di seguito, Massimo parla delle sue esperienze musicali, raccontando del suo ingresso nel mondo del jazz, del suo determinante incontro con Enrico Rava, delle sue prime jam sessions con grandi musicisti, degli strumentisti ai quali si è ispirato per concludere con una solitaria improvvisazione.


Nel 1974 Enrico Rava, appena rientrato dall'Argentina, lo chiama a far parte di un quartetto comprendente anche il batterista argentino Nestor Astarita ed il bassista statunitense Calvin Hill ed è proprio con questi due musicisti che Massimo inciderà il primo LP a suo nome per la serie Jazz a Confronto (n.13).


Il video che segue si riferisce a quel periodo ed è tratto da una trasmissione che la RAI dedicò sempre nel 1974 a Rava ed a quel quartetto. In esso è possibile apprezzare come a soli 17 anni Massimo fosse già padrone dello strumento e della scena confrontandosi autorevolmente con i colleghi più anziani.




Il video successivo sempre con Rava, è di qualche anno dopo e in quell'occasione la ritmica era composta da tre giovani musicisti danesi fra i quali spiccava il bassista Palle Danielsson che diventerà uno dei più apprezzati bassisti sulla scena internazionale. In questo video Urbani suona da par suo, però, se lo si osserva bene, il suo sguardo sembra più spento, forse il suo drammatico incontro con la "roba" era già cominciato.


L'ultimo brevissimo filmato, tratto dal citato documentario, è una solitaria esecuzione del noto brano di Bruno Martino Estate, pezzo molto amato dai jazzisti non solo italiani.


Nei quasi vent'anni di vita artistica Urbani ha inciso molti dischi quasi tutti di alto livello.


Qui ne voglio ricordare due che amo particolarmente:
il primo è il doppio LP del 1980 Dedications (to J. C. & A. A.) realizzato con una ritmica tutta italiana Luigi Bonafede al piano, Furio DiCastri al basso  e Paolo Pelegatti alla batteria. Da questo ho tratto una bellissima versione del famoso brano di Coltrane Naima.








il secondo è Duets for Yardbird, realizzato nel 1987 con Mike Melillo al piano e dedicato al suo idolo Charlie Parker. Un disco che mette in luce le capacità solistiche e improvvisative di un Urbani particolarmente in forma, supportato dal pianismo lirico di Melillo come prova l' Out Nowhere scelto per concludere questa pagina.


martedì 6 dicembre 2011

Tiziana Ghiglioni: la "First Lady" del jazz italiano

Pubblicato sabato 5 gennaio 2008


Prima Parte (1981 - 1992)

Seguo la cantante savonese dal suo esordio avvenuto circa ventisette anni fa e ne ho sempre ammirato, oltre le indubbie, eccellenti capacità vocali, lo stile, la signorilità, e la classe da vera signora del jazz. In anni lontani ebbi modo di incontrarla personalmente, sia pur di sfuggita, nell’intervallo di un suo concerto, e la trovai dotata anche di un discreto fascino.


L’interesse nei suoi confronti nacque grazie ad Arrigo Polillo che all’epoca recensì con parole particolarmente lusinghiere sia la sua prima apparizione in pubblico, sia il suo primo LP.
L’esordio in pubblico avvenne il 28 aprile 1981 al Centro Sociale Protestante di Milano, accompagnata da un gruppo di giovani musicisti che in quei giorni avevano partecipato all’incisione del suo primo LP in via di pubblicazione: Larry Nocella al sax tenore, Riccardo Zegna al piano, Piero Leveratto al basso e Luigi Bonafede (ottimo batterista oltre che valente pianista). Ospite Massimo Urbani che non era presente nel disco.
In quell’occasione Polillo scrisse: «…la Ghiglioni è la prima cantante di jazz italiana di sicuro talento che io abbia avuto la ventura di ascoltare da circa un quarto di secolo a questa parte» e ancora «…canta jazz per davvero, con voce duttile, con profonda sensibilità “di strumentista”, con sofisticata musicalità e sentimento» (Musica Jazz, giugno 1981, p.17-18).
Dopo l’uscita dell’album Lonely Woman (Dischi della Quercia – Q28014 - 1981) recensì questa prima esperienza discografica della cantante con analoghe parole di approvazione, lodando in maniera particolare brani come Lonely Woman, ‘Round Midnight e You’ve Changed (Musica Jazz-dicembre 1981).




N.B. Nel mio blog in inglese ho dedicato una pagina particolare a questo album (qui) in cui è possibile scaricare l'intero album, mai ripubblicato, che io sappia, in CD.

  Da sempre, com’è possibile constatare anche dalle pagine di questo blog, ho nutrito un certo interesse per il jazz vocale e per l’uso della voce come “strumento”, pertanto mi affrettai ad acquistare l’album che ancora conservo con cura anche perché, che io sappia, non è mai stato ripubblicato in CD. Questo album, oltre a farci godere le qualità vocali della Ghiglioni, è uno dei pochi in cui si possa ascoltare Larry Nocella, sfortunato talento scomparso prematuramente. (il suo LP “Everything Happens to Me” - Red Record VPA 167 - 1980 e scaricabile qui).
Il video che segue è di quel periodo ed è tratto da un concerto del 1981 al Teatro Ciak di Milano; la videocassetta che conteneva l’intero concerto con gli anni si è deteriorata e pertanto sono riuscito a riversare su DVD solo un breve stralcio iniziale di qualità scadente, contenente proprio l’esecuzione di Lonely Woman. I musicisti che accompagnano la cantante sono gli stessi del disco tranne il sassofonista, che anziché essere Nocella è Pietro Tònolo.


Il suo secondo album Sounds of Love, uscito nel 1983, non deluse le aspettative suscitate dall’autorevole giudizio di Polillo. Accompagnata da una ritmica d’eccezione: Kenny Drew al piano, N-H. O. Pedersen al basso Barry Altschul alla batteria, affrontava una serie di standards famosi, oltre a cimentarsi in due brani di Thelonious Monk non molto frequentati dai cantanti.



Il disco ebbe un notevole successo di critica e di pubblico, ma rischiava di incasellarla nel novero delle cantanti di ballads e di farla muovere in un campo esclusivamente sentimentale, mentre per le sue caratteristiche tecniche e vocali, secondo Giuseppe Piacentino, che recensì il disco per Musica Jazz,: “meriterebbe ora di tuffarsi un una mezza bottiglia di whisky ed in un sorso di sana maledizione”.

Nel dicembre dello stesso anno incide un brano con Ishtar Quintet di Riccardo Fassi e Paolino Della Porta: Dreaming of You, testo suo e musica di Della Porta, che però uscirà solo nel 1985 nell'album Life Songs a nome Ishtar Quintet (Bull Records LP0007)





Questo brano precedette e avviò la svolta che ci fu l’anno successivo e fu significativa.
Nel nuovo album Streams (Splasc(h) H 104 1984) mise insieme un suo gruppo, composto da giovani musicisti non ancora affermati, con i quali affrontare non solo standards, ma anche nuove loro composizioni. Ciò fu possibile grazie alla lungimiranza di Beppo Spagnoli, che si lasciò convincere dalle insistenze della Ghiglioni a tentare questa nuova via di dare spazio ai giovani, che diventerà una caratteristica della casa discografica. Il gruppo comprendeva Luca Bovini al trombone, Maurizio Caldura Nunez ai saxes, Luca Flores al piano, Franco Nesti al basso e Alessandro Fabbri alla batteria.



L’LP si articola in due parti: il lato A è dedicato interamente a Monk: quattro temi famosi ai quali per l’occasione sono stati aggiunti dei versi (il testo di Straight No Chaser è quello di Eddie Jefferson). Il risultato finale è più che soddisfacente, ma la vera sorpresa è rappresentata dai tre brani del lato B: tutti originali composti dai musicisti del gruppo, con il contributo della stessa Ghiglioni in Pau. Questo album può essere considerato il primo passo della cantante verso un percorso che negli anni successivi la porterà a cimentarsi in contesti sempre nuovi con i migliori strumentisti.
Il video che segue è tratto da un concerto più o meno di quel periodo, ma non sono riuscito a stabilire la data esatta, dovrebbe essere di poco antecedente all'LP, come farebbe pensare la presenza di Flores e Fabbri, ed il fatto che nel concerto non vengano eseguiti brani contenuti nell'LP. Un aspetto interessante di questo video è dato dalla presenza di Luca Flores, il compianto pianista morto suicida nel 1995 e recentemente portato alla ribalta dal film Piano Solo.



Nei successivi dieci anni la sua produzione discografica è caratterizzata da una serie di album di grande interesse, delle vere e proprie sfide, ognuno dei quali meriterebbe un proprio post.

1986: Somebody Special (Soul Note SN 1156) con Steve Lacy al sax soprano, Franco D’Andrea al piano, Jean-Jacques Avernel al basso e Oliver Johnson alla batteria, in cui l’estrema sensibilità interpretativa della cantante è pienamente messa in luce dalla presenza dei grandi musicisti che l’accompagnano.




1987: Well Actually (Splasc(h) H 117) in duo con Giancarlo Schiaffini (trombone, euphonium, tuba, nastri magnetici). Un album sperimentale che vide la luce dopo il successo riscosso dall’inusuale duo nel 1984 al Festival di Roccella Jonica, e dopo una serie di concerti che avevano collaudato la formula. Qui la cantante si cimenta in un uso sperimentale della voce che si avvicina all’esperienza della musica contemporanea (es. Kathy Berberian, musa di Luciano Berio) o agli sperimentalismi vocali di Laureen Newton.



1987: Onde (Spasc(h) H 133) con l’Art Studio (Carlo Actis Dato: sax ten. e bar. cl. basso, Claudio Lodati: chitarra, Enrico Fazio: basso, Fiorenzo Sordini: batteria e perc.). Un nuovo album in cui la cantante sperimenta un altro tipo di ricerca sulle possibilità “strumentali” della voce umana, affiancando un gruppo che della ricerca sulle sonorità ha fatto una ragion d’essere.


1988: Yet Time (Splasc(h) H 150) con Roberto Ottaviano al sax soprano, Stefano Battaglia al piano, Paolino Dalla Porta al basso e Tiziano Tononi alla batteria e perc.. Il gruppo è quello con cui si esibiva regolarmente nei concerti e con questo album la cantante riprende la formula di Streams, con una facciata dedicata alle composizioni dei suoi musicisti ed una dedicata a brani più famosi con risultati, in tutti i casi, di grande spessore, grazie anche alla classe dei giovani che l’accompagnano, tutti destinati a diventare negli anni degli affermati solisti.


1989: I’ll Be Around (Soul Note 121 256) con Enrico Rava alla tromba e Mal Waldron al piano. Nuovo album, nuova formula: un trio atipico per il jazz e una Ghiglioni ancora diversa, con interpretazioni di classici del songbook americano intimistiche e dolci, assecondata dall’efficace sottofondo creato da due maestri come Rava e Waldron.



Del 1989 è anche il prossimo video che vede lei e Rava, esibirsi assieme a un nutrito gruppo di musicisti al 9° Festival di Roccella Ionica. Il brano eseguito è il primo di una suite intitolata Via dalla Pazza Folla, musica del bassista Paolo Damiani, direttore artistico del festival e parole della stessa Ghiglioni, l'intera esibizione dura più di un'ora. Gli altri musicisti sono Stefano Battaglia al piano, Mark Harris alle tastiere e arrangiatore, Umberto Fiorentino alla chitarra, Tiziano Tononi alle percussioni e Aldo Romano alla batteria.



1990: Goodbye, Chet (Philology W22) con Chet Baker e Mike Melillo al piano. L’album raccoglie tre diversi momenti “live”, dei quali solo due con la cantante. Uno la vede a Bari nel 1985, a fianco di Chet in due differenti versioni di Lament, unica occasione documentata d’incontro fra i due. L’altro, a Recanati nel maggio 1988, è un omaggio, in duo con Mike Melillo, al trombettista appena scomparso, nel quale vengono rievocate con commozione le sue magiche atmosfere .



1991: Lyrics (Splasc(h) CD H 348) con Paul Bley al piano. Con questo album la cantante prosegue il suo camino di ricerca cimentandosi con il panismo di Bley. Un incontro che ha lasciato un segno tangibile nel modo di interpretare gli standards da parte della cantante che in un’intervista (Musica Jazz feb. 1993) confessava “d’ora in avanti voglio interpretarli con la mentalità di un Paul Bley”.



Nel 1992 poco più di dieci anni dal suo esordio esce SONB (Splasc(h) CDH 370) con, in diversi contesti, Steve Lacy (sax sop.) Gianluigi Trovesi (cl. piccolo e cl. basso), Enrico Rava (tr.) Giancarlo Schiaffini (trne), Umberto Petrin (piano), Attilio Zanchi (basso) e Tiziano Tononi (batteria e perc.).


Album straordinario in cui, affiancata da un nutrito gruppo di artisti di spicco, quasi tutti già suoi partners in dischi precedenti, la cantante raggiunge l’apice del suo percorso sperimentale fin qui esaminato. Certamente il disco più importante realizzato fino a questo punto della sua carriera. Esaltato dalla critica per il coraggio e la perseveranza nel ricercare strade sempre nuove, rifuggendo dalla routine, e che le fruttò, da parte del compianto Pino Candini direttore dela rivista “Musica Jazz” il titolo di “First Lady” del jazz nostrano, qui ripreso nel titolo di questa pagina.
Il disco ottenne anche il secondo posto nella classifica TOP JAZZ 1992 della rivista Musica Jazz.

In un’altra occasione esamineremo la seconda parte della carriera di questa artista straordinaria che ha fatto da battistrada a numerose giovani cantanti che dopo di lei hanno intrapreso la via del canto jazz.

giovedì 1 dicembre 2011

Gino Paoli incontra il jazz: Milestones

Pubblicato domenica 2 settembre 2007


Gino Paoli è più o meno mio coetaneo e le sue canzoni, con quelle di Tenco, De André e Lauzi, hanno fatto parte della colonna sonora della mia gioventù. Poi, negli anni, sia per il mio crescente interesse per il jazz, sia per il suo repertorio per me sempre meno interessante, ho smesso quasi completamente di seguirlo.
Pertanto è stata una piacevole sorpresa il suo ultimo album Milestones - Un incontro in Jazz uscito verso la fine di maggio, ma che solo da qualche giorno ho avuto modo di ascoltare. 



Risentire Sassi, La gatta, (conservo ancora il 45 giri Ricordi che comprendeva queste due canzoni) Sapore di saleIl cielo in una stanzaChe cosa c'è ed altri suoi successi, in questa veste jazz con l'apporto di musicisti del calibro di Enrico Rava e Flavio Boltro alla tromba, Danilo Rea al piano, Rosario Bonaccorso al basso e Roberto Gatto alla batteria è stata una vera emozione.
Molto belle anche le esecuzioni di classici standards come Time after time con in evidenza la tromba di Rava oppure I fall in love too easily e soprattutto Stardust, dedicata a Hoaghy Carmichael, un riconoscente omaggio al grande compositore statunitense che, dopo aver ascoltato Senza fine, gli scrisse complimentandosi e dicendogli che quella canzone avrebbe voluto scriverla lui.
Una struggente esecuzione accompagnata solo dai pianoforti di Rea e di Renato Sellani, aggiunto in questo brano.
Un album molto bello tutto da sentire e risentire.
Per rispetto alle norme sui diritti d'autore, trattandosi di un album uscito da poco non metto nessun brano da ascoltare, però su YouTube ho trovato un breve filmato ripreso da un concerto della tournée che questa estate, grazie al successo del disco, ha girato per l'Italia. La qualità lascia un pò a desiderare però un'idea dell'atmosfera la dà comunque.



martedì 29 novembre 2011

Concerto dell'Enrico Rava quintet a Umbria Jazz 2001

Pubblicato domenica 17 agosto 2007

Ultimamente ho un pò trascurato il jazz italiano e per recuperare dedicherò questa pagina ad uno straordinario concerto che ha avuto luogo a Perugia nel luglio 2001, nell'ambito di Umbria Jazz: protagonista un quintetto stellare con Enrico Rava e Paolo Fresu alle trombe, Stefano Bollani al piano, Enzo Pietropaoli al basso e Roberto Gatto alla batteria, ovvero il "gotha" del jazz italiano.


Pur non essendo presente quella sera, ebbi l'occasione di ascoltare quel magico quintetto nel corso della tournée che precedette quel concerto e ne rimasi estasiato. Così disponendo di un video che ci mostra quasi 50' di quello storico concerto finalmente sono riuscito ad inserirlo.
A questo punto non ci resta che metterci comodi e goderci questo spettacolo di grande jazz.


lunedì 28 novembre 2011

Ancora su Enrico Rava

Pubblicato domenica 27 maggio 2007

Il video inserito in precedenza mi ha stimolato a realizzare questa pagina sul musicista italiano che maggiormente apprezzo. Finora avevo rimandato la cosa per la difficoltà di descrivere nel breve spazio di un post la poliedrica e intensa figura di Enrico Rava. Poi rovistando nei miei cassetti ho trovato come risolvere la faccenda: una lettera che nel 1985 scrissi ad un amico, che si stava convertendo al jazz e che non conoscendo nulla del "jazz made in Italy" mi chiedeva lumi e consigli. Inviandogli una prima cassetta con una compilation su Rava scrivevo:
"Come primo personaggio per il nostro corso di aggiornamento ho scelto il trombettista e flicornista Enrico Rava. Perché lui e non altri, come ad esempio D'Andrea, Gaslini, Trovesi, ecc.?
Per più di un motivo: Rava innanzitutto è il musicista italiano più cosmopolita e più conosciuto in campo internazionale; è vissuto a lungo negli Stati Uniti, ha suonato ed inciso con personaggi del calibro di Steve Lacy, Lee Konitz, Carla Bley Dollar Brand, Gato Barbieri, Don Cherry; ha fatto parte a lungo della "Globe Unity Orchestra", una delle più significative formazioni d'avanguardia degli anni '70 suonando con Albert Mangelsdorff, Antony Braxton, Evan Parker ecc., quindi quale musicista più indicato per un primo approccio al jazz italiano?
In secondo luogo Rava è stato in larga parte responsabile del mio improvviso interesse per il "jazz made in Italy". Prima di ascoltarlo per la prima volta dal vivo a Bergamo (la foto si riferisce a quell'epoca) posso dire che praticamente non lo conoscevo, come conoscevo poco o nulla gli altri musicisti italiani. Un pò snobbisticamente, pensavo che solo gli americani sapessero fare il vero jazz. Un paio d'anni fà durante un festival del jazz a Bergamo l'ascoltai come direttore e solista dell'orchestra jazz della RAI e rimasi colpito dalla sua sensibilità di compositore e dalle sue qualità di esecutore. Andando al concerto mi aspettavo la solita musica cervellotica, che piace tanto ai critici, invece ho ascoltato della musica piacevole, gioiosa, bella che mi ha entusiasmato, così ho cominciato a documentarmi meglio sul personaggio e, sinceramente, è stata una piacevole sorpresa.
Infine l'ultimo aspetto è che, se non ho capito male, anche tu sei un ammiratore del grande Miles e Rava per certi aspetti lo ricorda molto."
Dopo 22 anni quel mio entusiasmo per un artista che stavo imparando a conoscere è divenuto ammirazione totale e completa. Da allora gradualmente ho acquisito, anno dopo anno, quasi tutto ciò che di suo è stato immesso sul mercato ed ho assistito a numerose esibizioni dal vivo: è l'artista che, in assoluto, ho ascoltato di più dal vivo, in numerosi contesti.



Quando all'inizio dell'anno è uscito il suo nuovo CD The Days and the Words sono rimasto, ancora una volta, favorevolmente stupito dalla sua capacità di creare atmosfere sempre nuove, anche quando riprende temi a lui cari, presenti in altri dischi, come Secrets, ripreso dall'omonimo Cd (Soul Note, 1987) e che ritroviamo anche in Bella (Philology, 1996), oppure come il simpatico autoritratto Dott.Ra, and Mr.Va, ripreso, dopo trent'anni da The Plot (ECM 1976), nel quale egli scherzava sulle due facce della sua musicalità, allora più accentuate di oggi, quella romatica, melodica e quella più sperimentale.

Non volendo questa essere una recensione del CD (in rete ce ne sono a decine, fatte da persone più competenti di me) mi limito a segnalarlo a chi non lo conoscesse ancora.

Concludo riallacciandomi al mio amore per la musica brasiliana, già espresso in precedenza, che, anni fà scopersi essere condiviso da Rava. Infatti in un'intervista di diversi anni fà dichiarava: «Fin dall'età di 16 anni il mio grande amore è stato Joao Gilberto, un musicista che mi commuove e mi coinvolge totalmente», parole che allora come oggi avrei potuto pronunciare io.
Infine per gli amici una rarità discografica: un Fine and Dandy tratto dalla seduta di registrazione del 30 marzo 1960, che vide il debutto discografico di Rava, accompagnato dal trio del pianista Maurizio Lama. Il brano ha essenzialmente un valore storico e dimostra come già a vent'anni il nostro possedesse una buona padronanza dello stumento ed un elegante fraseggio.

Enrico Rava & Paolo Fresu


Pubblicato domenica 27 maggio 2007

Prendete un capolavoro come 'Round Midnight di Thelonious Monk, due strumentisti del calibro di Enrico Rava e Paolo Fresu, una ritmica stellare come quella composta da Stefano Bollani al piano, Enzo Pietropaoli al basso, Roberto Gatto alla batteria e il gioco è fatto.
Questo è il jazz, guys!!!!


giovedì 17 novembre 2011

Nel 2007 due nuovi dischi di Gianluigi Trovesi


Pubblicato mercoledì 11 aprile 2007 

Nel mio lungo peregrinare in Italia e all'estero, fra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 ho vissuto anche a Bergamo, città che, soprattutto in quegli anni, ha dato molto al jazz: con i suoi festivals (Rassegna Internazionale del Jazz di Bergamo, Bergamo Jazz, Clusone Jazz, Festival Internazionale "Nuovo Jazz" di Lovere); con i suoi clubs (penso al Bobadilla Feeling Club di Dalmine, gestito da Benvenuto Maffioletti, grande appassionato di jazz - qui  accanto in una foto dell'epoca con Mal Waldron e David Friesen - dove ho trascorso bellissime serate ascoltando musicisti del calibro di Gerry Mulligan, Art Farmer, Charles Tolliver. Oggi purtroppo è stato trasformato in una discoteca); infine con bravissimi musicisti quali Claudio Angeleri, Tino Tracanna (nato a Livorno ma formatosi musicalmente a BG), Roberto Zonca, e Gianluigi Trovesi, per citare i più noti.
Quest'ultimo in particolare, già allora, quando lo conobbi circa 25 anni fà, era il simbolo della Bergamo jazzistica, come si evince anche dalla foto qui sotto, tratta dalla copertina del volume "Jazz Live in Bergamo" (1983) del giornalista Paolo Arzano, in quegli anni eminenza grigia del jazz bergamasco, che ho avuto il piacere di conoscere e frequentare.


Trovesi da allora è cresciuto anno dopo anno, diventando un grande artista di fama internazionale e, sicuramente, uno dei massimi esponenti del jazz italiano, grazie alla sua straordinaria abilità e versatilità di polistrumentista ed alla sua notevole originalità creativa tendente a privilegiare la tradizione europea ed i colori mediterranei.
In questi anni i dischi incisi a suo nome o in collaborazione con altri sono stati moltissimi ed hanno riscosso grande successo di critica ed autorevoli riconoscimenti. Ricordo la vittoria del TOP JAZZ 1992 con From G. To G., nel 1996 con Les Hommes Armés,  e nel 2002 con Fugace, solo per citarne alcuni.
Veniamo ora al motivo di questa mia personale rievocazione, ossia la recente pubblicazione nel 2007 di due album del nostro: uno nella serie Jazz Italiano 2007 edito da L'Espresso e registrato alla Casa del Jazz di Roma con la partecipazione di Enrico Rava, e l'altro Vaghissimo Ritratto, registrato in studio per la ECM.
Il primo è un disco di jazz più "convenzionale", da concerto, molto godibile e, potremmo dire, senza volerlo sminuire, adatto ad un pubblico più ampio.
Il secondo è invece musicalmente più sofisticato ed inserito nel filone sperimentale della musica europea, con riferimenti classici, (Da Palestrina, di Lasso, Monteverdi, ecc.) e dedicato ad un pubblico più avvertito e musicalmente più esperto.

Il disco, come tutte le opere più impegnate,  richiede un ascolto attento e ripetuto, ma grazie alla straordinarie e poliedriche capacità del leader, supportato dal pianismo arioso ed elegante di Umberto Petrin e dai cromatismi ritmici di Fabio Maras, offre sensazioni molto particolari ed emozioni genuine: dalle affascinanti atmosfere oniriche di Orfeo, ai misteriosi arabeschi di Canto Vago, dalle sonorità evanescenti ed enigmatiche di Vaghissimo Ritratto, ai ritmi severi di The Lover Appeal, dalle vivacità ritmiche di El Grillo alla versione soavemente classicheggiante di Angela, solo per citarne alcune.
In sintesi un disco di eccellente livello, che continua lo straordinario percorso di ricerca del musicista bergamasco.