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domenica 11 novembre 2012

I miei standards preferiti: I'll Remember April (1941)


Questa canzone venne composta nel 1941 da Gene De Paul, con la coppia di parolieri Don Raye e Patricia Johnston, per la colonna sonora di un film comico della coppia Abbott & Costello: Ride'em Cowboy (Gianni e Pinotto fra i Cowboys) in cui era interpretata, con una performance un pò sdolcinata, secondo i canoni dell'epoca, dal modesto cantante e attore western Dick Foran.


Questo filmetto, che molti della mia generazione avranno visto da ragazzini, nei primi anni del dopoguerra in qualche cinema parrocchiale, presentava un'altra particolarità, la presenza di una giovane Ella Fitzgerald, agli inizi della carriera, in una delle sue rare apparizioni cinematografiche, in cui interpreta una cameriera e canta il suo Hit del momento: A Tisket, a Tasket.


Ritornando a I'll Remember April la canzone riscosse comunque un discreto successo grazie alle interpretazioni dell'orchestra di Woody Herman, Bing Crosby e altri, ma esclusivamente nella versione vocale  "convenzionale".
Dobbiamo arrivare al 1947 per trovare la prima versione jazzistica strumentale di notevole interesse: quella del trio di Bud Powell con Curly Russell al basso e Max Roach alla batteria, in cui geniale pianismo di Powell scompone e ricompone la melodia in un caleidoscopio di emozioni, avviando questo motivo al ruolo di grande standard jazzistico. 


Una postilla personale riguardo a questo brano: è stato in assoluto il primo che ho ascoltato di Powell, tratto da un 45 giri acquistato in edicola più di 40 anni fa ed è stato l'ascolto di questo brano che mi ha fatto iniziare ad ammirare questo pianista, del quale oggi possiedo quasi tutti i dischi.



Un altro straordinario pianista: George Shearing nel dicembre del 1949 ne incise, con il suo quintetto, una versione elegante, gradevole, in cui il pianoforte dialoga con il vibrafono della bravissima Marjorie Hyams, accompagnato da una sessione ritmica di tutto rispetto con Chuck Wayne alla chitarra, John Levy al basso e Denzil Best alla batteria. Una perfetta alchimia stilistica che ne farà uno dei gruppi più originali ed apprezzati di quegli anni.




Nella primavera del 1950 Bud Powell venne scritturato, assieme a Curly Russell, da Charlie Parker per una serie di concerti di un nuovo quintetto al Birdland di New York. Gli altri membri erano Fats Navarro e Art Blakey. Durante quei concerti venne eseguita anche I'll Remeber April e ne esiste una registrazione da un nastro privato pubblicata molti anni dopo.


Tuttavia la prima versione su disco di Charlie Parker fu quella storica contenuta nel secondo album di Charlie Parker with Strings dell'estate 1950. La formazione comprendeva, fra gli altri, Bernie Leighton al piano, Ray Brown al basso e Buddy Rich alla batteria, con arrangiamenti di Joe Lippman.



Sempre in quel periodo fra il 1950 e il 1951 il vibrafonista Red Norvo, un musicista sulla breccia da molti anni, decise di rinnovarsi costituendo un trio "anomalo" con il chitarrista Tal Farrow e il giovane e all'epoca poco noto bassista Charles Mingus. Trio che, sia per la sua struttura atipica, sia per la notevole qualità dei componenti, ebbe subito un grande successo di critica e di vendite.



La loro versione del brano è decisamente originale con fluenti passaggi dal singolo assolo a improvvisazioni collettive in una suggestiva atmosfera "cameristica".


Negli anni successivi numerosi furono i musicisti e i cantanti che si cimentarono con questo standard, ma tre in particolare meritano di essere qui ricordati. Sono tre dei più grandi trombettisti di allora e non solo: Miles Davis, Clifford Brown e Chet Baker. Tre letture molto differenti e tutte di grande qualità.
Nel 1954 Davis era definitivamente uscito dal tunnel della droga ed iniziava una nuova stagione, un periodo intensamente creativo che gradualmente lo avrebbe riportato ai vertici. 



Il 3 aprile entrò in studio per la Prestige, e fra i vari brani incise anche I'll Remember April, accompagnato da una sessione ritmica di elevata qualità: Horace Silver al piano, Percy Heath al basso e Kenny Clarke alla batteria e come spalla il poco noto alto sax parkeriano David Schildkraut che in questo brano da il meglio di sé. Una curiosità sulla qualità della performance del sassofonista: durante un Blindford test Charlie Mingus, non uno qualsiasi, ascoltandolo in questo brano, lo confuse con Parker. 
Va inoltre  ricordato che questa session fu la prima in cui Davis cominciò anche a usare la sordina.


N.B. la cover presentata nel video è quella dell'LP 30 cm. del 1957 Blue Haze in cui il brano venne ripubblicato, mentre il brano comparve la prima volta in un LP 25 cm. e la cover è quella riportata sopra, dal titolo poco fantasioso di Miles Davis quintet

Nel febbraio del 1956 Clifford Brown e Max Roach con il loro quintetto comprendente anche Sonny Rollins al sax tenore, Richie Powell (fratello di Bud) al piano e George Morrow al basso registrarono due takes di I'll Remember April, dopo che il brano era stato testato in diversi concerti. Questo avveniva pochi mesi prima dell'incidente automobilistico che il 26 giugno provocò la morte del trombettista e del pianista.
Nel video seguente viene proposta l'alterate take pubblicata nell'album More Study in Brown, fatto uscire dopo l'incidente, mentre la original track era stata pubblicata nel doppio LP At Basin Street




Ciò che colpisce ascoltando questa interpretazione è la grande creatività improvvisativa di Brown. Un assolo strepitoso che ci lascia un grande rimpianto: se la sua carriera, stroncata a soli 25 anni fosse proseguita Davis avrebbe avuto un un concorrente agguerrito.



Nell'inverno 1955-56 Chet Baker era in tournée in Europa con il suo quintetto e durante alcuni suoi concerti in Germania veniva raggiunto dalla giovane cantante emergente Caterina Valente con la quale eseguiva in duo I'll Remember April




Una esecuzione alla tromba molto diversa dalle precedenti e da altre che lo stesso Chet Baker realizzerà negli anni, ma proprio per questo meritevole di essere ricordata.
Questo standard andò via via diffondendosi con una crescente serie di esecuzioni di numerosi musicisti e cantanti che non possiamo stare qui a ricordare.
Avvicinandosi ai nostri giorni tuttavia vorrei segnalarne alcune altre che hanno suscitato in me un notevole interesse.
La prima è quella di Keith Jarrett del 1996. Dopo quasi cinquant'anni dalla bellissima esecuzione di Bud Powell, citata all'inizio, un'altro grandissimo trio esegue lo stesso brano dal vivo con una performance di qualità assoluta. Dieci minuti di puro virtuosismo a partire dal batterista Jack De Johnette, mentre il basso di Gary Peacock centellina i suoi interventi con grande tempismo.


Chiudiamo questa carrellata di esecuzioni differenti con due eccellenti chitarristi il francese Bireli Lagrene e il belga Philip Catherine che affrontano il tema con un sound latineggiante. 

giovedì 20 settembre 2012

Dischi storici: Money Jungle di Duke Ellington (1962)


Money Jungle il famoso album di Duke Ellington in trio con Charlie Mingus e Max Roach in questi giorni compie 50 anni essendo stato registrato nel settembre del 1962. Un album insolito per il grande band leader che, per l'occasione, si cimenta in veste di pianista con due dei maggiori talenti dei rispettivi strumenti, considerati in bilico fra il post-bop e l'avanguardia, cosa che sorprese la critica e lasciò interdetti i puristi ellingtoniani.
Dei sette brani proposti, tutti composti da Ellington, solo due (Caravan e Solitude) sono la riproposizione di vecchi successi, mentre i rimanenti sono stati scritti per l'occasione e si differenziano dal normale stile ellingtoniano.
L'album si apre con la title track, una composizione blues con sapori più sperimentali


Il brano successivo è una ballad intitolata Les Fleurs Africaine (nota anche come Fleurette Africaine) che invece presenta  spunti impressionistici.


Segue il vivace bluesVery Special che dopo una breve introduzione del tema contiene un lungo assolo del Duca


Il brano che conclude la prima facciata è un'altra dolce balladWarm Valley, che in seguito verrà ripresa da Johnny Hodges


La seconda facciata si apre con il brano forse più convenzionale  dell'album: Wig Wise 


segue una versione particolarmente vigorosa del classico: Caravan 


l'album si chiude con un altro classico ellingtoniano: Solitude eseguito splendidamente dal trio.

Diversi anni dopo Charlie Mingus confessò in un'intervista che durante la seduta ebbe un violento alterco con Max Roach, e solo per il rispetto che nutriva per il maestro Ellington ritornò sulla decisione di abbandonare lo studio.
Molti anni dopo l'album venne rieditato in CD con una serie di altre tracce alternate o inedite che tuttavia nulla aggiungevano alla qualità di questo piccolo gioiello discografico.

giovedì 28 giugno 2012

I miei standards preferiti: I Can't Get Started (1936)

In questi giorni GEROVIJAZZ compie 6 anni, infatti nacque sulla piattaforma Splinder verso la fine di giugno del 2006, poi lo scorso novembre si è trasferito su Blogger spostandovi anche la maggior parte delle pagine realizzate negli anni, che con il post di oggi arrivano a 190. Per celebrare questo anniversario ho pensato di continuare con la serie degli standards, visto l'elevato gradimento riscosso dal post precedente. 


I Can't Get Started nacque nel 1936 dalla penna di Vernon Duke per la musica e di Ira Gershwin per il testo, destinato alla rivista musicale Ziegfeld Follies di quell'anno e nella quale era cantato da Bob Hope, ma il picco della popolarità lo raggiunse l'anno successivo grazie ad una strepitosa versione realizzata dal trombettista Bunny Berigan (1908-1942)


ancora oggi considerata una delle migliori versioni mai realizzate, tale da meritarsi circa quarant'anni dopo l'inserimento nella Grammy Hall of Fame.



Oltre alla qualità della musica la canzone piacque anche per il testo particolare; Ira Gershwin aveva presente che a cantarla sarebbe stato un comico, Bob Hope e cercò di realizzare una storia divertente e attuale per l'epoca con riferimenti ad eventi e personaggi del momento (la guerra civile in Spagna, il presidente Roosevelt, Greta Garbo).

Dattiloscritto originale di Ira Gershwin contenente la prima stesura del refrain della canzone.


Il successo ottenuto da Berigan indusse molti altri artisti a cimentarsi con il brano. L'anno seguente Billie Holiday e Lester Young ne realizzarono un'altra versione eccellente, la prima al femminile, (la protagonista il tè lo prende con Robert Taylor anziché con Greta Garbo).


All'epoca i due erano all'apice della forma e della popolarità ed il feeling fra loro era ottimo. Ne uscì un'interpretazione che non aveva nulla da invidiare a quella di Berigan, con un assolo di Lester da manuale.
Negli anni successivi il brano venne ripreso non solo il forma vocale e costituì la palestra per interpretazioni di grande livello come quella del trombettista Clifford Brown con il quintetto di Max Roach del 1954,




o quella del pianista Lennie Tristano, che ne realizzò nel 1946 una versione intimistica in trio con Billy Bauer alla chitarra e Clyde Lombardi al basso, che evidenziava la dolcezza della melodia.



Lester Young riprese spesso il brano dopo la versione presentata in precedenza, qui lo ritroviamo nel 1946 in un concerto della serie Jazz at the Philarmonic con altri eccellenti solisti, primo fra tutti Charlie Parker


Negli anni si ebbero anche molte versioni vocali sia maschili che femminili, nelle quali il testo originale veniva di volta in volta modificato o attualizzato. Nel 1959 Frank Sinatra ne incise una versione molto lenta e pensosa nel suo famoso LP della serie Capitol No One Cares, con un testo completamente diverso dall'originale.


Jazzisticamente parlando tuttavia le interpretazioni più interessanti sono quelle strumentali in cui i solisti si cimentano in assolo spesso interessanti come nel caso del quintetto di Charles Mingus qui proposto registrato dal vivo nel 1959 (dall'LP Mingus in Wonderland) in cui prima John Handy al sax alto e poi Mingus ci  offrono momenti di straordinaria emozione. 


Altrettanto interessante è la seguente interpretazione dei Jazz Messengers di Art Blakey con John Gilmore al sax tenore e Lee Morgan alla tromba realizzata nel 1966 per la BBC.


In anni più recenti un altro talentuoso artista Wynton Marsalis si è cimentato nel 2008 con questo brano accompagnato dalla soave voce di Shirley Horn. Un'altra stupenda interpretazione degna di essere ricordata.



Negli anni anche molti musicisti italiani si sono cimentati con questo celebre brano, da Nunzio Rotondo a Enrico Peranunzi, da Enrico Rava a Franco Cerri solo per citarne alcuni. Per concludere proponiamo l'interpretazione che nel 1959 ne dette il sestetto Basso-Valdambrini, uno dei gruppi che in Italia hanno fatto la storia del jazz.






domenica 4 marzo 2012

I miei standards preferiti: Body and Soul (1930)


Body and Soul, da più di 80 anni ormai, è uno dei motivi più battuti dai musicisti e cantanti di tutto il mondo, una melodia senza tempo, un evergreen, sempre in auge, come dimostra il successo riscosso dalla versione realizzata lo scorso anno dal grande vecchio Tony Bennett con la compianta rockstar Amy Winehouse. 


Il brano venne scritto, nell'autunno del 1930, dal compositore statunitense Johnny Green, mentre si trovava a Londra ed era destinato ad una diva molto famosa all'epoca, la cantante ed attrice britannica Gertrude Lawrence, musa ispiratrice di grandi scrittori e compositori come il commediografo Noël Coward, che scrisse per lei “Spirito allegro” o George Gershwin, che la volle protagonista di una sua commedia musicale a Broadway. 



La canzone, con le parole scritte da Heyman, Sour e Eyton, ebbe subito un larga diffusione ed il primo a coglierne le potenzialità jazzistiche fu Louis Armstrong, che, sempre nel 1930, ne incise una versione vocale e strumentale, la quale sostanzialmente, però, restava legata alla linea melodica tipica di una canzone sentimentale, in gergo torch song.


Nel 1939 Coleman Hawkins ne registrò, per la Bluebird (etichetta economica della RCA), una versione strumentale, rimasta negli annali, che consacrò definitivamente questo brano come Jazz ballad.


La particolarità di questa esecuzione stava nel fatto che, contrariamente alla consuetudine degli esecutori dell'epoca di elaborarne l'interpretazione agendo sulla melodia, Hawkins costruì il suo assolo su variazioni basate sulla struttura armonica, aprendo la strada ad altri musicisti, che nel tempo, in particolare fra i sassofonisti, ne realizzarono un'infinità di versioni (nel mio piccolo, fra versioni vocali e strumentali, ne dispongo di alcune centinaia).
Particolarmente interessante quella del 1960 del complesso di Charles Mingus. Oltre 10 minuti in cui i principali solisti: Roy Eldridge alla tromba ed Eric Dolphy al sax alto, combinano variazioni melodiche e accentuazioni ritmiche con forti connotazioni blues.


Il sassofonista Dexter Gordon fu uno dei più prolifici, lasciandocene numerose versioni, prevalentemente live, spesso molto diverse fra loro. Fra queste ne ho scelta una della maturità registrata dal vivo fra il 1978 e il 1979 al Keystone Korner di San Francisco con George Cables al piano, Rufus Reid al basso e Edde Gladden alla batteria. Una lunga versione, con influenze coltraniane.


Lo stesso Coltrane si è cimentato con il brano fin dal 1960. Infatti nel corso della prima seduta di registrazione Atlantic, quella dell'album My Favorite Things, ne realizzò ben due diverse tracce, che però non vennero pubblicate, per volontà dell'artista, insoddisfatto del risultato. Solo nel 1964, quando Coltrane non era più sotto contratto, la casa discografica ne pubblicò una delle due, senza l'approvazione dell'artista, nell'album Coltrane's Sound.
Nel 1965 durante un concerto a Seattle ne registrò dal vivo un'altra lunghissima versione, più di 21 minuti, con un sestetto comprendente, oltre ai soliti Tyner, Garrison e Jones, un altro bassista: Dave Garrett e un altro sax tenore: quello di Pharoah Sanders. La versione, forse proprio per la sua lunghezza, non venne inclusa nel doppio LP del concerto e venne pubblicata postuma solo nel 1994. Coltrane, Tyner e Sanders si alternano in una serie di assolo che smontano e rimontano la melodia come in una specie di percorso ad ostacoli. Si tratta della interpretazione più radicale e ardita mai realizzata e, fino ad ora, considerata la più originale e rivoluzionaria dopo quella di Hawkins.
Di seguito la versione integrale in due audio-video. Nel primo è possibile ascoltare Coltrane seguito da Tyner, nel secondo ancora Tyner e poi Sanders che conclude.



Naturalmente, oltre ad ispirare versioni strumentali da parte di grandi interpreti, la canzone ha continuato ad avere una vita propria, con significative interpretazioni vocali da parte dei più famosi cantanti jazz e pop, da Billie Holiday a Frank Sinatra, da Ella Fitzgerald a Mel Tormé, da Betty Carter a Cassandra Wilson, per citarne solo alcuni.  
Fra le tante disponibili ho scelto di proporne una, a mio avviso fra le più originali ed espressive, quella di Sarah Vaughan, incisa nel 1954 in cui è accompagnata da John Malachi al piano, Joe Benjamin al basso e Roy Hayes alla batteria. La sua straordinaria estensione vocale che spazia attraverso quattro ottave, dal baritono al soprano, ci offre una lettura impeccabile non solo per la bellezza della voce, ma anche per l'incomparabile sensibilità del suo fraseggio.


Concludiamo questa carrellata con una versione decisamente atipica. Nei primi anni '50 cominciò a diffondersi una nuova forma di canto jazz, che il critico Leonard Feather battezzò "vocalese", che consisteva nella adattare delle parole ad un brano, sulla base del suono e del  ritmo. Uno dei pionieri di questo genere Eddie Jefferson nel 1952 riprese l'esecuzione di Coleman Hawkins del 1939, scrivendovi sopra un testo dedicato al sassofonista che riprendeva la musica nota per nota. 

Don't you know he is the king of Saxophone
Yes ideed he is,
Talking 'bout the guy that made it sound so good,
Some people know him by "the Bean",
But Hawkins is his name, 
He sure can swing and play pretty too,
Sounds good to me,
Should sound good to you, 
I love to hear him playing Body and Soul,
......


Nel 1979 questo brano, all'epoca passato quasi inosservato, venne ripreso dai Mahnattan Transfer per ricordarne l'autore morto quell'anno, e venne incluso nel loro LP Extensions riportandolo all'attenzione degli appassionati.

domenica 22 gennaio 2012

Charles Mingus quintet Live at Umbria Jazz 1974



Uno strepitoso concerto del quintetto di Charles Mingus con George Adams (ten. sax), Hamiet Bluiett (bar. sax) Don Pullen (piano) and Dannie Richmond (drm) a Umbria Jazz 1974, tutto da ascoltare qui di seguito

martedì 3 gennaio 2012

Charles Mingus e Joni Mitchell: un incontro inconsueto.


In questi giorni di festa rovistando fra le vecchie cianfrusaglie conservate nei posti più impensati, mi è capitata fra le mani un vecchia musicassetta acquistata più di 30 anni fa che avevo dimenticato di possedere. Nei vari traslochi era finita in fondo ad un cassetto e pertanto non l'avevo più ascoltata. 


Riascoltarla (new link) dopo tanti anni è stata una vera sorpresa. Questo connubio fra la musica di Mingus e i testi e la voce della Mitchell, realizzata quando lui era alla fine dei suoi giorni, all'epoca non ebbe il successo che avrebbe meritato. Non apprezzato dai fans della cantante (fu in assoluto il suo disco meno venduto) e mal visto dai puristi del jazz che considerarono un sacrilegio un'alleanza con una star del rock, a distanza di anni questo ritratto atipico del geniale maestro del jazz merita invece, a mio avviso, di essere riascoltato.


In un'intervista rilasciata a Leonard Feather e apparsa sul numero di novembre 1979 di Down Beat, la cantante rivelò la genesi di quell'opera. Mingus, all'epoca già gravemente malato e confinato sulla sedia a rotelle, dopo aver ascoltato alcuni suoi dischi, aveva pensato di realizzare con lei una specie di “Cantata” sui testi dei Quattro quartetti di T. S. Eliot, ma dopo alcuni incontri non se ne fece nulla, per le difficoltà insite nel progetto. Dopo poco Mingus le inviò alcune composizioni, scritte appositamente per lei, affinché ne scrivesse i testi e le cantasse. Purtroppo nel gennaio del 1979 la morte lo colse prima che i brani fossero completati.  



In giugno finalmente l'album vide la luce e conteneva quattro brani con musica di Mingus e parole della Mitchell, più due composizioni originali della cantante, inframezzati da alcuni frammenti contenenti la voce di Mingus, registrata in diverse occasioni dalla moglie Sue.


Il gruppo che accompagnava la cantante era una vera All Stars comprendente Jaco Pastorius, Wayne Shorter, Herbie Hancock, Peter Eskine, Don Allias e Emil Richards Wolves.
Nel video seguente è possibile ascoltare un brano eseguito in concerto con una formazione comprendente solo alcuni dei suddetti componenti del gruppo.


lunedì 12 dicembre 2011

Lo storico sestetto di Charles Mingus del 1964

Repost from Splinder (31 jan. 2009)


Poco più di un anno fa verso la fine dell'estate del 2007, la Blue Note mise sul mercato uno straordinario inedito del sestetto di Charles Mingus con Eric DolphyCornell 1964 (BN 92210) che rappresentò l'avvenimento discografico di quella stagione. Io purtroppo allora me lo lasciai sfuggire e finalmente solo in questi giorni sono riuscito a recuperarne una copia e dopo averlo ascoltato, essendone rimasto entusiasta, ho pensato di segnalarlo a chi come me se lo fosse perso.


CD 1:
1. Opening - 0:17;
2. ATFW You - 4:26;
3. Sophisticated Lady - 4:23;
4. Fables Of Faubus - 29:42;
5. Orange Was The Colour Of Her Dress, Then Blue Silk - 15:05;
6. Take The "A" Train - 17:26.

CD 2:
1. Meditations - 31:23;
2. So Long Eric - 15:33;
    3. When Irish Eyes Are Smiling - 6:07;
    4. Jitterbug Waltz - 9:59.

    Charles Mingus (contrabbasso);
    Johnny Coles (tromba);
    Eric Dolphy (sax alto, flauto, clarinetto, basso);
    Clifford Jordan (sax tenore);
    Jaki Byard (pianoforte);
    Dannie Richmond (batteria).



    Il nastro della registrazione di quel concerto tenutosi il 18 marzo 1964 alla Cornell University di Ithaca (NY), era rimasto nascosto per più di vent'anni in fondo a qualche armadio e bene ha fatto al Blue Note a metterlo a disposizione degli appassionati.

    Il disco documenta un'esibizione del sestetto un paio di settimane prima dell'uscita ufficiale del gruppo avvenuta alla Town Hall di New York, e subito seguita dalla famosa tournée in Europa, che toccò anche l'Italia con tappe a Milano e Bologna. (vds. Arrigo Polillo: Stasera Jazz, Mondadori, 1978 p. 126 ss.)

    Si tratta quindi di una specie di cantiere preparatorio per le successive esibizioni, che tuttavia denota già un'elevata maturità ed un'originalità stilistica inconfondibile, premessa per il grande successo che gli verrà tributato in tutta Europa, soprattutto nella prima fase della tournée fino a Parigi. Purtroppo dopo il concerto al Théâtre des Champs-Elysées, immortalato dal celebre album triplo Memorial Charles Mingus The Great Concert Paris 1964, il trombettista Coles cadde malato e dovette rientrare negli USA, senza essere sostituito e questo comportò una notevole limitazione per i successivi concerti.
    Per dare un'idea di cosa sto parlando vi propongo un video realizzato in Norvegia durante quella tournée, in cui è possibile ascoltare il gruppo, ancora al completo, in un splendida esecuzione di So Long Eric. Il brano dura oltre 20 minuti e consente a tutti i solisti di mettersi, a turno, in evidenza.
    Buona Visione