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domenica 5 maggio 2013

I miei standards preferiti: The Song is You (1932)

Visto il gradimento riscosso dalla serie dedicata agli Standards, continuiamo a proporne di nuovi. Per questo sedicesimo capitolo, oggi peschiamo nel Songbook di uno dei più famosi ed apprezzati compositori statunitensi del secolo scorso: Jerome Kern (1885-1945).


Scritto nel 1932 assieme al paroliere Oscar Hammerstein II per la commedia musicale Music in the Air, il brano venne interpretato inizialmente da un attore italiano, all'epoca molto popolare negli USA: Tullio Carminati (1895-1971).
La prima versione discografica venne realizzata sempre nel 1932 dall'orchestra di Jack Denny ed interpretata da un certo Paul Small, cantante in voga in quegli anni e di cui si sono perse le tracce.


Il disco ottenne un discreto successo di vendite, ma negli anni successivi la canzone venne dimenticata. Solo nei primi anni '40, grazie al recupero da parte di alcune orchestre molto in voga come quelle di Glenn Miller, Tommy Dorsey e Claude Thornhill e, soprattutto, grazie all'interpretazione del 1942 di Frank Sinatra con l'orchestra di Alex Stordahl, il brano ritornò ad godere di grande popolarità. Nel raro video seguente è possibile vedere il cantante che nel 1943, in piena guerra, esegue il brano di fronte a una platea di militari accompagnato da un'orchestra di marinai.


Frank Sinatra mantenne a lungo questa canzone nel suo repertorio e nel 1958 ne realizzò una nuova versione più "moderna" con l'orchestra di Billy May inserita nel famoso album "Come and Dance with Me".



Questa rinnovata popolarità del brano indusse molti musicisti a realizzarne diverse versioni soprattutto strumentali, consacrando il brano a standard.
Fra queste alcune meritano di essere ricordate in quanto particolarmente interessanti jazzisticamente.
Cominciamo con Charlie Parker che nel 1952 ne incide una travolgente versione accompagnato dalla sola sezione ritmica composta da Max Roach, Hank Jones e Teddy Kotick.


Nel 1954 Benny Carter ne realizza un'altra eccellente incisione con un sestetto di tutto rispetto: Bill Harris al trombone, Oscar Peterson al piano, Herb Ellis alla chitarra, Ray Brown al basso e Buddy Rich alla batteria. 



Anche fra le numerose versioni vocali di quegli anni se ne trovano alcune molto interessanti, come quella del 1959 di Bill Henderson contenuta nell'album The Complete Vee-Jay Recordings


in cui il cantante è accompagnato dalla tromba di Booker Little, dal sax tenore di Yusef Lateef, dall'euphonium di Bernard McKinney e dalla "rhythm session" per antonomasia, quella del primo quintetto di Miles Davis con Wynton Kelly, Paul Chambers e Jimmy Cobb. Una versione vocale decisamente diversa da quella di Sinatra ed altrettanto straordinaria.


Fra le diverse versioni femminili realizzate in quegli stessi anni ho scelto di proporre quella di Nancy Wilson che si distingue per la verve vocale e per l'eccellente swing. Il video è tratto da un episodio della serie TV I Spy.


Un altro artista che ha amato molto questo brano è stato Chet Baker che nel corso della sua carriera ne ha incise diverse versioni. Fra questo ne ho scelto una vocale e strumentale, registrata a Milano nel 1959 dall'album Chet Baker with Fifty Italian Strings


in cui è spalleggiato, oltre che dagli archi, da un gruppo orchestrale composto da eccellenti jazzisti italiani (Gianni Basso, Glauco Masetti, Franco Cerri, Giulio Libano, ecc.)


Nello stesso anno a New York un gruppo di rinomati jazzisti guidati da Lee Konitz e Jimmy Giuffre e comprendente Warne Marsh al tenore, Bill Evans al piano Buddy Clark al basso, ecc., ne realizzò un'altra eccellente versione contenuta nell'album Lee Konitz meets Jimmy Giuffre



Versione resa molto particolare dai singoli interventi dei solisti, uniti al tipico arrangiamento west coast di Jimmy Giuffre.
Venendo ad anni più recenti un altro artista che ha spesso interpretato The Song is You è Keith Jarrett con il suo trio nei vari concerti dedicati agli standards. Il video seguente lo coglie nel 1986 in un concerto ad Antibes con i suoi partners abituali: Gary Peacock al basso e Jack DeJohnette alla batteria.


Il brano, in versione molto più lunga, è compreso anche nel CD doppio Still Live registrato qualche settimana prima a Monaco di Baviera, durante la stessa tournée, ed è considerato da diversi critici uno dei momenti migliori dell'album.


Anche Wynton Marsalis nel suo Marsalis Standard Time Vol. 1 del 1987 affronta con il suo quartetto questo brano dimostrando le sue straordinarie doti di creatività improvvisativa. 


Prima di chiudere vorrei proporre anche due diverse esecuzioni di artisti italiani, una maschile e una femminile. La prima è quella di un cantante molto popolare Nicola Arigliano, scomparso a 87 anni nel 2010, 



uno dei pochi "crooner" italiani, che alla tenera età di 79 anni, nel 2002, la realizzò nell'album My Name is Pasquale accompagnato da da un gruppo di jazzisti italiani.


La seconda è quella della giovane cantante bolognese Chiara Pancaldi che dedica a questo brano il titolo del suo disco di esordio


in cui il brano viene presentato con grande swing accompagnata da quattro valenti musicisti: Nico Menci al piano, Davide Brillante alla chitarra, Stefano Senni al basso e Vttorio Sicbaldi alla batteria, i quali non si limitano all'accompagnamento ma impreziosiscono l'esecuzione con i loro interventi.


A questo punto non resta che augurarvi buon ascolto.

domenica 18 dicembre 2011

Il jazz vocale al maschile in Italia

Repost from Splinder (12 dec. 2009)


In Italia non sono molti i cantanti maschi che si sono dedicati prevalentemente al jazz e che per questo sono diventati popolari, però molti cantanti di musica leggera, divenuti famosi, non hanno disdegnato di cimentarsi con il jazz, accompagnandosi a noti jazzisti o utilizzando arrangiamenti jazz, quasi per dare una patina di “nobiltà” al loro lavoro.
Fra i primi merita di essere ricordato Gegè Telesforo, vocalist, compositore, conduttore televisivo, cresciuto alla corte di Renzo Arbore, una specie di Bobby McFerrin nostrano, che negli anni ha affinato le sue qualità vocali, realizzando anche alcuni dischi interessanti. Qui lo vediamo, in un'esibizione televisiva di alcuni anni fa, duettare con Dee Dee Bridgewater.





Anche lo stesso Renzo Arbore, pur producendo musica di largo consumo, ha sempre mantenuto uno stretto contatto con il jazz, sia come musicista, sia come cantante. Nel seguente video si esibisce assieme a Lucio Dalla, anche lui nato come jazzista, divenuto poi famoso come cantante di musica leggera.


Negli ultimi anni ha raggiunto una notevole popolarità il catanese Mario Biondi, dalla voce scura, baritonale, da crooner, un po' alla Barry White, che possiamo ascoltare nel noto brano di Burt Bacharach Close to you.



Più difficile da catalogare è il pianista e cantante Sergio Cammariere, jazzista divenuto popolare grazie a San Remo, che qui possiamo ascoltare in una eccellente versione di Estate di Bruno Martino, brano divenuto ormai uno standard internazionale, con alla tromba Fabrizio Bosso. Il video è amatoriale, di qualità non perfetta, ma comunque godibile.


Lo stesso Bruno Martino (1925-2000) popolarissimo negli anni '60, nacque come pianista jazz, con l'orchestra di Piero Piccioni, trasferitosi all'estero cominciò a cantare casualmente. Rientrato in Italia ebbe un notevole successo sia come compositore sia come cantante. Un altro suo brano molto conosciuto è E la chiamano Estate, qui in un vecchio filmato RAI.



Anche l'indimenticabile Fred Buscaglione (1921-1960) nasce come musicista e cantante jazz, e durante la guerra, fatto prigioniero dagli americani, ebbe modo di suonare e cantare in una Band alleata. Nel dopoguerra fondò un gruppo jazz: gli Asternovas, che lo accompagnerà anche quando, dopo anni di gavetta, raggiunse il successo e la popolarità, fino a quando, in una notte del febbraio 1960, non andò a schiantarsi contro un albero con la sua fuoriserie americana.


Un altro popolarissimo cantante che ha spesso avuto legami con il blues e con il jazz è Pino Daniele che, soprattutto negli anni '80 chiamò a collaborare ai suoi albums jazzisti del calibro di Wayne Shorter (Bella 'mbriana), Gato Barbieri (Ferryboat) e altri, oltre ad intrattenere frequenti collaborazioni con jazzisti napoletani come in questo Je so pazzo del 1979.



Andando indietro negli anni un discorso a parte merita Nicola Arigliano (classe 1923 tuttora in attività) che da sempre ha alternato la musica leggera al jazz, e che negli ultimi anni ha ancor più privilegiato quest'ultimo, realizzando anche alcuni ottimi dischi con noti jazzisti italiani. Qui lo possiamo ascoltare in una esibizione di molti anni fa in Arrivederci, il brano di Umberto Bindi anch'esso divenuto ormai uno standard jazzistico, eseguito anche, fra gli altri, da Chet Baker



Negli anni a cavallo della II guerra mondiale, quando il jazz era formalmente vietato, alcuni famosi cantanti italiani cercarono comunque di ispirarsi al jazz ed allo swing.
Alberto Rabagliati (1906-1974), che per alcuni anni visse negli USA, fu uno dei primi a rifarsi, in alcune sue interpretazioni, alla musica d'oltre oceano. Un esempio è il brano che segue, in cui è accompagnato dall'orchestra Angelini, un'orchestra che si ispirava molto alle Big Bands americane.



Come Rabagliati anche Natalino Otto (1912-1969) ebbe un'esperienza americana e rientrato in Italia fece dello swing la sua principale cifra stilistica, ma la sua “esterofilia” venne avversata dal regime fascista e l'EIAR, l'ente radiofonico di stato, non trasmetteva le sue canzoni. Fu anche costretto a cambiare i titoli di alcune canzoni: St. Louis Blues divenne Le tristezze di San LuigiMister Paganini, divenne Maestro Paganini, ecc.. Nel brano che segue è accompagnato dal complesso di Franco Mojoli altro musicista sempre legato al jazz.



Ernesto Bonino (1922-2008) iniziò la sua carriera nel 1941, in piena guerra, ed anch'egli si ispirò molto alla musica americana al punto da meritarsi l'appellativo di Mr. Swing. Nel brano che segue è possibile ascoltarlo ai suoi esordi, accompagnato dall'orchestra di Pippo Barzizza, che nulla aveva da invidiare alle Big Bands statunitensi.



Tornando ai giorni nostri anche Gino Paoli in tempi recenti si è avvicinato al jazz, con un album e una tournée con alcuni jazzisti italiani di cui ho già parlato in un precedente post. (qui)

Chiudo questo breve e, necessariamente incompleto, excursus con una curiosità relativa ad un altro famoso componente della scuola genovese Luigi Tenco (1938-1967), che prima di diventare famoso cantava e suonava jazz come sassofonista con lo pseudonimo di Gordon Cliff. Qui lo possiamo ascoltare in un'interpretazione del 1960 di Love is Here to Stay di Gershwin con l'arrangiamento di un certo John Revi (meglio noto come Giampiero Reverberi).