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sabato 17 dicembre 2011

Chet Baker: due dischi “italiani”

Repost from Splinder (30 aug. 2009)


Sono ormai trascorsi più di ventun anni dal tragico e misterioso incidente che il 13 maggio 1988, ad Amsterdam, provocò la morte di Chet Baker, tuttavia il ricordo di questo straordinario artista resta indelebile nel cuore di coloro che hanno amato la sua musica, la sua voce morbida, diafana, la sua concezione poetica del jazz.
In questo blog negli anni scorsi gli ho già dedicato alcune pagine, ma oggi, continuando nel percorso estivo di recupero e segnalazione di miei vecchi vinile, voglio ricordare un paio di dischi riascoltati negli ultimi giorni, usciti giusto vent'anni fa, nel 1989, più o meno in occasione del primo anniversario della tragica scomparsa del trombettista.
Tra l'altro, casualmente, si tratta delle prime e delle ultime registrazioni effettuate in studio in Italia.
Partiamo dal più recente: Silence pubblicato postumo nel 1989 dall'italiana Soul Note (LP 121 172-2) e registrato  a Roma l'11 e 12 novembre 1987, pochi mesi prima della sua scomparsa.



 A1 Visa (C. Parker)
 A2 Silence (C. Haden)
 A3 Echi (E. Pieranunzi)

 B1 My Funny Valentine (Rogers - Hart)
B2 'Round Midnight (T. Monk)
 B3 Conception (G. Shearing)

This album is dedicated to Chet Baker. His perfect ear and beautiful sound will be missed by all us.


L'album, pur essendo uscito a nome di Charlie Haden, è dedicato a Chet ed in realtà egli ne è il principale protagonista, sia pure accompagnato da tre altrettanto importanti musicisti: Haden al basso, il nostro Enrico Pieranunzi al piano e il grande Billy Higgins alla batteria.

Questo disco è certamente uno dei migliori realizzati da Chet negli ultimi anni di vita, caratterizzati da una frenetica produzione, quasi tutta “live” e non sempre di elevata qualità, ma essenzialmente legata alle continue necessità economiche dell'artista, dovute all'uso della droga.
La straordinaria qualità dei suoi accompagnatori lo stimola e lo aiuta a dare il meglio di sé, nonostante le sue condizioni fisiche sempre più precarie ne riducano le qualità tecniche, compensate da ricchezza poetica e partecipazione emotiva.
Il lato A ci offre due eccellenti brani composti per l'occasione: lo struggente Silence, che da il titolo all'album, composto da Charlie Haden ed il brillante Echi di Enrico Pieranunzi, oltre al recupero di un poco noto brano di Charlie Parker: Visa, da lui inciso nel 1949 e mai più ripreso, almeno in disco.
Il lato B, invece, è dedicato agli standards, con l'immancabile My Funny Valentine, eseguita ad un ritmo insolito, con un lunghissimo 'Round Midnight che consente a tutti e quattro i membri del gruppo di esibirsi in pregevoli assolo ed in chiusura Conception, il brano di George Shearing, reso celebre dall'interpretazione di Miles Davis.
Un disco che non può mancare in una ideale discografia del trombettista.
Con il prossimo disco, invece, torniamo indietro di 50 anni, al 1959. Si tratta di Chet Baker in Milan (JAZZLAND JLP 18) una riedizione statunitense del 1989, di alcune incisioni realizzate allora per la casa discografica italiana Celson. Gli otto brani contenuti in questo LP vennero all'epoca pubblicati anche in due 45 gr. EXP, oggi introvabili.


 A1 Lady Bird (C. Parker)
A2 Cheryl Blues (C. Parker)
 A3 Tune Up (M. Davis)
A4 Line for Lyons (G. Mulligan)

B1 Pent Up House (S. Rollins)
 B2 Looking for the Silver Lining (J. Kern)
 B3 Indian Summer (H. Dubin)
B4 My Old Flame (Coslow, Johnston)

All'epoca Chet era popolarissimo, e tornava in Italia per la seconda volta. Il nostro paese era una delle sue mete preferite, in quanto vi si sentiva ammirato e accolto con affetto dal pubblico e dai colleghi. Gli echi dei suoi successi californiani con Gerry Mulligan erano ancora vivi.
La volta precedente, nel 1955-56, pur essendosi fermato in Italia per alcuni mesi, suonando in diverse città, dove i suoi concerti vennero spesso registrati dal vivo, non era mai entrato in uno studio di registrazione. Questa volta invece due intraprendenti discografici italiani, i fratelli Guntler, pensarono di proporgli alcune sedute affiancandogli alcuni dei migliori jazzisti italiani dell'epoca. Questa fu anche la sua prima seduta d'incisione europea.
L'intera serie è stata ripubblicata in CD: The Complete Chet Baker 1959 Milan Sessions (King Jazz 185)
Questo LP contiene solo una parte di quelle incisioni, quelle con Gianni Basso: sax tenore, Glauco Masetti: sax alto, Franco Cerri: basso, Renato Sellani: piano e Gene Vincent: batteria.
Quell'esperienza fu molto importante per i nostri musicisti. Gianni Basso ricorda così quei giorni:
«Tutti noi eravamo dei fan di Chet e fu un onore fare una session con lui, il problema è che era un tipo assolutamente imprevedibile: la sera preparava dei pezzi e il giorno dopo arrivava in studio con una scaletta da registrare completamente diversa, in cui magari c' erano brani di Charlie Parker, Miles Davis e del suo amico Gerry Mulligan. E noi dovevamo stargli dietro. Fu una bella palestra», (La Repubblica, 13 agosto 2008).
Il Chet Baker che si ascolta in questi brani è molto diverso. Qui aveva quasi 30 anni di meno e la brillantezza del suono non era ancora offuscata dalle future traversie fisiche e morali.
I primi 6 brani in sestetto sono pieni di verve e ci riportano ai fasti del bop e del jazz californiano e l'apporto dei colleghi italiani non fa rimpiangere i migliori specialisti d'oltreoceano.
Negli ultimi due brani, invece, Chet ci regala, accompagnato dalla sola ritmica, due splendide ballads, interpretate da par suo.
Per avere un'idea di cosa stò parlando ascoltate i due brani seguenti: nel primo il sestetto esegue il noto brano di Tadd Dameron e nel secondo possiamo goderci la splendida ballad Indian Summer.

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Concludo riportando il lusinghiero giudizio sui musicisti italiani in questo disco, espresso da un critico statunitense in una recensione dell'epoca:
«Se l'adagio che la musica è un linguaggio universale non fosse mai stato provato prima, qui, con certezza, diventa ovvio. I musicisti italiani mostrano piena familiarità con una forma d'arte decisamente americana come il jazz, al punto che gli assolo dei sassofonisti sono spesso più fluidi di quelli dello stesso Chet. Il fatto che i nomi di questi musicisti non siano noti non deve dissuadere gli amanti del jazz californiano dall'acquistare una copia di Chet Baker in Milan».
Che dire di più!!

mercoledì 14 dicembre 2011

Gianni Basso, Oscar Valdambrini & Dino Piana: due dischi storici.

Repost from Splinder (19 maj 2009)


Finalmente dopo 50 anni vengono pubblicati in CD dalla casa discografica Deja Vu di Paolo Scotti i due primi storici LP del quintetto Basso Valdambrini: l'omonimo BASSO VALDAMBRINI QUINTET del 1959 e BASSO VALDAMBRINI plus DINO PIANA del 1960.
I due dischi vengono presentati in una gradevole confezione cartonata che riproduce esattamente le copertine dell'epoca.
Gianni Basso (sax tenore e clarino, 1931) e Oscar Valdambrini (tromba, 1924-1996), due “Giganti del Jazz Italiano”, entrambi piemontesi, hanno iniziato la loro lunga e felice collaborazione nei primi anni '50, militando insieme in vari contesti, fra i quali l'orchestra di Armando Trovajoli, raggiungendo uno straordinario affiatamento. Nel 1955 furono fra i fondatori del Sestetto Italiano, primo storico gruppo nazionale che si ispirava alle novità jazzistiche provenienti d'oltreoceano e che comprendeva anche Attilio Donadio al sax alto, Giampiero Boneschi al piano, Berto Pisano al basso e Rodolfo Bonetto alla batteria.

Nel 1956 quel gruppo prese parte al 1°Festival del jazz di Sanremo, ma nella stessa serata i due presentarono anche un quintetto a loro nome, costituito per l'occasione e che comprendeva Renato Angiolini al piano, Berto Pisano al basso e Gil Cuppini alla batteria, una specie di antesignano del futuro gruppo stabile.
Nel 1958 si esibirono nuovamente in quintetto a Sanremo con Enrico Intra al piano per Angelini.
I due dal 1956 suonavano stabilmente, con varie formazioni, anche alla Taverna Messicana di Milano, luogo di ritrovo di tutti i jazzisti italiani e stranieri di passaggio nel capoluogo lombardo. Nella foto seguente li vediamo nel novembre del 1958 assieme a Billie Holiday con il gruppo del momento, comprendente ancora Intra al piano (di lì a poco sostituito da Renato Sellani), Giorgio Azzolini al basso e Gianni Cazzola alla batteria. La cantante era stata accompagnata nel locale da alcuni ammiratori per farle dimenticare i fischi della infelice esibizione al teatro Smeraldo.


Da sinistra a destra Intra, Valdambrini, la Holiday, Azzolini, Basso e Cazzola


Nel febbraio del 1959 il quintetto poté finalmente entrare in sala d'incisione per realizzare il primo LP a proprio nome.

La formazione aveva raggiunto un livello qualitativo eccellente, il risultato fu di altissimo livello e l'album riscosse un ampio successo di critica e venne pubblicato anche negli USA. Ascoltandolo oggi se ne trae ancora una indescrivibile emozione e non sembra assolutamente che siano trascorsi 50 anni.
L'anno seguente il gruppo tornò in sala d'incisione rinforzato dal trombonista Dino Piana, recente rivelazione del concorso radiofonico La Coppa del Jazz.


Fu un connubio straordinariamente felice e mise definitivamente in luce colui che era destinato a divenire il miglior trombonista italiano di jazz moderno. Anche questo secondo album è da considerarsi una vera e propria perla nel panorama discografico di quegli anni, e la sua ripubblicazione non può che essere accolta con grande piacere.
Trent'anni dopo, nel 1990, per celebrare questo prima felice incontro il gruppo si riunì per esibirsi nuovamente in diverse città italiane. In tale occasione Lino Patruno realizzò delle interviste con alcuni dei protagonisti, completate dall'esecuzione da parte del sestetto del classico brano di Gerry Mulligan Bernie's Tune, e che possono essere viste di seguito, grazie alla cortesia del maestro Patruno, che mi ha autorizzato ad utilizzarle.



giovedì 1 dicembre 2011

Gino Paoli incontra il jazz: Milestones

Pubblicato domenica 2 settembre 2007


Gino Paoli è più o meno mio coetaneo e le sue canzoni, con quelle di Tenco, De André e Lauzi, hanno fatto parte della colonna sonora della mia gioventù. Poi, negli anni, sia per il mio crescente interesse per il jazz, sia per il suo repertorio per me sempre meno interessante, ho smesso quasi completamente di seguirlo.
Pertanto è stata una piacevole sorpresa il suo ultimo album Milestones - Un incontro in Jazz uscito verso la fine di maggio, ma che solo da qualche giorno ho avuto modo di ascoltare. 



Risentire Sassi, La gatta, (conservo ancora il 45 giri Ricordi che comprendeva queste due canzoni) Sapore di saleIl cielo in una stanzaChe cosa c'è ed altri suoi successi, in questa veste jazz con l'apporto di musicisti del calibro di Enrico Rava e Flavio Boltro alla tromba, Danilo Rea al piano, Rosario Bonaccorso al basso e Roberto Gatto alla batteria è stata una vera emozione.
Molto belle anche le esecuzioni di classici standards come Time after time con in evidenza la tromba di Rava oppure I fall in love too easily e soprattutto Stardust, dedicata a Hoaghy Carmichael, un riconoscente omaggio al grande compositore statunitense che, dopo aver ascoltato Senza fine, gli scrisse complimentandosi e dicendogli che quella canzone avrebbe voluto scriverla lui.
Una struggente esecuzione accompagnata solo dai pianoforti di Rea e di Renato Sellani, aggiunto in questo brano.
Un album molto bello tutto da sentire e risentire.
Per rispetto alle norme sui diritti d'autore, trattandosi di un album uscito da poco non metto nessun brano da ascoltare, però su YouTube ho trovato un breve filmato ripreso da un concerto della tournée che questa estate, grazie al successo del disco, ha girato per l'Italia. La qualità lascia un pò a desiderare però un'idea dell'atmosfera la dà comunque.