Visualizzazione post con etichetta gorni kramer. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta gorni kramer. Mostra tutti i post

martedì 18 settembre 2012

I miei standards preferiti: Blue Skies (1927)


Per questo decimo capitolo della serie dedicata agli standards ho pescato nello sterminato Songbook di uno dei più prolifici e geniali compositori: Irving Berlin (1888 - 1989) che fu anche paroliere di se stesso.


Nato in Siberia da genitori ebrei - il suo nome era Israel Baline -  quando aveva 4 anni i genitori dovettero emigrare negli USA, per sfuggire ad uno dei tanti sanguinosi progroms zaristi, e si stabilirono a New York dove egli intorno ai 20 anni iniziò la sua lunga e fortunata carriera, avviata quasi subito al successo con Alexander Ragtime Band del 1911.
Blue Skies invece è del 1927 ed ebbe una genesi casuale, infatti venne richiesta all'autore, all'ultimo momento, per completare le musiche di una rivista di Broadway, scritta da Rogers e Hart: Betsy.
Mentre il musical in sé fu tutt'altro che un successo e venne sospeso dopo solo una trentina di repliche, la canzone fin dalla prima serata venne accolta con straordinario calore dal pubblico che, alla fine dello spettacolo, chiese ben 24 bis.
La prima registrazione discografica venne realizzata da Ben Selvin e raggiunse subito il primo posto nelle vendite discografiche di quello stesso anno. Quella versione è presentata qui di seguito


La popolarità del brano era tale che, quello stesso anno, venne incluso anche nel primo film sonoro della storia del cinema The Jazz Singer, eseguito da Al Jolson.




Il successo, grazie ai dischi e al film, si estese anche all'Europa, dove la canzone venne ripresa ed incisa da Josephine Baker,




Da allora il brano è divenuto gradualmente un successo planetario eseguito della orchestre più famose e dai cantanti più illustri, raggiungendo più volte nelle varie interpretazioni i vertici delle classifiche discografiche.
Benny Goodman lo incluse nel suo repertorio fin dagli inizi e lo esegui anche nel famoso concerto del 1938 che per la prima volta fece entrare il jazz alla Carnegie Hall, fino ad allora tempio della musica classica.




Anche Duke Ellington, nei vari concerti che negli anni '40 tenne alla Carnegie Hall, ne presentò un particolare arrangiamento di Mary Lou Williams, intitolato Trumpet No End, che metteva in evidenza la sezione di trombe dell'orchestra. Di seguito l'esecuzione che chiudeva il concerto del 27 dicembre 1947. le trombe sono: Francis Williams, Al Killian, Shorty Baker e Shelton Hemphill.


L'orchestra di Tommy Dorsey ne affidava invece l'interpretazione alla voce della stella emergente dell'epoca: Frank Sinatra, qui in una incisione del 1941.



Il brano ebbe all'epoca, una certa diffusione anche in Italia grazie all'interpretazione di Gorni Kramer



che all'inizio degli anni '40 ne incise una versione con il suo complesso e che, per le note leggi contro le parole straniere, dovette intitolare: Cieli Azzurri.

.

Nel dopoguerra la popolarità del brano rimase invariata per molti anni, grazie a numerose versioni, soprattutto vocali, che si susseguirono nel tempo.
Fra queste ne segnalo due, una femminile e una maschile, che a mio avviso, sono fra le più significative dal punto di vista jazzistico.




La prima è di Dinah Washington, dall'album  After Hours with Miss D del 1953 con, fra gli altri, Junior Mance al piano, Eddie"Lockjaw" Davis al sax tenore e Clark Terry alla tromba.



La versione maschile scelta è quella di Johnny Hartman dall'album All of Me del 1956


con l'orchestra di Ernie Wilkins comprendente, fra gli altri, Howard McGhee alla tromba, Lucky Thompson al sax tenore e Hank Jones al piano.




Nel 1978 la canzone ebbe una seconda giovinezza grazie al famoso folk-singer Willie Nelson, il quale, con una versione vagamente country, raggiunse i vertici delle vendite, rimanendovi per lungo tempo e l'album Stardust che comprendeva il brano vendette milioni di copie ed ancora oggi risulta fra i suoi più veduti.




In questi ultimi 30 e passa anni la canzone ha continuato ad essere riproposta, sia in versione strumentale, sia in versione vocale da numerosissimi artisti. Fra le diverse decine di esecuzioni più o meno brillanti ne ho scelto tre differenti per stile e qualità. La prima del 1994 vede Oscar Peterson, cimentarsi con il violinista classico Itzak Perlman. Due virtuosi dei rispettivi strumenti in una esecuzione che si differenzia da quelle più diffuse.


La cantante e band leader canadese Susie Arioli nel 2008 ne incluse una versione nel suo album "Night Light


che ebbe un discreto successo e venne spesso ripresa nei diversi concerti. Di seguito l'esecuzione al Festival del Jazz di Montreal del 2011. Una vivace versione Live che conferma la popolarità della canzone, nonostante i suoi 85 anni.


Concludiamo questa rassegna con una voce maschile, quella del crooner nostrano Mario Biondi con l'esecuzione tratta dal suo eccellente doppio CD dello scorso anno: Due.

mercoledì 21 dicembre 2011

I miei standards preferiti: After You've Gone (1918)

Repost from Splinder (3 apr. 2011)

Quando ho ascoltato questo brano per la prima volta ero un ragazzino; l'occasione fu il film a cartoni animati della Disney Musica Maestro (Make Mine Music, 1946) e mai avrei immaginato allora che quel divertente motivetto, sarebbe diventato uno dei miei standard preferiti. Il film era un maldestro tentativo di replicare il successo di Fantasia (1940) ed è rimasto uno dei meno noti.


Questo brano, in assoluto uno dei più battuti dai jazzisti di tutto il mondo (assieme a St. Louis Blues e Indiana), venne scritto più di 90 anni fa da due artisti di vaudville neri: il pianista Turner Layton ed il cantante e ballerino Henry Creamer, che, grazie al successo riscosso dal brano, divennero poi una famosa coppia di autori di canzoni.
page1-468px-After_You've_Gone.pdf

Cantato per la prima volta in teatro nel 1918 da Al Jolson, venne inciso nello stesso anno da Marion Harris, la prima cantante bianca ad attingere per suo repertorio a materiale di compositori afro-americani. Il disco ottenne un buon successo di vendite per l'epoca, rimanendo per ben 3 settimane in testa alle classifiche.
Marion Harris 2


Il motivo venne riproposto negli anni successivi da numerosi artisti, ma solo nel 1929 ebbe la sua consacrazione definitiva, grazie a Louis Armstrong, in quegli anni al massimo della sua vitalità artistica, che il 26 novembre ne incise una versione strumentale e vocale rimasta negli annali.

After You've Gone by Louis Armstrong on Grooveshark

Da allora tutti i più famosi musicisti ne dettero una loro interpretazione. Memorabili restano quella strumentale del trio di Benny Goodman con Teddy Wilson e Gene Krupa (1935), quella di Django Reinhardt e Stephane Grappelli (1936) ed infinite altre. 
La popolarità del brano raggiunse anche l'Italia e nel 1938 Gorni Kramer, attenendosi ai diktat del regime sui termini stranieri, incise Dopo l'Addio con un quintetto comprendente Enzo Ceragioli al piano e Luciano Zuccheri alla chitarra, due musicisti che diverranno molto noti nei primi anni '50.

Dopo l'Addio (After you've gone) by Gorni Kramer on Grooveshark

Fra le centinaia di interpretazioni realizzate negli ultimi 50 anni ne ho scelte alcune degne di essere ricordate per la loro particolarità:
dalla essenziale ed intimistica versione di Nina Simone del 1974, decisamente atipica,



a quella spettacolare ed energica, stile Broadway, di Linda Hopkins del 1990



ed ancora quella più “classica” di Ella Fitzgerald con la strepitosa orchestra di Count Basie al Festival di Montreux del 1979.



Ed infine, dopo tre mostri sacri, per confermarne lo stato di evergreen, una recente swingante interpretazione della giovane cantante ungherese Veronika Harcsa, una delle migliori voci del panorama musicale europeo degli ultimi anni.

mercoledì 7 dicembre 2011

Ricordo di Gorni Kramer, pioniere del jazz italiano


Pubblicato martedì 27 maggio 2008


A chi, come me, negli anni ’50 era un ragazzo, Gorni Kramer (1913 – 1995) era noto per le sue presenze televisive a spettacoli storici come Il Musichiere o Milleluci o come autore, con Garinei e Giovannini, di divertenti commedie musicali o ancora per divertenti sketch pubblicitari per Carosello, come quello con Lelio Luttazzi che qui vi propongo




Insomma essenzialmente un divo televisivo, una star del mondo dello spettacolo.
Grande era anche il suo contributo alla canzone italiana con decine e decine di brani di grande successo interpretati dai cantanti più popolari di allora: Ernesto Bonino, Natalino Otto, Renato Rascel, Alberto Rabagliati, il Quartetto Cetra, ecc.. La colonna sonora della gioventù di molti della mia generazione è costellata di sue canzoni come Un palco della ScalaDonnaMerci BeaucoupDomenica è sempre domenica, o ancora dalla particolarissima Un bacio a mezzanotte, costruita su due piani vocali, con due temi distinti ma armonizzati, una vera “chicca” compositiva. Ricordo ancora la difficoltà e il divertimento nel cimentarsi con gli amici e le morose nell'esecuzione, quasi sempre con risultati disastrosi.
 

 Solo anni dopo, quando cominciai a documentarmi sul jazz, appresi che prima di diventare un popolare e simpatico uomo di spettacolo Kramer era stato per ben 15 anni (1935 -1950) uno degli alfieri del jazz italiano.


Nato a Rivarolo Mantovano il 2 luglio 1913 venne battezzato con il nome Francesco Kramer (di cognome faceva Gorni), nome scelto dal padre, musicista appassionato di ciclismo, in onore di Francis Kramer, campione mondiale di ciclismo su strada del 1912.
Il padre, Francesco Gorni, era un discreto fisarmonicista, abbastanza noto nella bassa padana, detto anche “il Gallo” per una certa “popolarità” fra le giovani donne. Anche Kramer si dedicò presto allo studio della musica; iniziò suonando la fisarmonica, dimostrando subito uno spiccato talento. Già a 9 anni si esibiva in pubblico in duo col padre e presto cominciò anche a «improvvisare sulle polche e le mazurche, perché mi stancavo a suonare sempre lo stesso pezzo».
Affinché quell’evidente talento non andasse sprecato venne iscritto al Conservatorio di Parma dal quale, a soli 17 anni, uscì diplomato in contrabbasso, strumento scelto in quanto la fisarmonica non era considerata abbastanza “nobile”.
In quegli anni oltre a studiare la musica classica, iniziò a scoprire il jazz, come raccontava lui stesso:
«negli anni ’20 giunsero a Rivarolo Mantovano molte persone che ritornavano dall’America dove erano emigrate quindici o vent’anni prima e portavano con loro molti dischi di musica americana da ballo, di Paul Whiteman e altre orchestre, rimasi folgorato. Più tardi quando avevo sedici o diciassette anni verso il ‘29 o il ’30, cominciai a conoscere personaggi come Ellington e Armstrong. Insomma mangiavo pane e Ellington»,
Dopo il conservatorio cominciò a suonare in varie orchestre da ballo inizialmente con il contrabbasso, poi anche con la fisarmonica e fu allora che decise di invertire il nome con il cognome, da cui Gorni Kramer, che gli dava un certo fascino straniero, grazie anche all’erre moscia alla francese.
Il jazz tuttavia gli era entrato nelle vene e nel 1934 si trasferì a Milano dove ottenne una scrittura all’Embassy Club. Inizialmente si esibiva con un quintetto, poi formò una vera e propria orchestra, detta l’orchestra del Circolo dell’Ambasciata, dato che, nel frattempo, a causa della lotta contro gli anglicismi, il Club aveva cambiato nome.
Con il quintetto, che comprendeva oltre a Kramer alla fisarmonica, Romero Alvaro (piano e violino), Armando Camera (chitarra) Ubaldo Beduschi (basso) e Luigi Redaelli, detto Pippo Starnazza per la sua prorompente vivacità (batteria), nel giugno del 1935, venne inciso per la Fonit il primo brano Anime Gemelle (in titolo italiano nascondeva I Wish I Were Twins di Frank Loesser.



Le evidenti sfumature jazzistiche della musica suonata da Kramer se da una parte facevano storcere un po’ il naso agli attempati clienti del club, dall’altra riscuotevano un notevole interesse fra il pubblico più giovane, che aveva sete di novità e che si abbeverava ai pochi dischi provenienti dall’America, che circolavano clandestinamente.
Da quella prima volta Kramer si trovò, sempre più spesso, dal 1936 al 1944, in sala d’incisione sia con il quintetto, sia con l’orchestra, e proprio in quegli anni di difficoltà per il jazz1, egli incise una grande quantità di brani, diventando il jazzista italiano più registrato. Si trattava di un tipo di jazz che si ispirava alla lezione dei classici, da Fats Waller a Benny Goodman, interpretato con grande cura da musicisti molto dotati. A conferma di ciò vi propongo due brani, un brillante China Boy del 1939 eseguito dai Three Niggers of Broadway, che qui però sono cinque, oltre a Kramer, suonano Enzo Ceragioli al piano, Aldo Rossi al sax alto, Cosimo Di Ceglie alla chitarra e “Pinun” Ruggeri alla batteria.



Il secondo brano è invece un Body and Soul del 1940 eseguito da Kramer con l'accompagnamento ritmico, un'esecuzione di grande spessore che nulla ha da invidiare ad altre più celebri interpretazioni.


Nel 1936 incise sia con il quintetto per la Fonit, sia con l’orchestra per la Columbia, un brano molto particolare, Crapa Pelada, versione jazz di una popolare filastrocca lombarda, forse il primo brano jazz tutto italiano, che secondo alcuni, può considerarsi una specie di rap ante litteram. Non solo ma alcuni zelanti funzionari di partito vi videro un riferimento satirico a Mussolini, anche se la cosa poi non ebbe seguito.


Quella mole di registrazioni, dopo un oblio di oltre mezzo secolo, oggi è nuovamente in larga parte disponibile, grazie alla lodevole iniziativa della casa discografica romana Riviera Jazz Records che ha pubblicato ben 4 CD come le migliori incisioni di quegli anni.


Finita la guerra, grazie anche alla ritrovata libertà, l’attività jazzistica di Kramer, che nel frattempo aveva acquisito anche una certa popolarità grazie ad alcune canzoni di successo come Un giorno ti dirò e Pippo non lo sa, riprese con grande intensità. Vi era una grande richiesta di musica anche per le truppe americane, e Kramer cominciò a cercare musicisti per un nuovo gruppo, andando dove si faceva musica.
Tra i musicisti scritturati per quella nuova avventura c'era anche Franco Cerri un giovane chitarrista sconosciuto, che diventerà uno dei più apprezzati jazzisti della nuova generazione. Lo stesso Cerri raconta così il loro primo incontro:
«Lo avevo conosciuto nel 1945, lui famoso, io esordiente, in uno di quei balli che subito dopo la guerra si organizzavano nei cortili. Capitò lì come per caso e chiese se nella nostra orchestrina di “liscio” qualcuno conoscesse pezzi di jazz. Io già facevo qualcosa con Giampiero Boneschi e mi feci avanti. Suonammo in duo per mezz'ora buona. Un sogno»,
Un mese dopo Cerri entrò a far parte del nuovo gruppo e rimarrà con Kramer per diversi anni.
Le due foto d'epoca che propongo ci mostrano la realtà di quegli anni, la prima sembra essere la fotto ufficiale del gruppo con Cerri primo a sinistra e Kramer a centro


la seconda presenta il gruppo in un contesto da “sagra paesana”; oltre a Cerri e Kramer si vede un gruppo vocale con Felice Chiusano, Virgilio Savona e altri due non distinguibili, forse Tata Giacobetti e Enrico De Angelis, ovvero il Quartetto Cetra prima maniera.


Il gruppo successivamente si allargò fino a formare una vera big band che suonava spesso alla radio e che registrò anche diversi dischi.
Nel 1949 la carriera jazzistica di Gorni Kramer ottenne la massima consacrazione essendo stato invitato a rappresentare l'Italia, come bassista in trio con Armando Trovajoli e Gil Cuppini, al famoso Festival del Jazz di Parigi, che vide la partecipazione di musicisti del calibro di Charlie Parker, Miles Davis, Don Byas, Max Roach, i quali per la prima volta si esibivano in Europa.
Dopo questo exploit la sua militanza jazzistica andò gradualmente riducentosi e i suoi interessi principali divennero la musica leggera, le commedie musicali e poi la televisione, anche se nella sua musica lo swing e il ritmo fecero sempre capolino, e il jazz gli rimase sempre nel cuore.
Concludo queste brevi note con le parole, che condivido in pieno, del fisarmonicista Gianni Coscia, grande ammiratore di Kramer, cui ha dedicato nel 1999 un bellissimo CD A Kramer piaceva così,
«... noi italiani non lo abbiamo capito del tutto. Lo avremmo dovuto valorizzare esattamente come hanno saputo fare i francesi per Django Reinhardt, in quanto Kramer non è stato meno importante per noi di Django. Del resto come solista di fisarmonica jazz, è arrivato prima dei francesi e degli americani più celebrati».