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martedì 4 settembre 2012

I miei standards preferiti: What's New (1939)

Nell'ottobre 1938 Bob Haggart, bassista e compositore, all'epoca membro dell'orchestra di Bob Crosby, scrisse I'm Free, pensando alla tromba dell'amico Billy Butterfield, collega nella stessa orchestra. Un brano eccellente molto apprezzato da Crosby e che venne subito registrato con una pregevole esecuzione proprio di Butterfield. Il solista al sassofono è Eddie Miller.


Vista la notevole qualità della musica, l'anno successivo il paroliere Johnny Burke la corredò con un romantico testo sull'incontro fra due ex amanti che intitolò What's New. 



La canzone venne subito registrata dal cantante più in auge del momento: Bing Crosby, fratello di Bob, che ne fece un grande successo di vendite.




Il brano divenne presto famoso e venne ripreso da molte orchestre raggiungendo un'enorme popolarità.
Negli anni del dopoguerra si annoverano decine di versioni sia strumentali, sulle quali tornerò in seguito, sia vocali. Fra quest'ultime, veramente numerose, tre in particolare meritano, a mio avviso, di essere ricordate, dal punto di vista jazzistico. La prima è quella realizzata nel dicembre del 1954 dalla giovane Helen Merrill, nell'omonimo disco di esordio, accompagnata da un gruppo di musicisti di grande livello fra i quali spicca la tromba di Clifford Brown.


La seconda. dell'anno successivo, è quella di Billie Holiday, che solo verso la fine della carriera, affrontò questo brano, incluso nell'album Velvet Mood, un Lp di standards 


realizzato con la collaborazione di un notevole gruppo di jazzisti come Harry "Sweet" Edison alla tromba, Benny Carter al sax alto, Jimmy Rowles al piano, Barney Kessel alla chitarra, ecc.. La copertina  un pò ruffiana, venne scelta per attirare anche acquirenti non del tutto interessati al jazz.


La terza versione è quella realizzata dal grande Satchmo nel 1957 contenuta nell'album Louis Armstrong meets Oscar Peterson,


sicuramente la miglior versione vocale maschile mai realizzata.




Di notevole spessore jazzistico sono anche molte versioni strumentali, che vedono impegnati alcuni dei maggiori jazzisti di quegli anni. 
Iniziamo però con una curiosità: siamo nel 1952, anno fra i più difficili nella carriera di Miles Davis, come lui stesso affermò nella sua biografia: «Ero sprofondato in una sorta di nebbia, ero sempre fatto e sfruttavo le donne per la roba [...] avevo una scuderia di puttane che battevano per me» e qui lo troviamo a fare da spalla a Jimmy Forrest, un modesto sassofonista che quell'anno aveva raggiunto una certa popolarità grazie al brano Night Train, che aveva scalato tutte le classifiche. La registrazione venne effettuata dal vivo al Barrell, un night club di Delmar in Missouri nel marzo 1952.


Non si tratta certo di una esecuzione memorabile, gli assolo sono elementari, ma resta comunque un documento interessante.
L'esecuzione  che propongo di seguito, realizzata nel 1956, dal vivo, dal quintetto di Clifford Brown e Max Roach, sembra venire da un altro pianeta. L'assolo di Brownie è strepitoso per originalità e fantasia.



Un altra esecuzione interessante e particolare è quella del trombettista canadese Maynard Ferguson realizzata all'inizio degli anni '50 con l'orchestra di Stan Kenton


Oltre ai numerosi trombettisti che, sulle orme di Billy Butterfield, nel tempo si sono cimentati con questo standard, anche molti sassofonisti, affascinati dalla straordinaria dolcezza della melodia, che ne faceva una ballad perfetta, ne diedero una propria lettura.
Cominciamo con Serge Chaloff, sassofonista baritono, uno dei Four Brothers di Woody Herman, che nel 1955, un anno prima della sua prematura scomparsa, ne incise una suadente versione con un proprio sestetto 


L'anno seguente fu la volta dell'altosassofonista Art Pepper che ne realizzò una versione in quartetto, anche questa altrettanto originale  e intrigante


In questa selezione non poteva mancare colui che è considerato lo specialista assoluto delle ballads, il tenorsassofonista Ben Webster che nel 1965 la incluse nel suo splendido album There Is No Greater Love, una specie di compendio del meglio delle ballads. Il pianista è Kenny Drew, al basso N-H. Ø. Pedersen e alla batteria Alex Riel. La perfezione assoluta!


Molto diversa, ma altrettanto toccante, è la lettura che John Coltrane ne dà con il suo classico quartetto, contenuta nell'album Ballads del 1961.


Questo standard è stato spesso eseguito anche da molti jazzisti italiani fra i quali ricordo Enrico Rava (in Age Mur con Lee Konitz), Massimo Urbani che ne ha realizzato diverse versioni, Franco Ambrosetti, Francesco Cafiso e molti altri. Tuttavia la versione più interessante, dal punto di vista storico, è quella realizzata nel 1988 da Lino Patruno con un quintetto che comprendeva al basso proprio Bob Haggart, il compositore del brano. Una vera perla per concludere questa carrellata su uno degli standards più famosi e popolari.

martedì 27 dicembre 2011

I miei standards preferiti: I Remember Clifford (1957)

Questo brano è sicuramente il più famoso canto funebre del jazz. Venne scritto dal sassofonista Benny Golson, profondamente colpito per la prematura scomparsa nel 1956 a soli 25 anni, del quasi coetaneo collega Clifford Brown, astro emergente della tromba. Di seguito un raro video di Clifford Brown ripreso un anno prima dell'incidente.




Benny Golson all'epoca suonava con l'orchestra di Dizzy Gillespie e racconta che quando appresero la notizia dell'incidente automobilistico in cui persero la vita oltre a Brown anche il pianista Richie Powell, fratello di Bud, e la moglie, stavano suonando all'Apollo Theatre di New York.

benny golson



La notizia sconvolse tutti i musicisti, molti dei quali piangevano mentre suonavano. Da quell'emozione scaturì l'ispirazione a Golson per questo splendido brano che venne eseguito per la prima volta nel 1957 proprio dall'orchestra di Gillespie. Nel video seguente Dizzy Gillespie l'esegue al Festival di Newport nel luglio dello stesso anno.





L'anno seguente Golson venne chiamato da Art Blakey a far parte dei Jazz Messengers, ed il brano entrò stabilmente nel repertorio del gruppo. Di quel periodo è il video seguente con Lee Morgan alla tromba e lo stesso Golson al sax. Il pianista è Bobby Timmons.





Nel 1961 a Parigi Don Byas e Bud Powell, accompagnati da Pierre Michelot al basso e Kenny Clarke alla batteria, ne registrarono una struggente versione. L'esecuzione di questo brano per Powell aveva un significato speciale in quanto in quell'incidente perirono anche suo fratello e la cognata.



Il brano, negli ultimi 50 anni, è diventato una delle composizioni più eseguite e più amate al mondo e grazie ai versi scritti da Jon Hendricks è stata eseguita anche da molti cantanti. Fra le varie versioni vocali in circolazione, a mio parere, quella di Helen Merrill, che con Brown aveva realizzato uno splendido disco, è una delle più sentite. La tromba è quella di Roy Hargrove.





Nel 1986, nel 30° anniversario, Keith Jarrett riprende il brano e con il suo trio e ne da una lettura che ne evidenzia la straordinaria liricità e bellezza







Ancora oggi il brano è spesso eseguito dai musicisti contemporanei come dimostrano i due successivi video. Nel primo troviamo Fabrizio Bosso in un concerto con Italian Big Band di Marco Renzi al teatro Petruzzelli di Bari lo scorso anno.






Infine il giovane trombettista cubano Gendrickson Mena con il sestetto di Gianni Cazzola ripresi a Busto Arsizio lo scorso maggio.



sabato 17 dicembre 2011

Il canto jazz coniugato al femminile – parte II

Repost from Splinder (23 nov. 2009)

In questa seconda selezione di canto jazz al femminile ho ampliato il panorama, spaziando anche verso aree più esotiche, in un lasso di tempo che va dai primi anni '50 ad oggi.


YOUNG GIRLS & OLD LADIES part 2
    singing and playing
    JAZZ
    selected by Jazzfan37


    01. Caterina Valente – I'll Remember April (da “Chet Baker & Lars Gullin quint.  Live in Stuttgart” 1955)
    02. Shirley Horn – Lonely Town (da “ Charlie Haden [Quartet West] - The Art of Song ” 1999)
    03. Ruth Brown – You Won't Let Me Go (da “Fine Brown Frame” con Thad Jones & Mel Lewis orch. 1968)
    04. Ella Fitzgerald – Black Coffee (da “The Intimate Ella”  1960)
    05. Renee Olstead – Someone to Watch Over Me (da “Renee Olstead” con Chris Botti 2005)
    06. Cleo Laine – Skylark (da “Sometimes When We Touch” con James Galway 1991)
    07. Sophie Milman – Love for Sale (da “ Take Love Easy” 2009)
    08. Sue Matthews – I Love Beeing Here with You (da “When You're Around” 1993)
    09. Jacintha – Smile (da “Lush Life” 2001)
    10. Ruth Cameron – One for My Baby (da “Roadhouse” con Charlie Haden 2000)
    11. Cinzia Roncelli – Moon River ( da “My Shining Hour” con Francesco Cafiso 2009)
    12. Patrizia Conte – I'm Glad There's You  (da “Steppin' Out” con Gianni Basso & Andrea Pozza 2005)
    13. Lilian Terry – Body and Soul (da “JOo-Shoo-Be-Doo-Be... Oo, Oo” con Dizzy Gillespie 1985)
    14. Kathleen Battle – My Favorite Things (da “Tenderness” con Al Jarreau 1994)
    15. Grazyna Auguscik – Don't Explain (da “The Light” 2005)
    16. Jeanne Lee – Goodbye Pork-Pie Hat (da “After Hours” con Mal Waldron 1984)
    17. Shirley Bassey – The Look of Love (da “Love Songs” 1971)
    18. Tiziana Ghiglioni – Lonely Woman (da “Lonely Woman” con Larry Nocella 1981)
    19. Orna – The Very Thought of You (da “The Very Thought of You” 2003)
    20. Helen Merrill – Everythings Happen to Me (da “Jazz in Italy vol. 2” con Renato Sellani 1960)


    New Links
    part 1

    part 2
    La playlist può anche essere ascoltata di seguito



    Si inizia con una giovane ed ancora poco nota Caterina Valente, che si esibisce in una interessante versione scat di un noto standard, accompagnata da Chet Baker alla tromba e Lars Gullin al sax baritono. Vi sono poi alcune grandi stars, come Ella Fitzgerald in una sommessa e languida interpretazione di Black Coffee, standard lanciato nel 1949 da Sarah Vaughan, o come Ruth Brown (1928-2008), una delle grandi interpreti del R&B, qui in veste di jazz-singer  accompagnata da una Big Band di tutto rispetto come quella di Thad Jones e Mel Lewis, o ancora la britannica di colore, Cleo Laine (1928), una delle voci più significative del panorama jazzistico inglese, ancora oggi sulla breccia, qui in una toccante versione di un famoso standard di Hoagy Carmichael e Johnny Mercer. Possiamo ascoltare anche la prorompente Shirley Bassey in un classico di Burt Bacharach, la musa del free-jazz Jeanne Lee, accompagnata da Mal Waldron in un noto brano di Charlie Mingus, la meno nota Sue Matthews in una cover del successo di Peggy Lee I Love Beeing Here with You

    e la raffinata Helen Merrill colta in uno dei suoi soggiorni italiani, acompagnata al piano da Renato Sellani, con sullo sfondo, appena percettibile, il sax di Gianni Basso e ancora la nostra Tiziana Ghiglioni nel brano che dava il titolo al suo disco di esordio.

    Fra gli accompagnatori, di notevole interesse, troviamo per ben due volte Charlie Haden con il suo quartetto sia con Shirley Horn in un austero Lonely Town, sia con la consorte Ruth Brown in una pensosa lettura di un altro noto standard di Johnny Mercer e Harold Arlen: One for My Baby.


    Interessante anche la presenza di Dizzy Gillespie che accompagna Lilian Terry in una raffinata versione del classico Body and Soul. Troviamo anche quel fenomeno vocale di Al Jarreau con il grande soprano lirico Kathleen Battle in una funambolica esecuzione di My Favorite Things di coltraniana memoria (l'assolo al sax è di Michael Brecker).

    Interessanti anche le due brave jazz-singers italiane: Patrizia Conte accompagnata da Gianni Basso e Andrea Pozza e l'esordiente Cinzia Roncelli qui con Francesco Cafiso.

    Un cenno particolare merita una voce che ho scoperto solo di 

    recente: Jacintha Abisheganaden (in arte solo Jacintha), di Singapore, non più giovanissima, è del 1957, che pur  non essendo una cantante professionista, in quanto si occupa principalmente di teatro, ha realizzato diversi album di jazz, tutti molto ben accolti dalla critica, ma poco diffusi in occidente.

    Infine alcune artiste meno note da noi, ma molto interessanti: dalla polacca Grazyna Auguscik, alla texana Renee Olstead, già bambina prodigio 

    della TV e oggi gradevole jazz-vocalist, alla sudafricana Orna, trasferitasi negli USA ed infine alla russa di nascita Sophie Milman, cresciuta in Israele  e poi emigrata in Canada, dove, sia per le qualità canore sia per l'avvenenza, viene considerata l'erede di Diana Krall.
    Non mi resta che augurarvi buon ascolto, in attesa di proseguire con altre interessanti proposte.


    Helen Merrill: Music Makers (1986)

    Repost from Splinder (19 jul. 2009)


    Nelle calde serate estive a Marina di Massa mi capita, ogni tanto, di pescare a caso fra vecchi dischi che non ascoltavo più da anni e ritrovare perle dimenticate, che il tempo ha ricoperto di polvere, ma che meritano di essere ricordate.
    Oggi voglio riportare all'attenzione un piccolo gioiello, realizzato più di 20 anni fa da una cantante molto apprezzata dagli appassionati, anche se non molto conosciuta dal grande pubblico: Helen Merill, classe 1930.
    Il disco si intitola Music Makers (OWL JULIA 044) ed è del 1986.



    Round Midnight
    Sometimes I Feel Like a Motherless Child
    A Tout Choisir
    When Lights Are Low
    And Still She Is With Me
    Music Makers
    Laura
    As Times Goes By
    A Girl in Calico
    Solitude
    Lady Br Good
    Nuages

      Si tratta del secondo disco “francese” della cantante, cui la casa discografica parigina aveva dato una chance per uscire dalle concessioni commerciali imposte dalle majors statunitensi. Il primo era No Tears, No Goodbyes (OWL JULIA 038) del 1984, in duo con il raffinato pianista britannico Gordon Beck, che ritroviamo anche in questo secondo album.
      Quando Music Makers uscì mi trovavo a Parigi e venni indotto al suo acquisto da una lusinghiera recensione apparsa su Jazz Hot di ottobre di quell'anno e ne rimasi subito conquistato. Si tratta di un disco particolare, diverso dagli altri lavori della cantante. Un disco intimista, raffinato in cui, oltre a Gordon Beck, troviamo due ospiti straordinari: Steve Lacy al sax soprano nei primi sei brani e Stephane Grappelli al violino nei rimanenti sei.
      L'apporto di Gordon Beck è particolarmente efficace sia al piano acustico, che a quello elettrico, così come è curioso trovare Steve Lacy che si cimenta nell'interpretazione di standards. Che dire poi di Stephane Grappelli sempre brillante e pieno di ritmo.
      In questo album però, più ancora che nel precedente, si evidenziano, soprattutto, le straordinarie capacità vocali della cantante, la cui voce cangiante affronta con grande personalità alcuni famosi standards, senza cadere nella banale ripetitività, cercando soluzioni vocali innovative. Una voce unica capace di esprimere sentimenti e passioni dal profondo dell'anima ed in grado di «trasformare la più insignificante melodia in un raggio di sole» (Jazz Hot).
      Il successo riscosso, soprattutto in Francia, da questo album ed in generale dal duo Merrill-Beck, fece sì che i due per anni fossero presenti nei vari festivals estivi.
      Il video, amatoriale di scarsa qualità, che presento di seguito, è tratto da uno di questi festival di alcuni anni dopo, in cui i due presentano il noto standard My Favorite Things.