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lunedì 19 dicembre 2011

Il Jazz vocale al maschile (part II)

Repost from Splinder (3 jan. 2010)


proseguiamo nella segnalarzione di altre voci maschili che negli anni hanno fatto la storia del jazz vocale.

Fra i grandi vecchi non poteva mancare Bing Crosby (1903-1977) che raggiunta la grande popolarità come star del cinema e della TV, non dimenticò mai le proprie origini jazzistiche e la gavetta fatta al fianco di musicisti del calibro di Bix Beiderbecke, Eddie Condon, Frankie Trumbauer, ecc.


Qui possiamo ascoltarlo in un gustoso Blue Room, scritto nel 1926 dal duo Rogers & Hart, e registrato nel 1956, accompagnato dalla swingante orchestra di Buddy Bregman.



Nel tempo, molti storici brani di jazz vocale sono stati realizzati da estemporanee performances di musicisti che solo raramente si esibivano come cantanti. Di seguito vengono riproposti due classici: il primo è I Can't Get Started il noto brano composto per la rivista Ziegfeld Follies 1936 da Vernon Duke con i versi di Ira Gershwin, il fratello paroliere del grande George. L'anno seguente il giovane trombettista Bunny Berigan (1908-1942) ne dette un'interpretazione vocale e strumentale che ancora oggi è considerata la miglior versione mai realizzata, tale da meritarsi nel 1975 l'ingresso nella Grammy Hall of Fame.

Purtroppo si trattò di un unicum, in quanto il trombettista morì di lì a poco, devastato dall'alcol, senza lasciare altre incisioni vocali.


L'altro brano è Stars Fell on Alabama, un classico standard composto nel 1934 da Frank Perkins con i versi di Mitchell Parish e che nel tempo ha avuto centinaia di interpreti più o meno famosi. La versione di Jack Teagarden (1905-1964),


noto trombonista e spesso spalla di Louis Armstrong in divertenti duetti, è una di quelle jazzisticamente più valide.


Un altro nome che non può mancare è quello di una star di prima grandezza come Nat King Cole (1919-1965), cui è già stata dedicata in passato un'ampia pagina (qui).


Oggi lo riascoltiamo in un'incisione dei primi anni '40, quando era principalmente un pianista jazz, che ogni tanto cantava. Il brano è It's Only a Paper Moon, altro classico standard, composto nel 1933 da Harold Arlen con i versi di E. Y. Harburg e Billy Rose.


Che dire poi della straordinaria voce di Johnny Hartman (1923-1983), strepitoso balladeur, che nel 1963 incontrando il quartetto di John Coltrane


realizzò uno degli album vocali più belli della storia del jazz, come dimostra questa versione del celebre brano di Billy Strayhorn: Lush Life.


Fra le nuove generazioni una menzione particolare merita Al Jarreau (1940), funambolo della voce, che ha anche lui iniziato con il jazz, per poi cedere alle lusinghe del pop.


Qui possiamo ascoltarlo nel famoso brano di Dave Brubeck Blu Rondò a la Turk, in cui sfodera tutta la sua versatilità vocale.


Venendo a tempi più recenti diversi sono i cantanti jazz che si sono messi in luce. Fra i più interessanti ricordiamo i bianchi Kurt Elling (1967) e Curtis Stigers (1965) e il nero Kevin Mahogany (1958).

Il primo, dopo anni di gavetta nella sua nativa Chicago, venne scoperto dalla casa discografica Blue Note, che nel 1995 lo lanciò con l'album Close Your Eyes dal quale è tratto il brano omonimo qui proposto


Dotato di un'ampia estensione vocale e di una voce baritonale molto affascinante ottenne subito un largo successo che continua tuttora. In questi ultimi anni ha collaborato con molti noti musicisti anche come apprezzato paroliere.
Curtis Stigers invece viene dal rock ed è anche un discreto sassofonista. Negli anni '80 era una star acclamata e si esibiva con Eric Clapton, Elton John ed altri. Poi di colpo verso la fine degli anni '90, ha voltato le spalle allo show business e si è dedicato alla sua musica preferita, il jazz, attività che non gli offre certo i lauti guadagni di una volta, ma che artisticamente lo soddisfa di più.

Il brano che segue Secret Heart del 2002 è tratto da uno dei suoi primi album del nuovo corso.


Kevin Mahogany infine è stato il più apprezzato cantante di colore apparso negli anni '90, è tuttora uno dei migliori in circolazione e viene considerato l'indiscusso erede di grandi del passato come Johnny Hartman o Joe Williams.

Questo Teach Me To Night è tratto da uno dei suoi albums più belli: Portrait of Kevin Mahogany del 2002. Il sax è quello i Michael Brecker.

martedì 6 dicembre 2011

Cinema e Jazz: connubio difficile, ma non impossibile.

Pubblicato mercoledì 5 marzo 2008


Il cinema ha spesso utilizzato il jazz e i suoi protagonisti ai propri fini. Basti pensare al film d'esordio del cinema sonoro The Jazz Singer (1927), che tuttavia col jazz aveva poco a che fare. Per almeno 30 anni, salvo qualche breve filmato come Black and Tan Fantasy (1929) di Dudley Murphy, Symphony in Black (1935) di Fred Waller e Jammin' the Blues (1944) di Gjon Mili sui quali mi sono già soffermato in queste pagine, si sono viste biografie romanzate di jazzisti come: Five Pennies (su Red Nichols), The Benny Goodman StoryThe Glenn Miller Story, ecc., oppure films con al partecipazione a diverso titolo di musicisti singoli, di gruppi o di orchestre come: Cabin in the SkyNew Orleans (in italiano La città del Jazz), Stormy WeatherA Song is Born (in italiano Venere e il professore), ecc., o ancora films con colonne sonore scritte da jazzisti come: Anathomy of a Murder (Anatomia di un Omicidio), scritta da Duke Ellington, The Man with the Golden Arm (L'Uomo dal Braccio d'Oro), scritta da Elmer Bernstein, o Ascenseur pour l'Éschafaud (Ascensore per il Patibolo) scritta da Miles Davis, ecc, solo per ricordare i più noti. Tutti films che usavano il jazz e i suoi protagonisti, ma non erano “sul jazz”.
5o anni fa, finalmente, nell'estate del 1958, il regista statunitense Bern Stein realizzò un film-documentario: Jazz in a Summer's Day sul Festival del Jazz di Newport di quell'anno, l'evento jazzistico per antonomasia in quegli anni. In esso sono magistralmente descritte le atmosfere che circondavano quell'evento, con un approccio diverso dal documentario puramente cronistico, aggirandosi fra le prove pre-concerto, vagando in città per documentare esibizioni on the road con sullo sfondo le prove dell'America's Cup di vela, in corso in quei giorni. Poi la cinepresa si aggira fra la folla che assiepava le tribune all'aperto e l'area sottostante il palco, per farci vivere l'entusiasmo degli spettatori e per presentarci alcuni dei momenti più significativi della rassegna che vedeva fra i protagonisti il meglio del jazz, del blues e del gospel di quel periodo (Louis Armstrong, Gerry Mulligan, Thelonouis Monk, Chico Hamilton, Jimmy Giuffre, Anita O'Day, Dinah Washington, Mahalia Jackson, e molti altri). Se non è stato “the definitive jazz-film” come scrisse qualche critico all'epoca è certamente un film che tutti coloro che amano il jazz dovrebbero vedere.
Una prima idea della particolarità di questo film si può avere da un estratto della parte pomeridiana che ha per protagonista una splendida, elegantissima Anita O'Day. Lo spettacolo vero, comunque, è in platea, col pubblico che partecipa con entusiasmo a questa straordinaria performance.


Un altro estratto pomeridiano significativo dal punto di vista filmico è quello del trio di Thelonious Monk, con Henry Grimes al basso e Roy Haynes alla batteria, in cui le immagini dell'America's Cup si sovrappongono alle note di Blue Monk.


Fra gli spettatori di questo concerto si vede di sfuggita Gerry Mulligan che sarà uno dei protagonisti della parte serale con il suo nuovo quartetto con Art Farmer alla tromba in un vibrante As Catch Can. 



La prevalente presenza giovanile in platea, con non poche belle fanciulle, mi fa ricordare come allora Gerry Mulligan fosse un divo apprezzatissimo dai giovani. I suoi brani si vendevano, anche in Italia, come le canzoni di moda. Fra i miei vecchi dischi conservo diversi di quei 45 giri.

Un'altra esibizione gustosa di quella sera fu quella di Dinah Washington, in un vivacissimo All of Me, accompagnata, fra gli altri, da Terry Gibbs al vibrafono, da Bob Brookmeyer al trombone e da un giovane Max Roach alla batteria. Notare come la cinepresa si sofferma sulla spilla gioiello della cantante posta con disinvoltura in posizione “strategica”.


La serata si concluse con l'esibizione degli All Stars di Louis Armstrong comprendente uno dei loro brani storici: Rockin' Chair in cui il leader duetta con la sua spalla Jack Teagarden.


Quando io vidi per la prima volta questo film avevo una ventina d'anni, ero un giovane studente, ai primi approcci con il jazz e ne rimasi particolarmente affascinato. L'idea di potersi avvicinare al jazz non solo con le esibizioni dal vivo (allora rare e costose) e con i dischi, ma anche con filmati, mi intrigò fin dall'inizio, anche se all'epoca esisteva solo il cinema ed i film del genere erano rarissimi. Per decenni quell'idea rimase solo un auspicio poi, con l'avvento della videoregistrazione, tutto divenne gradualmente più facile, e quella mia idea divenne un obiettivo da perseguire, nei limiti delle mie possibilità, portandomi a realizzare una discreta raccolta di filmati d'epoca, di registrazioni di concerti, di video, di film che ormai da tempo costituiscono una delle fonti per questo blog.