mercoledì 7 dicembre 2011

Louis Armstrong: ambasciatore del jazz nel mondo

Pubblicato mercoledì 11 giugno 2008

Louis Armstrong (1901 - 1971) non è stato solo uno dei più grandi jazzisti di sempre (forse il più grande in assoluto), sicuramente il più conosciuto e il più popolare, ma anche un vero e proprio ambasciatore del jazz nel mondo che, in quasi mezzo secolo di carriera artistica, ha girato il mondo in lungo e in largo, dall'Africa alla Russia, al Giappone ecc., da un certo momento in poi anche come rappresentante ufficiale degli USA nel mondo.
Di seguito propongo alcuni video relativi a sue tournée a partire dal 1956.
Il primo è un breve video-documentario del viaggio in Ghana del 1956, già come rappresentante ufficiale, in cui esegue un toccante Black and Blue, alla presenza del Premier di quel paese. Segue una breve intervista ed infine l'esecuzione pubblica di Royal Garden Blues, calorosamente accolta dalla popolazione locale. Lo accompagnano i membri della "All Stars" del momento con, fra gli altri, il fedelissimo Trummy Young al trombone e Edmund Hall al clarino.


Cinque anni dopo, nel 1961, lo troviamo alla Bussola di Focette, il locale notturno più famoso dell'epoca, in un memorabile concerto di cui propongo uno stralcio. In quei giorni mi trovavo in Versilia, nella casa al mare dei miei genitori a pochi chilometri dalla Bussola, ma, putroppo, le mie condizioni economiche dell'epoca (avevo 24 anni) non mi consentirono di presenziare a quell'evento. Vedendo queste immagini il rammarico è ancora vivo.


Verso la fine della carriera la sua popolarità internazionale riesplose grazie ad una canzone What a Wonderful World, che scalò le classifiche di tutto il mondo. Un motivo gradevole ripreso spesso anche dal cinema, ricordo Good Morning Vietnam. L'esecuzione ripresa nel video viene da una tournée in Gran Bretagna nel 1968.


Concludo questo breve omaggio al grande Satchmo con un video particolare, che conferma la grande popolarità del personaggio: la ripresa del suo funerale trasmessa dalla RAI con il commento da New York di Carlo Mazzarella.

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