Pubblicato mercoledì 11 aprile 2007
Nel mio lungo peregrinare in Italia e all'estero, fra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 ho vissuto anche a Bergamo, città che, soprattutto in quegli anni, ha dato molto al jazz: con i suoi festivals (Rassegna Internazionale del Jazz di Bergamo, Bergamo Jazz, Clusone Jazz, Festival Internazionale "Nuovo Jazz" di Lovere); con i suoi clubs (penso al Bobadilla Feeling Club di Dalmine, gestito da Benvenuto Maffioletti, grande appassionato di jazz - qui accanto in una foto dell'epoca con Mal Waldron e David Friesen - dove ho trascorso bellissime serate ascoltando musicisti del calibro di Gerry Mulligan, Art Farmer, Charles Tolliver. Oggi purtroppo è stato trasformato in una discoteca); infine con bravissimi musicisti quali Claudio Angeleri, Tino Tracanna (nato a Livorno ma formatosi musicalmente a BG), Roberto Zonca, e Gianluigi Trovesi, per citare i più noti.
Quest'ultimo in particolare, già allora, quando lo conobbi circa 25 anni fà, era il simbolo della Bergamo jazzistica, come si evince anche dalla foto qui sotto, tratta dalla copertina del volume "Jazz Live in Bergamo" (1983) del giornalista Paolo Arzano, in quegli anni eminenza grigia del jazz bergamasco, che ho avuto il piacere di conoscere e frequentare.
Trovesi da allora è cresciuto anno dopo anno, diventando un grande artista di fama internazionale e, sicuramente, uno dei massimi esponenti del jazz italiano, grazie alla sua straordinaria abilità e versatilità di polistrumentista ed alla sua notevole originalità creativa tendente a privilegiare la tradizione europea ed i colori mediterranei.
In questi anni i dischi incisi a suo nome o in collaborazione con altri sono stati moltissimi ed hanno riscosso grande successo di critica ed autorevoli riconoscimenti. Ricordo la vittoria del TOP JAZZ 1992 con From G. To G., nel 1996 con Les Hommes Armés, e nel 2002 con Fugace, solo per citarne alcuni.
Veniamo ora al motivo di questa mia personale rievocazione, ossia la recente pubblicazione nel 2007 di due album del nostro: uno nella serie Jazz Italiano 2007 edito da L'Espresso e registrato alla Casa del Jazz di Roma con la partecipazione di Enrico Rava, e l'altro Vaghissimo Ritratto, registrato in studio per la ECM.
Il primo è un disco di jazz più "convenzionale", da concerto, molto godibile e, potremmo dire, senza volerlo sminuire, adatto ad un pubblico più ampio.
Il secondo è invece musicalmente più sofisticato ed inserito nel filone sperimentale della musica europea, con riferimenti classici, (Da Palestrina, di Lasso, Monteverdi, ecc.) e dedicato ad un pubblico più avvertito e musicalmente più esperto.
Il secondo è invece musicalmente più sofisticato ed inserito nel filone sperimentale della musica europea, con riferimenti classici, (Da Palestrina, di Lasso, Monteverdi, ecc.) e dedicato ad un pubblico più avvertito e musicalmente più esperto.
Il disco, come tutte le opere più impegnate, richiede un ascolto attento e ripetuto, ma grazie alla straordinarie e poliedriche capacità del leader, supportato dal pianismo arioso ed elegante di Umberto Petrin e dai cromatismi ritmici di Fabio Maras, offre sensazioni molto particolari ed emozioni genuine: dalle affascinanti atmosfere oniriche di Orfeo, ai misteriosi arabeschi di Canto Vago, dalle sonorità evanescenti ed enigmatiche di Vaghissimo Ritratto, ai ritmi severi di The Lover Appeal, dalle vivacità ritmiche di El Grillo alla versione soavemente classicheggiante di Angela, solo per citarne alcune.
In sintesi un disco di eccellente livello, che continua lo straordinario percorso di ricerca del musicista bergamasco.
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