Pubblicato sabato 10 febbraio 2007
Gazie alla cortesia di un caro amico sono finalmente riuscito ad ascoltare uno storico disco di Lee Konitz, che finora mi era sfuggito: Stereokonitz (RCA), inciso a Roma nel 1968 con un gruppo formato da alcuni dei migliori giovani jazzisti dell'epoca: Enrico Rava, Franco D'Andrea, Giovanni Tommaso e Gegé Munari. Si tratta del primo disco inciso in Italia dal grande altosassofonista di Chicago, considerato uno dei padri del cool jazz. Dalle note di copertina dell'edizione originale apprendiamo che la RCA italiana dette l'incarico a Giovanni Tommaso di realizzare un disco che mettesse in luce i due volti di Konitz, quello storico del cool jazz e quello più attuale. L'obiettivo venne raggiunto con otto composizioni originali dello stesso Tommaso, che furono la soluzione più idonea per metter il grande musicista in condizione di esprimersi al meglio.
Il risultato fu eccellente - come si può constatare dall'ascolto del disco - grazie anche all'apporto significativo del gruppo messo insieme dallo stesso Tommaso. Un disco in cui, sempre riprendendo dalle note di copertina, Konitz mostra il suo continuo rinnovarsi e la costante ricerca di nuove sonorità, anche con l'aiuto di dispositivi elettronici, novità particolare per l'epoca.
L'album è stato ripubblicato in CD nel 1999 dalla BMG, ma è ormai pressoché introvabile.
Stimolato da questa spendida musica ho ripreso in mano un vecchio album che vede insieme, quasi trent'anni dopo, gli stessi fiati: Konitz e Rava. Si tratta de L'Age Mûr (Philology W 123.2) nel quale i due sono accompagnati da Rosario Bonaccorso al bs. e da Massimo Manzi alla btr.. La cosa più curiosa per me è stato contatare, guardando le note di copertina, che il disco era stato registrato il 10 febbraio 1997, esattamente dieci anni fà; una ragione in più per parlarne.
Questo incontro non rappresenta un puro e semplice revival di quello storico del 1968. Gli anni non sono passati invano e la musica dei due, pur non rinnegando gli anni straordinari del cool, si è rinnovata e partendo da una serie di vecchi standards e da due composizioni originali, una di Rava, che dà il titolo all'album ed una di Konitz, si sviluppa con grande vitalità, crescente intensità e notevole fantasia. Inoltre bisogna anche tener presente che, in occasione del primo incontro, Rava era un giovane musicista emergente di fronte ad un grande maestro, mentre in quest'occasione anche lui è ormai un "mostro sacro" ed i due dialogano alla pari.
Siamo di fronte ad un ottimo disco per certi aspetti molto interessante, che però, a mio modesto parere, non raggiunge i vertici del precedente.
Per completezza ricordo che i due, nel 2004, si sono di nuovo incontrati in sala d'incisione, questa volta assieme a Phil Woods, in un album che la Philology ha dedicato alle composizioni dello stesso Rava: Lee Konitz, Phil Woods & Enrico Rava play Rava.
Nessun commento:
Posta un commento