In questi giorni mi è capitato fra le mani un vecchio disco di Duke Ellington, un 45 gg.
EXP, acquistato più di 55 anni fa.
Si tratta, in assoluto,
del mio primo disco di jazz.
Riprenderlo in mano, estrarlo dalla piccola custodia cartonata, rimuovere la polvere e metterlo sul piatto è stata un'emozione particolare, che si è accentuata quando le note di Blues I Love to Sing, un pò fruscianti, con la roca voce di Adelaide Hall, si sono diffuse nella stanza.
Mentre ascoltavo la musica mi rigiravo fra le mani la copertina e ripensavo alla evoluzione, o meglio, allo sconvolgimento che i metodi di riproduzione musicale hanno subito negli ultimi 50 e passa anni e mi chiedevo: il ragazzo di 17/18 anni, come ero io allora, che oggi acquista su iTunes dei brani musicali, quando avrà 75 anni non avrà più l'opportunità, come ho avuto io oggi, di rivivere emozioni simili, nè la possibilità di stringere fra le mani qualcosa di concreto che gli ricordi quelle emozioni.
La riproduzione digitale, con la sua fredda perfezione, ci ha certamente offerto risultati qualitativamente eccellenti dal punto di vista della qualità del suono.
Il CD ha gradualmente soppiantato l'album di vinile, anche in praticità di ascolto, però ci ha privato di quei riti che accompagnavano la messa in funzione del vinile.
Il piacere di tenere fra le mani le copertine, spesso artisticamente eccellenti, arricchite da note discografiche e critiche di qualità. Cosa che nei CD, soprattutto per motivi di spazio, è riservata a persone con vista acutissima o dotate di lente d'ingrandimento.
L'attuale passaggio ai files da scaricare da internet ha accentuato le suddette carenze e ridotto quasi definitivamente l'ascolto della musica ad un rito usa e getta.
Il consumo continuo di musica dei giovani d'oggi, che girano con il telefonino o l'iPod carico di diversi giga di musica, che ascoltano come riempitivo ovunque si trovino, rendendoli simili a zombie vaganti, ha reso la musica un sotto fondo senza emozioni, da coniugare con l'eterno ciancichio di gomma da masticare.
Ma questi, purtroppo, sono solo discorsi da vecchio brontolone e considerazioni che lasciano il tempo che trovano. Tutto questo è il frutto del progresso.
Progresso che, tuttavia, mi consente di mettere in rete queste note, di corredarle con musica, foto e filmati e di lasciare una traccia duratura, sempre che la piattaforma su cui posti non chiuda, come sta facendo Splinder.
Il mio primo disco di jazz è stato un LP di Thelonious Monk con Johnny Griffin; non l'avevo comprato io, ma il proprietario del negozio di dischi scambiò due sacchetti, cambiando la mia vita.
RispondiEliminaPrendere fra le mani quel vecchio LP mi emoziona ancora tantissimo, non faccio fatica a capire le tue emozioni.
Roberto