giovedì 17 novembre 2011

Abbey Lincoln: un incontro che mi ha stregato


Pubblicato martedì 13 febbraio 2007

Una decina d'anni fà ebbi l'occasione di vivere per un certo periodo a Parigi, una delle capitali mondiali del jazz e ne aprofittai per godermi la grande offerta musicale che ogni giorno era disponibile.
Fra le varie occasioni una mi colpì e mi emozionò particolarmente: Abbey Lincoln ascoltata al New Morning, uno dei locali storici della Parigi jazzistica.
Ancora a distanza di anni ho un vivo ricordo della serata trascorsa in quel caldo e fumoso club pieno di appassionati cultori e dove ebbi anche l'occasione di avvicinare la cantante per un fuggevole saluto.
Quella sera Abbey, allora quasi 68enne, era in particolare stato di grazia, e cantò con grande passione con la sua voce roca e profonda nelle tonalità più basse ed incisiva e vibrante in quelle più alte, entusiasmando il pubblico presente. Un'interprete straordinaria, con grande mestiere, in grado di mascherare anche qualche leggero calo vocale dovuto all'età. Un'esperienza indimenticabile che un'amico che era con me immortalò in alcune foto che conservo gelosamente, come quella qui sotto.

foto di Dario Fiorentini

Fino ad allora conoscevo molto poco di questa cantante che legavo al suo connubio artistico e sentimentale con Max Roach dal quale negli anni '60 erano essenzialmente scaturiti dischi straordinari come We Insist! Freedom Now Suite e Straight Ahead, e niente di più.
Della sua produzione successiva al divorzio con il batterista non conoscevo quasi nulla. Da allora il mio interessamento nei suoi confronti è cambiato e oggi possiedo pressoché tutto ciò che di significativo ha realizzato: dalle sue prime incisioni del 1956, ripubblicate nel CD Abbey Lincoln's Affair al suo ultimo It's Me del 2003, una ventina di album, tutti godibili. In essi è possibile apprezzare la sua evoluzione artistica, dalle fasi più etnico-politiche ad una più ampia varietà di registri che spaziano dalle canzoni d'amore (si veda il bellissimo When There Is Love con Hank Jones), al sogno africano e universale di People in Me, a collaborazioni significative come quella con Stan Getz di You Gotta Pay The Band o quella più moderna con Pat Metheny di A Turtle Dream. Notevole in quasi tutti questi dischi è anche il suo contributo come autrice.


Ultimamente l'età sembra averla allontanata dalle sale d'incisione e dalle esibizioni in pubblico, con l'eccezione, per quanto mi è dato sapere,  dell'apparizione in TV nel settembre 2005 per un concerto di beneficenza a favore delle vittime dell'uragano Katrina.

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