venerdì 15 marzo 2013

I miei standards preferiti: Where Are You? (1937)


Questo eccellente standard ha, per me, la peculiarità, in quanto mio coetaneo, di consolarmi del tempo che passa. Composto nel 1937 da Jimmy McHugh (autore di celebri standards: Don't Blame Me, On the Sunny Side of the Street, Let's Get Lost,. ecc.) su testo di Harold Adamson, per la colonna sonora del film Top of the Town (infelicemente tradotto L'Inferno del Jazz). Un film nato con pretese da grande musical, ma che in realtà si rivelò un vero e proprio flop e che oggi è completamente dimenticato. Unica cosa positiva rimasta è questa canzone divenuta presto un classico jazz standard
Nel film la canzone era interpretata da una famosa star dei musicals dell'epoca: Gertrude Niesen, nel classico stile "torch song" di quegli anni.


Molto probabilmente questo brano sarebbe stato presto dimenticato se, sempre in quell'anno, non fosse uscita anche  una versione swing interpretata da Mildred Bailey, con in evidenza la tromba di Roy Eldridge.


Da allora il brano è stato ripreso da diversi cantanti e musicisti che ne hanno realizzato versioni molto interessanti. 



Subito dopo la guerra Billy Eckstine realizzò la prima versione maschile di successo, accompagnato da un gruppo di musicisti fra i quali spiccavano i giovani sassofonisti Sonny Criss e Wardell Gray.


L'inconfondibile caldo e sensuale crooning di Eckstine crea un appeal particolare a questa esecuzione.


 

Grande successo ebbe la versione del 1957 di Frank Sinatra con l'orchestra di Gordon Jenkins, che dette anche il titolo all'LP che la conteneva.



Se Eckstine è stato il più significativo esponente della vocalità afro-americana, Sinatra, dal canto suo ha rappresentato, con la sue eleganza formale ed espressiva, al meglio il canto popolare bianco ed il confronto fra queste due esecuzioni ne è l'esempio più lampante.


Sempre nel 1957 Ben Webster e Oscar Peterson ne incidono una versione strumentale di grande feeling, in cui la sensuale sonorità del sassofono di Webster crea un'atmosfera melodica particolare.


Questa straordinaria performance di Webster offre lo spunto ad altri sassofonisti per cimentarsi nell'esecuzione del brano, a partire da Dexter Gordon che nel 1962 ne registra una versione in quartetto con Sonny Clark al piano, Butch Warren al basso e Billy Higgins alla batteria. Una versione meno sensuale in cui, però, la creatività improvvisativa di Gordon si esprime a pieno.


 Sempre nel 1962 Sonny Rollins include questo brano nel suo storico album The Bridge, che segnava il suo rientro dopo l'inaspettato abbandono delle scene nel 1959 a soli 29 anni. Lo accompagnano Jim Hall alla chitarra, Bob Cranshaw al basso e Ben Riley alla batteria.


Questo è stato il primo LP di Rollins che ho comperato e che conservo ancora con cura e questa esecuzione è stata quella che prima di ogni altra mi ha fatto amare questo brano.




Il 1962 fu un anno particolarmente prolifico per questo standard. Anche The Queen of Blues Dinah Washington, a pochi mesi dalla sua prematura scomparsa, ne registrò una versione inclusa nell'album Dinah '62,  che divenne presto un vero Smash Hit, come evidenziato sulla copertina dell'album.


La straordinaria versatilità vocale della cantante conferisce al brano una forte intensità emotiva, certamente una delle migliori versioni femminili in circolazione.


L'anno seguente una giovane Aretha Franklin, appena 21enne e non ancora icona del Soul, con qualche incertezza stilistica che la induceva a spaziare fra jazz, pop, gospel e soul, ne realizzò una versione, che pur ispirandosi a quella di Dinah Washington, evidenziava già la spiccata personalità e la dirompente vocalità di colei che era destinata a raccoglierne il testimone.



Numerose altre versioni più o meno interessanti vennero prodotte nei decenni successivi che non è il caso di stare qui ad elencare. 
Nel 1991 l'altosassofonista italiana Cristina Mazza realizzò un album con Mal Waldron e Reggie Workman intitolato Where Are You?, ma il brano omonimo in esso contenuto non era il classico standard, ma bensì una composizione della stessa Mazza, che si ispira vagamente al noto brano.



In tempi più recenti il cantante statunitense Kurt Elling ne ha realizzata un versione apparsa sul suo album del 2007 Nightmoves


Una versione che, come egli stesso dichiara nella presentazione del video, si ispira a quella di Dexter Gordon. Anche il testo è leggermente diverso dall'originale. L'assolo di sax è di Bob Mintzer.



N.B. Il brano, nel 1968, venne incluso da Ella Fitzgerald, anche in una medley dl suo album 30 by Ella presentato nel post precedente.

domenica 10 marzo 2013

Vecchi dischi da riscoprire: 30 by Ella (1968)


Per un modesto fruitore della musica afroamericana come me, che fra i vari generi, prevalentemente, predilige il jazz vocale e gli standards, dovendo scegliere un disco che contemporaneamente soddisfi entrambe le categorie non può non optare per 30 by Ella (Capitol 1968)


Il disco contiene 36 fra i più noti standards del songbook americano, riuniti in 6 medley di 6 brani ciascuna di cui 5 cantati dalla Fitzgerald inframezzati da uno, strumentale, affidato ad un solista del gruppo di musicisti che l'accompagnano. Un gruppo di altissimo livello guidato da Benny Carter con Jimmy Jones al piano, Harry "Sweet" Edison alla tromba, George Auld al sax tenore, John Collins alla citarra, Bob West al basso e Panama Francis alla batteria.


Le medley, grazie al prezioso lavoro di arrangiamento di Benny Carter e degli altri componenti del gruppo, non sono una semplice sequenza di brani diversi, bensì un'armoniosa fusione che procede con continuità, come come fossimo di fronte ad un unico brano. Un impegno pesante e faticoso. La stessa Fitzgerald agli inizi pensò che l'idea di un disco tutto di medley fosse terribile e tremendamente difficile. La cosa richiese numerose sedute di registrazione, ma, alla fine, la cantante dichiarò che si trattava "del più bel album che abbia mai registrato".



L'ascolto di questa prima medley che si apre con My Mother Eyes e si chiude con Goodbye My Love, inframezzata dal soave sax alto di Benny Carter e dalla chitarra di Collins nel classico ellingtoniano I Got It Bad (and That Ain't Good), ci da subito l'idea della straordinaria qualità e della indiscutibile originalità di questo progetto.



Questa raccolta ha goduto in Italia di una certa diffusione ed è abbastanza conosciuta dagli appassionati, in quanto parzialmente riproposta (4 medley su 6) nel disco dedicato alla cantante nella serie I Grandi del Jazz, distribuito in edicola nei primi anni '80, mentre le due medley mancanti vennero incluse nel CD sempre dedicato alla cantante nella serie JAZZTIME.




La seconda tornata di standards, affrontata dopo il soddisfacente risultato della prima, si realizzò in un clima più disteso. Apre la serie Four or Five Times, eseguito con particolare verve da Ella che prosegue senza esitazioni nel più dolce Maybe, seguito dalla tromba di "Sweet" Edison supportato dalla chitarra di Collins, nel gradevole e romantico Taking a Chance on Love; Ella si reinserisce con il vivace Elmer's Tune, per proseguire, con lo stesso swing, con At Sundown e chiudere con It's a Woonderful World.


Quando affrontò questa difficile prova la Fitzgerald aveva compiuto da poco 50 anni ed era all'apice della maturità vocale ed artistica. Il video seguente, realizzato nello stesso anno, ce la mostra in tutta la sua forma smagliante.



La terza medley, a mio avviso, è una delle più coinvolgenti. Si apre con lo splendido On Green Dolphin Street, introdotto dalla tromba sordinata di Edison, per proseguire con il più impegnativo Am I to Know; il successivo Just Friends è affidato ancora a Edison e alla sua calda tromba. Ella riapre ispiratissima con I Cried for You cui fa seguito il suggestivo Seems Like Old Time per concludere in bellezza con You Stepped Out of a Dream.


Proseguiamo con altro video sempre del 1968, in cui Ella si cimenta anche in una medley molto apprezzata dal pubblico, nel quale è possibile cogliere la grande generosità della cantante sempre pronta a dare tutta se stessa per soddisfare il pubblico.



Gran parte del merito per il successo di questa ardita operazione va attribuita alla maestria di Benny Carter, uno dei più apprezzati strumentisti di tutta la storia del jazz, sia come solista di sax e di tromba, sia come band leader e arrangiatore. Nella seguente serie di standard è possibile apprezzarlo particolarmente nello strumentale Ebb Tide.  Apre la sequenza If I Gave My Heart to You seguito da un soave Once in a While; dopo l'assolo elegante di Carter, la Fitzgerald si inserisce nuovamente con un delicato The Lamp is Low seguito da Where Are You? per concludere più vivacemente con Thinking of You.


Nel video seguente è possibile apprezzare le straordinarie qualità esecutive di Benny Carter proprio in uno degli standards presenti anche nel disco.


Il penultimo gruppo di canzoni si apre con Candy, brano da anni nel repertorio della cantante, seguito da All I Do Is Deam of You che magicamente si fonde con il successivo Spring is Here eseguito dal sax tenore di George Auld; Ella si reinserisce con il vivace 720 in The Book per proseguire con il delizioso It Happened in Monterey e chiudere What Can I Say After I Say I'm Sorry.



Concludiamo questa panoramica con l'ultima serie comprendente altri sei gioiellini; Ella apre con uno splendido No Regrets seguito dallo spiritoso I Have Got a Feeling You're Fooling, che si fonde con il sensuale sax tenore di Auld in Don't Blame Me coadiuvato dalla chitarra di Collins. La Fitzgerald rientra con un Deep Purple molto suadente, per proseguire con il delicato Rain e chiudere disinvoltamente con You're A Sweetheart.


Un disco che non mi stanco mai di ascoltare e che consiglio vivamente a chi non lo conoscesse.

lunedì 4 marzo 2013

"Quantum Discord" (Altrisuoni 2012) esordio discografico a proprio nome del pianista Andrea Manzoni.


Il pianista biellese Andrea Manzoni, dopo una lunga gavetta non solo jazzistica, a 33 anni si è cimentato con il primo album a suo nome Quantum Discord, in trio con al basso Luca Curcio, di formazione punk-rock e alla batteria Ruben Bellavia con background classico. Album pubblicato lo scorso anno per l'etichetta svizzera Altrisuoni e che ha riscosso in quel paese molte recensioni positive. La rivista in lingua tedesca Jazz 'n' More gli ha attribuito il massimo punteggio (5 stelle).



Un album molto particolare, interamente di sue composizioni (tranne una suggestiva rilettura di 'Round about Midnight di Thelonious Monk), composizioni che spaziano oltre il jazz con spunti rock e classici, caratterizzate da titoli ricercati ed insoliti.



Nel suo complesso l'album va oltre il jazz e presenta una serie di contaminazioni che spaziano in universi paralleli. Un esempio nel seguente breve stralcio della suite per piano solo contenuta nell'album.


In una recente intervista Manzoni ha dichiarato di sentirsi "un pianista cross-over" essendosi dedicato a generi musicali diversi: dal rock al pop, dalla musica classica al jazz, ed in questo suo primo disco si intravede  una specie di sintesi della sua storia musicale.
Il citato omaggio a Thelonious Monk, che proponiamo di seguito, rappresenta il versante jazzistico più esplicito.


In sintesi un disco diverso, intrigante, pieno di pathos e di energia che mescola eleganti ballads a vivaci brani con sapori rock-funky, tutti di gradevolissimo ascolto. Un assaggio è offerto da questo stralcio del brano che apre il disco 32Days


Per saperne di più su questo interessante musicista