mercoledì 26 settembre 2012

Dischi storici: Duke Ellington & John Coltrane (1962)

Il settembre 1962 è stato per Duke Elligton un periodo di intensa attività, nonostante la non più giovane età - aveva 63 anni - nel quale si è cimentato soprattutto come pianista al di fuori dell'orchestra. Nel giro di un paio di settimane realizzò infatti due dischi molto importanti per chi voglia conoscerlo in tale veste. Del primo Money Jungle, con Charlie Mingus e Max Roach, ho abbondantemente parlato nel post precedente, oggi presenterò il secondo Duke Ellington & John Coltrane, registrato esattamente 50 anni fa, il 26 settembre 1962 per la Impulse! Records.


John Coltrane all'epoca aveva 36 anni ed aveva raggiunto una grande notorietà grazie alla sua militanza con Miles Davis, prima e con un proprio quartetto, comprendente al piano il giovane talento emergente McCoy Tyner, poi. La sua musica all'epoca rientrava ancora nel canoni della "normalità", la svolta verso il free avverrà nel 1964 con la realizzazione di A Love Supreme.
Il Duca lo volle al suo fianco per questo nuovo cimento con un musicista molto più giovane e con un background musicale diverso, ma con il quale trovava nel blues un terreno comune.
Per la seduta di registrazione i due portarono con sé i rispettivi bassisti e batteristi: gli ellingtoniani Aaron Bell e Sam Woodyard e Jimmy Garrison ed Elvis Jones, membri del quartetto di Coltrane, i quali si alternarono e si mescolarono nelle sette tracce contenute nell'album.


Il brano di apertura è un classico ellingtoniano In a Sentimental Mood nel quale Coltrane, sostenuto da Ellington e da una ritmica molto discreta, si limita ad eseguire il tema senza particolari variazioni.


Segue un brano composto per l'occasione da Billy Strayhorn, alter ego del Duca, Take the Coltrane, giocando nel titolo con l'altro famoso brano ellingtoniano, sigla dell'orchestra. Il brano molto più vivace e swingante offre a Coltrane lo spunto per una ampia improvvisazione in alternanza con Ellington.


Il brano successivo è una composizione di Coltrane: Big Nick, scritta per l'occasione,  in cui egli si esibisce al sax soprano.




La prima facciata si chiude con Stevie un brano del Duca, composto anche questo per l'occasione. Un blues che consente ai due artisti di evidenziare le loro rispettive qualità esecutive.


Il lato B si apre con un'altra delicata composizione di Billy Strayhorn: My Little Brown Book nella quale ancora una volta si evidenziano il pianismo essenziale del Duca e gli eleganti fraseggi di Coltrane.


Il brano successivo è una seconda nuova composizione del Duca: Angelica, dal ritmo latineggiante, molto gradevole.


L'album si chiude con un brano tratto dal repertorio di Ellington: The Felling of Jazz, che potrebbe anche rappresentarne il sottotitolo,  per il grande affiatamento che si riscontra fra musicisti che non avevano mai suonato insieme prima.

Per concludere un altro pezzo di storia del jazz che dopo mezzo secolo è ancora tutto da ascoltare.

giovedì 20 settembre 2012

Dischi storici: Money Jungle di Duke Ellington (1962)


Money Jungle il famoso album di Duke Ellington in trio con Charlie Mingus e Max Roach in questi giorni compie 50 anni essendo stato registrato nel settembre del 1962. Un album insolito per il grande band leader che, per l'occasione, si cimenta in veste di pianista con due dei maggiori talenti dei rispettivi strumenti, considerati in bilico fra il post-bop e l'avanguardia, cosa che sorprese la critica e lasciò interdetti i puristi ellingtoniani.
Dei sette brani proposti, tutti composti da Ellington, solo due (Caravan e Solitude) sono la riproposizione di vecchi successi, mentre i rimanenti sono stati scritti per l'occasione e si differenziano dal normale stile ellingtoniano.
L'album si apre con la title track, una composizione blues con sapori più sperimentali


Il brano successivo è una ballad intitolata Les Fleurs Africaine (nota anche come Fleurette Africaine) che invece presenta  spunti impressionistici.


Segue il vivace bluesVery Special che dopo una breve introduzione del tema contiene un lungo assolo del Duca


Il brano che conclude la prima facciata è un'altra dolce balladWarm Valley, che in seguito verrà ripresa da Johnny Hodges


La seconda facciata si apre con il brano forse più convenzionale  dell'album: Wig Wise 


segue una versione particolarmente vigorosa del classico: Caravan 


l'album si chiude con un altro classico ellingtoniano: Solitude eseguito splendidamente dal trio.

Diversi anni dopo Charlie Mingus confessò in un'intervista che durante la seduta ebbe un violento alterco con Max Roach, e solo per il rispetto che nutriva per il maestro Ellington ritornò sulla decisione di abbandonare lo studio.
Molti anni dopo l'album venne rieditato in CD con una serie di altre tracce alternate o inedite che tuttavia nulla aggiungevano alla qualità di questo piccolo gioiello discografico.

martedì 18 settembre 2012

I miei standards preferiti: Blue Skies (1927)


Per questo decimo capitolo della serie dedicata agli standards ho pescato nello sterminato Songbook di uno dei più prolifici e geniali compositori: Irving Berlin (1888 - 1989) che fu anche paroliere di se stesso.


Nato in Siberia da genitori ebrei - il suo nome era Israel Baline -  quando aveva 4 anni i genitori dovettero emigrare negli USA, per sfuggire ad uno dei tanti sanguinosi progroms zaristi, e si stabilirono a New York dove egli intorno ai 20 anni iniziò la sua lunga e fortunata carriera, avviata quasi subito al successo con Alexander Ragtime Band del 1911.
Blue Skies invece è del 1927 ed ebbe una genesi casuale, infatti venne richiesta all'autore, all'ultimo momento, per completare le musiche di una rivista di Broadway, scritta da Rogers e Hart: Betsy.
Mentre il musical in sé fu tutt'altro che un successo e venne sospeso dopo solo una trentina di repliche, la canzone fin dalla prima serata venne accolta con straordinario calore dal pubblico che, alla fine dello spettacolo, chiese ben 24 bis.
La prima registrazione discografica venne realizzata da Ben Selvin e raggiunse subito il primo posto nelle vendite discografiche di quello stesso anno. Quella versione è presentata qui di seguito


La popolarità del brano era tale che, quello stesso anno, venne incluso anche nel primo film sonoro della storia del cinema The Jazz Singer, eseguito da Al Jolson.




Il successo, grazie ai dischi e al film, si estese anche all'Europa, dove la canzone venne ripresa ed incisa da Josephine Baker,




Da allora il brano è divenuto gradualmente un successo planetario eseguito della orchestre più famose e dai cantanti più illustri, raggiungendo più volte nelle varie interpretazioni i vertici delle classifiche discografiche.
Benny Goodman lo incluse nel suo repertorio fin dagli inizi e lo esegui anche nel famoso concerto del 1938 che per la prima volta fece entrare il jazz alla Carnegie Hall, fino ad allora tempio della musica classica.




Anche Duke Ellington, nei vari concerti che negli anni '40 tenne alla Carnegie Hall, ne presentò un particolare arrangiamento di Mary Lou Williams, intitolato Trumpet No End, che metteva in evidenza la sezione di trombe dell'orchestra. Di seguito l'esecuzione che chiudeva il concerto del 27 dicembre 1947. le trombe sono: Francis Williams, Al Killian, Shorty Baker e Shelton Hemphill.


L'orchestra di Tommy Dorsey ne affidava invece l'interpretazione alla voce della stella emergente dell'epoca: Frank Sinatra, qui in una incisione del 1941.



Il brano ebbe all'epoca, una certa diffusione anche in Italia grazie all'interpretazione di Gorni Kramer



che all'inizio degli anni '40 ne incise una versione con il suo complesso e che, per le note leggi contro le parole straniere, dovette intitolare: Cieli Azzurri.

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Nel dopoguerra la popolarità del brano rimase invariata per molti anni, grazie a numerose versioni, soprattutto vocali, che si susseguirono nel tempo.
Fra queste ne segnalo due, una femminile e una maschile, che a mio avviso, sono fra le più significative dal punto di vista jazzistico.




La prima è di Dinah Washington, dall'album  After Hours with Miss D del 1953 con, fra gli altri, Junior Mance al piano, Eddie"Lockjaw" Davis al sax tenore e Clark Terry alla tromba.



La versione maschile scelta è quella di Johnny Hartman dall'album All of Me del 1956


con l'orchestra di Ernie Wilkins comprendente, fra gli altri, Howard McGhee alla tromba, Lucky Thompson al sax tenore e Hank Jones al piano.




Nel 1978 la canzone ebbe una seconda giovinezza grazie al famoso folk-singer Willie Nelson, il quale, con una versione vagamente country, raggiunse i vertici delle vendite, rimanendovi per lungo tempo e l'album Stardust che comprendeva il brano vendette milioni di copie ed ancora oggi risulta fra i suoi più veduti.




In questi ultimi 30 e passa anni la canzone ha continuato ad essere riproposta, sia in versione strumentale, sia in versione vocale da numerosissimi artisti. Fra le diverse decine di esecuzioni più o meno brillanti ne ho scelto tre differenti per stile e qualità. La prima del 1994 vede Oscar Peterson, cimentarsi con il violinista classico Itzak Perlman. Due virtuosi dei rispettivi strumenti in una esecuzione che si differenzia da quelle più diffuse.


La cantante e band leader canadese Susie Arioli nel 2008 ne incluse una versione nel suo album "Night Light


che ebbe un discreto successo e venne spesso ripresa nei diversi concerti. Di seguito l'esecuzione al Festival del Jazz di Montreal del 2011. Una vivace versione Live che conferma la popolarità della canzone, nonostante i suoi 85 anni.


Concludiamo questa rassegna con una voce maschile, quella del crooner nostrano Mario Biondi con l'esecuzione tratta dal suo eccellente doppio CD dello scorso anno: Due.

martedì 4 settembre 2012

I miei standards preferiti: What's New (1939)

Nell'ottobre 1938 Bob Haggart, bassista e compositore, all'epoca membro dell'orchestra di Bob Crosby, scrisse I'm Free, pensando alla tromba dell'amico Billy Butterfield, collega nella stessa orchestra. Un brano eccellente molto apprezzato da Crosby e che venne subito registrato con una pregevole esecuzione proprio di Butterfield. Il solista al sassofono è Eddie Miller.


Vista la notevole qualità della musica, l'anno successivo il paroliere Johnny Burke la corredò con un romantico testo sull'incontro fra due ex amanti che intitolò What's New. 



La canzone venne subito registrata dal cantante più in auge del momento: Bing Crosby, fratello di Bob, che ne fece un grande successo di vendite.




Il brano divenne presto famoso e venne ripreso da molte orchestre raggiungendo un'enorme popolarità.
Negli anni del dopoguerra si annoverano decine di versioni sia strumentali, sulle quali tornerò in seguito, sia vocali. Fra quest'ultime, veramente numerose, tre in particolare meritano, a mio avviso, di essere ricordate, dal punto di vista jazzistico. La prima è quella realizzata nel dicembre del 1954 dalla giovane Helen Merrill, nell'omonimo disco di esordio, accompagnata da un gruppo di musicisti di grande livello fra i quali spicca la tromba di Clifford Brown.


La seconda. dell'anno successivo, è quella di Billie Holiday, che solo verso la fine della carriera, affrontò questo brano, incluso nell'album Velvet Mood, un Lp di standards 


realizzato con la collaborazione di un notevole gruppo di jazzisti come Harry "Sweet" Edison alla tromba, Benny Carter al sax alto, Jimmy Rowles al piano, Barney Kessel alla chitarra, ecc.. La copertina  un pò ruffiana, venne scelta per attirare anche acquirenti non del tutto interessati al jazz.


La terza versione è quella realizzata dal grande Satchmo nel 1957 contenuta nell'album Louis Armstrong meets Oscar Peterson,


sicuramente la miglior versione vocale maschile mai realizzata.




Di notevole spessore jazzistico sono anche molte versioni strumentali, che vedono impegnati alcuni dei maggiori jazzisti di quegli anni. 
Iniziamo però con una curiosità: siamo nel 1952, anno fra i più difficili nella carriera di Miles Davis, come lui stesso affermò nella sua biografia: «Ero sprofondato in una sorta di nebbia, ero sempre fatto e sfruttavo le donne per la roba [...] avevo una scuderia di puttane che battevano per me» e qui lo troviamo a fare da spalla a Jimmy Forrest, un modesto sassofonista che quell'anno aveva raggiunto una certa popolarità grazie al brano Night Train, che aveva scalato tutte le classifiche. La registrazione venne effettuata dal vivo al Barrell, un night club di Delmar in Missouri nel marzo 1952.


Non si tratta certo di una esecuzione memorabile, gli assolo sono elementari, ma resta comunque un documento interessante.
L'esecuzione  che propongo di seguito, realizzata nel 1956, dal vivo, dal quintetto di Clifford Brown e Max Roach, sembra venire da un altro pianeta. L'assolo di Brownie è strepitoso per originalità e fantasia.



Un altra esecuzione interessante e particolare è quella del trombettista canadese Maynard Ferguson realizzata all'inizio degli anni '50 con l'orchestra di Stan Kenton


Oltre ai numerosi trombettisti che, sulle orme di Billy Butterfield, nel tempo si sono cimentati con questo standard, anche molti sassofonisti, affascinati dalla straordinaria dolcezza della melodia, che ne faceva una ballad perfetta, ne diedero una propria lettura.
Cominciamo con Serge Chaloff, sassofonista baritono, uno dei Four Brothers di Woody Herman, che nel 1955, un anno prima della sua prematura scomparsa, ne incise una suadente versione con un proprio sestetto 


L'anno seguente fu la volta dell'altosassofonista Art Pepper che ne realizzò una versione in quartetto, anche questa altrettanto originale  e intrigante


In questa selezione non poteva mancare colui che è considerato lo specialista assoluto delle ballads, il tenorsassofonista Ben Webster che nel 1965 la incluse nel suo splendido album There Is No Greater Love, una specie di compendio del meglio delle ballads. Il pianista è Kenny Drew, al basso N-H. Ø. Pedersen e alla batteria Alex Riel. La perfezione assoluta!


Molto diversa, ma altrettanto toccante, è la lettura che John Coltrane ne dà con il suo classico quartetto, contenuta nell'album Ballads del 1961.


Questo standard è stato spesso eseguito anche da molti jazzisti italiani fra i quali ricordo Enrico Rava (in Age Mur con Lee Konitz), Massimo Urbani che ne ha realizzato diverse versioni, Franco Ambrosetti, Francesco Cafiso e molti altri. Tuttavia la versione più interessante, dal punto di vista storico, è quella realizzata nel 1988 da Lino Patruno con un quintetto che comprendeva al basso proprio Bob Haggart, il compositore del brano. Una vera perla per concludere questa carrellata su uno degli standards più famosi e popolari.

domenica 2 settembre 2012

Ricordo di Art Pepper (1 sett. 1925 - 15 giu. 1982)


Ieri era l'anniversario della nascita di Art Pepper, ma avendo il computer inagibile ho deciso di ricordarlo comunque oggi. Per l'occasione ho rielaborato e arricchito di video un mio vecchio post pubblicato diversi anni fa, nella speranza di rinverdirne il ricordo.