Per un modesto fruitore della musica afroamericana come me, che fra i vari generi, prevalentemente, predilige il jazz vocale e gli standards, dovendo scegliere un disco che contemporaneamente soddisfi entrambe le categorie non può non optare per 30 by Ella (Capitol 1968)
Il disco contiene 36 fra i più noti standards del songbook americano, riuniti in 6 medley di 6 brani ciascuna di cui 5 cantati dalla Fitzgerald inframezzati da uno, strumentale, affidato ad un solista del gruppo di musicisti che l'accompagnano. Un gruppo di altissimo livello guidato da Benny Carter con Jimmy Jones al piano, Harry "Sweet" Edison alla tromba, George Auld al sax tenore, John Collins alla citarra, Bob West al basso e Panama Francis alla batteria.
Le medley, grazie al prezioso lavoro di arrangiamento di Benny Carter e degli altri componenti del gruppo, non sono una semplice sequenza di brani diversi, bensì un'armoniosa fusione che procede con continuità, come come fossimo di fronte ad un unico brano. Un impegno pesante e faticoso. La stessa Fitzgerald agli inizi pensò che l'idea di un disco tutto di medley fosse terribile e tremendamente difficile. La cosa richiese numerose sedute di registrazione, ma, alla fine, la cantante dichiarò che si trattava "del più bel album che abbia mai registrato".
L'ascolto di questa prima medley che si apre con My Mother Eyes e si chiude con Goodbye My Love, inframezzata dal soave sax alto di Benny Carter e dalla chitarra di Collins nel classico ellingtoniano I Got It Bad (and That Ain't Good), ci da subito l'idea della straordinaria qualità e della indiscutibile originalità di questo progetto.
Questa raccolta ha goduto in Italia di una certa diffusione ed è abbastanza conosciuta dagli appassionati, in quanto parzialmente riproposta (4 medley su 6) nel disco dedicato alla cantante nella serie I Grandi del Jazz, distribuito in edicola nei primi anni '80, mentre le due medley mancanti vennero incluse nel CD sempre dedicato alla cantante nella serie JAZZTIME.
L'ascolto di questa prima medley che si apre con My Mother Eyes e si chiude con Goodbye My Love, inframezzata dal soave sax alto di Benny Carter e dalla chitarra di Collins nel classico ellingtoniano I Got It Bad (and That Ain't Good), ci da subito l'idea della straordinaria qualità e della indiscutibile originalità di questo progetto.
Questa raccolta ha goduto in Italia di una certa diffusione ed è abbastanza conosciuta dagli appassionati, in quanto parzialmente riproposta (4 medley su 6) nel disco dedicato alla cantante nella serie I Grandi del Jazz, distribuito in edicola nei primi anni '80, mentre le due medley mancanti vennero incluse nel CD sempre dedicato alla cantante nella serie JAZZTIME.
La seconda tornata di standards, affrontata dopo il soddisfacente risultato della prima, si realizzò in un clima più disteso. Apre la serie Four or Five Times, eseguito con particolare verve da Ella che prosegue senza esitazioni nel più dolce Maybe, seguito dalla tromba di "Sweet" Edison supportato dalla chitarra di Collins, nel gradevole e romantico Taking a Chance on Love; Ella si reinserisce con il vivace Elmer's Tune, per proseguire, con lo stesso swing, con At Sundown e chiudere con It's a Woonderful World.
Quando affrontò questa difficile prova la Fitzgerald aveva compiuto da poco 50 anni ed era all'apice della maturità vocale ed artistica. Il video seguente, realizzato nello stesso anno, ce la mostra in tutta la sua forma smagliante.
La terza medley, a mio avviso, è una delle più coinvolgenti. Si apre con lo splendido On Green Dolphin Street, introdotto dalla tromba sordinata di Edison, per proseguire con il più impegnativo Am I to Know; il successivo Just Friends è affidato ancora a Edison e alla sua calda tromba. Ella riapre ispiratissima con I Cried for You cui fa seguito il suggestivo Seems Like Old Time per concludere in bellezza con You Stepped Out of a Dream.
Proseguiamo con altro video sempre del 1968, in cui Ella si cimenta anche in una medley molto apprezzata dal pubblico, nel quale è possibile cogliere la grande generosità della cantante sempre pronta a dare tutta se stessa per soddisfare il pubblico.
Gran parte del merito per il successo di questa ardita operazione va attribuita alla maestria di Benny Carter, uno dei più apprezzati strumentisti di tutta la storia del jazz, sia come solista di sax e di tromba, sia come band leader e arrangiatore. Nella seguente serie di standard è possibile apprezzarlo particolarmente nello strumentale Ebb Tide. Apre la sequenza If I Gave My Heart to You seguito da un soave Once in a While; dopo l'assolo elegante di Carter, la Fitzgerald si inserisce nuovamente con un delicato The Lamp is Low seguito da Where Are You? per concludere più vivacemente con Thinking of You.
Nel video seguente è possibile apprezzare le straordinarie qualità esecutive di Benny Carter proprio in uno degli standards presenti anche nel disco.
Il penultimo gruppo di canzoni si apre con Candy, brano da anni nel repertorio della cantante, seguito da All I Do Is Deam of You che magicamente si fonde con il successivo Spring is Here eseguito dal sax tenore di George Auld; Ella si reinserisce con il vivace 720 in The Book per proseguire con il delizioso It Happened in Monterey e chiudere What Can I Say After I Say I'm Sorry.
Concludiamo questa panoramica con l'ultima serie comprendente altri sei gioiellini; Ella apre con uno splendido No Regrets seguito dallo spiritoso I Have Got a Feeling You're Fooling, che si fonde con il sensuale sax tenore di Auld in Don't Blame Me coadiuvato dalla chitarra di Collins. La Fitzgerald rientra con un Deep Purple molto suadente, per proseguire con il delicato Rain e chiudere disinvoltamente con You're A Sweetheart.
Un disco che non mi stanco mai di ascoltare e che consiglio vivamente a chi non lo conoscesse.
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